(Estratto dal libro “The Spiritual Foundations of Aikido”, di William Gleason).
La mitologia shintosista narra di un’epoca, prima dell’alba della storia, in cui tutti gli esseri umani erano tutt’uno con la legge universale ed avevano piena coscienza degli dei. Quest’epoca è nota come Kannagara, o flusso della coscienza divina, una coscienza pura e non toccata dalla razionalità o dalla teoria. In questo stato di coscienza la divinità non è messa in dubbio; la stessa nostra esistenza è prova della natura divina di tutte le cose. Kannagara no michi (Via del Kannagara, n.d.t.) è l’evoluzione della coscienza della mente umana. Nelle parole dello studioso di shintoismo James Mason: “l’uomo primitivo era un bambino cosciente di se stesso, e le sue risposte alla conoscenza intuitiva erano più mature di quelle dell’uomo moderno”.
L’attitudine originaria degli esseri umani aveva due aspetti: se da un lato si era coscienti di essere tutt’uno con lo spirito universale, dall’altro si comprendeva che l’universo è fatto di opposti che si compenetrano: i poteri dello yin e yang. I giapponesi antichi infatti vedevano la vita e la morte come una dicotomia monistica: entrambe esistono nel momento presente. Il Kannagara è la forza vitale che si evolve all’infinito. E’ come il mondo del bambino che coinvolge ogni cosa ed esiste solo in questo preciso istante, qui ed ora. Il Maestro Ueshiba spiegava così: “In antichità, all’epoca degli dei, gli esseri umani erano tutt’uno con lo spirito universale. Erano uomini-dio manifesti. A quel tempo erano consci della loro natura di spiriti separati dell’unico spirito universale”. Nei primi secoli della nostra epoca, la fede giapponese per i kami divenne nota come Shinto, la via degli dei. L’ideogramma cinese shin in giapponese si legge kami. Entrambe le parole significano Dio o divinità, ma differiscono dall’idea del Dio antropomorfo che troviamo nelle religioni occidentali. Ka significa fuoco, l’energia della spiritualizzazione (yang); mi significa acqua, l’energia della materializzazione (yin). Kami (o shin) è la scintilla vitale originale, la torre di controllo spirituale della coscienza. To è la versione abbreviata del cinese Tao, la Via (Do o Michi, in giapponese – n.d.t.). In altre parole, le fondamenta dello shintoismo sono costituite dall’energia creativa dell’universo, che viene chiamata kototama.
Il kototama, energia vitale creativa, funziona all’interno del principio di dualismo monistico di yin e yang. E’ uno sbaglio vedere yin e yang come forze separate; piuttosto sono due manifestazioni di una singola forza. Yin e yang insieme sono pura polarità, sono all’interno di ogni cosa, e allo stesso tempo non esistono di per se stessi. Yin e yang sono l’infinito stesso. L’infinito è la sorgente del potere assoluto, ma senza yin e yang, la mano destra e sinistra di Dio, neanche la più piccola particella di energia al mondo può essere mossa. Attraverso le leggi del funzionamento di yin e yang, il kototama (il ki universale) manifesta il mondo materiale. Lao Tsu scrisse nel Tao Te Ching: “Il Tao genera uno. Uno genera due. Due genera il tre. Il tre genera tutto”. Ciò può anche essere espresso come segue: l’unicità ha due aspetti, un avanti e un dietro. L’interscambio dinamico e costante tra i due poli opposti è il continuo divenire della triplice realtà di ogni cosa. Yin e yang, in continuo nascere dall’unicità dell’universo, attingono la forza vitale da questa sorgente misteriosa. Il loro costante interscambio governa l’energia creativa dell’universo e crea il principio del kototama: il principio dell’aiki, o armonia universale. Questo è il principio che armonizza tutte le manifestazioni, visibili ed invisibili. Entra in gioco in tutti i problemi ideologici e spirituali, così come nella vita di tutti i giorni. E’ l’unica cosa che non cambia: è il principio stesso del cambiamento. Il movimento, la coscienza, la vita e Dio sono diverse espressioni della stessa realtà. James Mason scrisse: “Il vero concetto shintoista di Paradiso non ha a che fare con una porzione di spazio dell’universo, ma con l’assenza di spazio e con la soggettività…”. In questo senso, la storia del mondo è iniziata in Paradiso, il centro originario dello spirito creativo divino (la volontà di vita) che si espande all’infinito. Fin dai tempi antichi, tra i cosiddetti uomini primitivi c’è sempre stata la sensazione istintiva, l’intuizione, che tutta la natura fosse integramente radicata e basata su forze sia complementari che antagoniste. Queste forze erano comprese come unità. Questa misteriosa funzione della dinamica tra yin e yang è il principio dell’aiki. Non se ne può afferrare il concetto come un qualcosa di relativo rispetto a qualcos’altro, come tra chi osserva e chi è osservato. Cercare di afferrare la realtà soltanto tramite concetti è come un gruppo di ciechi che cercano di descrivere un elefante: uno parla della coda, un altro della gamba e così via, mentre il tutto non viene notato. Quindi è impossibile fissare un punto dove lo yin finisce e lo yang comincia. Il principio dell’aiki può essere conosciuto solo attraverso l’esperienza, attraverso l’eliminazione degli opposti.
La mitologia shintoista
In quanto creazione del subconscio umano, lo shintoismo è completamente soggettivo ed intuitivo. La mitologia shintoista sostiene che il Kanagara esisteva nelle alte pianure del Paradiso fino a circa quindicimila anni fa e che il mondo era governato dalla dea del Sole, Amaterasu. La discendenza del Sole aveva visto la prima civiltà del mondo, il tempo degli uomini-dei, quando la gente ignorava il possesso, la brama o il desiderio individuale. La leggenda racconta che gli dei discesero la prima volta in Giappone negli altopiani di Hida no Takayama, il che potrebbe indicare una migrazione dal continente alle isole giapponesi. Il primo dio a discendere fu Ninigi no Mikoto, il nipote di Amaterasu. A lui è dovuta l’applicazione del principio spirituale del kototama nella società. Poi fece seguito la dinastia Hikohodoemy, l’età d’oro della proprietà privata, contemporanea delle grandi civiltà dell’antico Egitto e dei Sumeri. Poi fu il turno dell’era di Ugayafukiaezu, in cui gli antichi imperatori giravano il mondo insegnando i principi del kototama. Alla fine, comunque all’incirca al tempo di Jinmu Tenno (anche il tempo di Mosè), ebbe inizio una nuova influenza celeste. Era giunto il tempo per il dio del Sole di discendere e per il dio della Luna (filosofia e materialismo) di andare al potere. Ebbe così luogo una grande battaglia tra Jinmu Tenno e Nigihayahi no Mikoto. Fu l’inizio della guerra tra lo spiritualismo ed il materialismo, che creò un karma che durò per centinaia di generazioni future. Al tempo di questa grande transizione i capi discussero tra loro su come il passaggio di poteri tra spiritualismo e materialismo dovesse venire usato per la creazione della futura età dell’oro. Convennero che, per pulire il karma che la razza umana avrebbe dovuto affrontare, sarebbe stato necessario nascondere i princìpi dello spiritualismo. Finché la gente fosse stata a conoscenza di questi princìpi, non avrebbe mai sviluppato il senso di competizione necessario per creare una società materialista e la filosofia e la scienza non si sarebbero mai sviluppate abbastanza da provare la verità dei princìpi spirituali. Senza il progresso materiale, lo scopo di creare una società basata sullo spiritualismo pieno sarebbe stato impossibile da raggiungere.
L’Imperatore Suijin (sei secoli dopo la restaurazione di Jinmu) comprese ciò molto bene e nascose i princìpi spirituali del kototama nel grande tempio di Ise. Questo evento fu chiamato “seconda chiusura della porta del paradiso”. Di conseguenza, da quando migliaia di anni fa il principio del kototama venne nascosto, lo shintoismo prese la forma ed i rituali di una religione. L’Imperatrice Amaterasu divenne la dea del Sole, con la missione di preservare gli antichi insegnamenti per la costruzione della futura età dell’oro. Il fratello di Amaterasu, Tsuki Yomi fu deificato per governare l’area che sarebbe diventata poi la Cina. Come sua bandiera prese l’immagine della Luna, a simboleggiare filosofia e religione. L’immagine delle stelle simboleggiava lo sviluppo della scienza e del materialismo, una responsabilità che nessuno voleva, e che solo dopo molte discussioni fu accettata da Susa no Wo, il fratello più piccolo di Amaterasu. Il progetto divino di creare persone con voglia di competitività per stabilire una società fondata sul materialismo andò oltre le migliori previsioni. Gli uomini divennero così competitivi ed egocentrici che scoppiarono guerre e cominciarono ad uccidersi l’un l’altro. I governanti diventarono così superstiziosi e così spaventati dal potere spirituale che molti arrivarono al punto di ordinare massacri di neonati pur di scongiurare la nascita di santi o capi spirituali. Tracce di queste leggende si ritrovano nelle storie di Mosè e di Gesù di Nazareth. La tendenza alla violenza anti-spirituale ebbe uno slancio tale da far temere l’auto-distruzione della razza umana. Di fronte ad una tale minaccia, santi e filosofi come il Buddha storico Shakyamuni, Gesù, Lao-Tsu e Confucio emersero per andare incontro ai bisogni di tempi così turbolenti. Riconoscendo la grande difficoltà dell’afferrare le verità spirituali, essi insegnavano attraverso parabole e simboli, nel tentativo di ristabilire la direzione spirituale dell’umanità. Quindi la diretta comprensione spirituale dell’era degli dei lasciò il posto alla filosofia e alla cosmologia, seguite a loro volta dalle religioni organizzate, che deviarono la direzione della società per migliaia di anni. Oggi la nuova religione è la scienza, il suo dio è il benessere ed il potere. Quando l’atomo fu diviso ed iniziò l’era atomica la scienza entrò in contatto per la prima volta con il mondo dell’invisibile, ma il cattivo uso di questa potenza è una minaccia per l’esistenza della vita sulla Terra. E’ giunta l’ora di rivelare i princìpi spirituali del kototama.
Lo Shintoismo oggi
Gli insegnamenti tenuti in serbo da Amaterasu sono stati tramandati di generazione in generazione attraverso l’educazione degli imperatori e le tradizioni popolari. Lo shintoismo in questo modo si è arricchito di rituali, ma esso oggi non è una religione in senso stretto. Non ha canoni o severe regole di comportamento. La sua filosofia e la sua pratica sono basate su tradizioni tramandate dall’antichità. Lo shintoismo non predica la salvezza, non ha un credo religioso a cui ci si possa convertire, né dogmi su ciò che è giusto o sbagliato. Lo shintoismo non predica la moralità e non condanna le anime per mancanza di essa. Ciò nonostante i giapponesi sono persone di profonda sensibilità religiosa. Tutti gli aspetti della loro vita tradizionale prevedono la preghiera ed il rituale. Moralità e giudizio, considerati inseparabili, vengono insegnati tramite il budo (la via marziale, n.d.t.) e la vita di tutti i giorni. Tutto ciò viene esemplificato nel codice del bushido (la via del guerriero, o bushi, n.d.t.), la tradizionale forma di educazione della classe aristocratica dei samurai. Il samurai si sentiva responsabile dei dettagli all’apparenza più insignificanti della vita. Il fallimento di una azione individuale poteva risultare nella morte. Essi non vivevano secondo una rigida classificazione di giusto e sbagliato, piuttosto secondo un senso di responsabilità per il proprio giudizio. Avevano poco rispetto per le teorie astratte. Lo shintoismo si manifesta in tutti gli aspetti della vita giapponese.
La mentalità giapponese è sinonimo di mentalità shintoista. Per la mentalità shintoista il divino è in ogni cosa. E’ una mentalità che onora tutto ciò che è vita ed è espressa attraverso il rispetto per lo spirito divino, per gli antenati, per il cibo che mangiamo. Considera la Terra e la natura intera come divinità vive e coscienti. Prima che si cominciasse ad innalzare templi, la gente venerava rocce, alberi, montagne e qualunque elemento naturale, come dimostrano i molti ritrovamenti di templi nelle caverne. Il Sole, la sorgente dell’esistenza, è venerato come manifestazione dello spirito universale. Il calore e la luce di questa divinità fondamentale rappresentano la compassione e la saggezza (ai) del creatore. In tempi antichi un prete stava dritto davanti ad una grande roccia rotonda muovendo un ramo di sakaki recitando canti shintoisti. La roccia simboleggiava lo specchio sacro Yata, lo spirito di Amaterasu, la dea del Sole. La vera divinità dietro lo specchio, comunque, è Naobi, il nostro spirito unico, secondo lo shintoismo (che si divide in 4 anime, o tama: ara-tama, kushi-tama, nigi-tama e saki-tama – n.d.t.). Le arti marziali del Giappone esprimono il kannagara, il tao. Lo spirito invisibile è la realtà di base, il mondo fisicamente manifesto è solo un riflesso dell’invisibile. Qualunque cosa accada nel regno della mente (la quarta dimensione) si manifesta inevitabilmente nel mondo reale. Il genio della mente primitiva ricerca la verità della realtà andando in profondità nell’esperienza del momento presente. Questo è palese in tutti gli aspetti della società e dell’arte giapponese, inclusi la cerimonia del tè (chado), l’arrangiamento dei fiori (ikebana) e l’aikido.
Il maestro spirituale di O-Sensei, Onisaburo Deguchi insegnava esplicitamente che in Giappone sia le arti marziali che le arti in senso stretto sono un modo di unirsi alla coscienza divina. Manifestare la perfezione del kototama nel mondo materiale si chiama kamiwaza, letteralmente “tecnica divina”, un termine che veniva anche usato per descrivere le tecniche di O-Sensei. Il Kannagara è il flusso della natura, delle stagioni dell’anno, il dispiegarsi del destino dell’umanità. E’ l’evoluzione dell’universo sia come materia che come coscienza. Non c’è un inizio assoluto. Questo sentimento è celebrato nelle festività annuali giapponesi. Con il Nuovo Anno in Giappone si onora il passato e ci si prepara per il futuro. E’ il tempo della condivisione e della riunione delle famiglie. E’ un sentimento che richiama quello del Natale del mondo cristiano e la festa è anche simile nei simboli. Il dio giapponese del benessere e della felicità spirituale O-Kuni Tama O-Kuni Nushi assomiglia al San Nicola della comunità cristiana (santo di origine turca, poi patrono di Bari, che gli olandesi emigrati in America chiamavano Siinte Niklas = Santa Claus – n.d.t.). Porta doni alla gente a simboleggiare la distribuzione della prosperità spirituale e della felicità. Sebbene non si vedano veri e propri alberi di Natale in Giappone, i giapponesi danno un significato simile all’abete. Rami e corone d’abete vengono esposti sulle porte delle case e a volte anche davanti alle automobili come augurio per il nuovo anno. L’abete in giapponese si chiama matsu, “attendere”. Il Natale celebra l’avverarsi di una profezia, la nascita di Cristo (o rinascita/resurrezione? E’ in corrispondenza col solstizio d’inverno, quando il sole è più basso all’orizzonte per circa tre giorni, poi “riparte”, rinasce – n.d.t.). L’abete simboleggia un’altra profezia: l’avvento di un’età d’oro per l’umanità. In Giappone il Nuovo Anno è tempo di purificazione dei sentimenti in modo da invitare lo spirito divino a manifestarsi sulla Terra.
La cosmologia e la mitologia shintoiste ci dicono che oggi stiamo soffrendo le difficoltà della nascita di un’età d’oro. Le ultime migliaia di anni sono state tempo di materialismo. Nel processo di creazione delle scienze fisiche e dell’innalzamento dell’abilità intellettuale l’umanità ha dovuto sopportare una grande povertà di spirito. Moltissime persone sono morte nelle guerre o hanno sperimentato paure e superstizioni. Il karma del passato deve essere spazzato via ed i popoli di tutte le razze devono di nuovo riunirsi come un’unica famiglia. Lo spirito governa la vita, la mente lo segue ed il corpo è il tempio di entrambi. Siamo passati attraverso l’età dello spiritualismo e della filosofia e ci avviciniamo alla fine dell’età del materialismo. L’attesa dell’età d’oro è finita, la sua nascita è prossima. Dobbiamo sforzarci di accogliere nel migliore dei modi il nuovo bambino in questo mondo (la fine del mondo dei Maya? – n.d.t.). La nuova era richiede la purificazione (misogi) della terra e dell’umanità. Opporsi alla grande misogi equivale ad opporsi al michi, la via, e servirà solo ad intensificare la difficoltà nella purificazione. La potenza di questa purificazione viene da una divinità chiamata Murakumo, il dio drago che recide la delusione ed el imina il karma accumulato nelle varie epoche. La spada di Murakumo è chiamata kusanagi; kusa sta per “erba, erbacce”, ciò che non ha importanza; la nagi è la lunga spada o falce che taglia il karma, scagliandolo al vento nelle otto direzioni. Questa missione di purificazione è portata da Take Haya Susa, che è noto nella mitologia shintoista come un dio stravagante, geloso e ribelle, il dio del budo. O-Sensei sentiva che la missione di Susa no Wo, il fratellino di Amaterasu, fosse la sua missione personale e che l’aikido fosse il mezzo per portare alla grande purificazione. Egli si riferiva a questa missione con le parole: “Aiki è la spada di Susa o Wo, il corpo del ki”.
La leggenda della Dea del Sole
Per comprendere pienamente il pensiero di O-Sensei bisogna apprezzare la storia dell’apertura della porta di pietra del Paradiso. Susa no Wo era stato insignito della missione di sviluppare il materialismo e purificare il karma che si sarebbe creato nel processo, ma egli rifiutò e fu bandito dal Paradiso. Si arrabbiò così tanto che scuoiò vivo un cavallo e gettò la sua pelle insanguinata nella casa di Amaterasu, tra le donne che cucivano i kimono. Amaterasu ne fu così sconvolta che scappò in una grotta chiudendosi dentro con una grossa pietra. Ciò fece sparire il sole sia dal mondo terreno che dal Paradiso, nascondendo i princìpi della spiritualità di cui Amaterasu era portatrice. Sul mondo calò così il buio dell’assenza di spiritualità, della supremazia del materialismo, che portò al caos. Per rimediare a ciò, gli dei decisero di organizzare una festa. Chiesero alla dea Ame no Uzume di esibirsi in una danza erotica. Tutti gli dei gioivano tanto rumorosamente che Amaterasu, nella grotta, fu incuriosita da tanta felicità nel mondo senza la sua luce e si avvicinò alla porta per chiedere cosa stesse succedendo. Le fu detto che che c’era una dea più grande di lei ed ingelosita si affacciò alla porta per vederla, solo per essere accecata dalla sua stessa luce riflessa in uno specchio appositamente posizionato. Ame no Uzume approfittò del momento per prendere Amaterasu e trascinarla di nuovo fuori dalla grotta ad illuminare il mondo. O-Sensei si riferiva a questa storia dicendo: “Aikido è la seconda apertura della porta di pietra del Paradiso” Siccome il mondo attuale non è ancora una famiglia unita in pace, il lavoro di Susa no Wo non è ancora completato. La violenza nel mondo offusca ancora la luce dell’amore e della saggezza tenendola prigioniera nella grotta dietro la porta di pietra della coscienza umana. Ora è il tempo della danza degli dei, l’aikido, di portare alla seconda apertura della porta di Ame no Wato. Quando l’oriente vedrà il suo potere spirituale riflesso nell’occidente, esso riemergerà come il potere della pace. Nelle parole di O-Sensei: “L’apertura della porta è creare una società in cui il corpo sia usato come strumento per realizzare la missione dell’anima e dello spirito, disciplinando il nostro respiro, mettendo il ki sotto il nostro controllo e mettendo i piedi fermamente sulla via della auto-realizzazione. Con queste fondamenta, praticate delle tecniche di takemusu aiki e portate il vero corpo dell’universo nel vostro respiro”.
L’attesa dello spirito divino
Quando i giapponesi mettono le corone di rami d’abete sulle loro porte per il Nuovo Anno è il periodo di kado matsu (kado: porta; matsu: abete). Il kototama “Ka” significa “spirito”; “do” (derivato da “to”) significa “fermarsi” o “riuscire nella la comprensione spirituale”. “Ma” è la “sincerità” o la “realtà”; tsu è “avvicinarsi a cicli alla materializzazione”. Quindi matsu è la vibrazione dello spirito umano che si spinge contro ogni difficoltà per manifestare pace e felicità su questa terra. E’ aspettare l’evoluzione spirituale e la riunificazione dei popoli del mondo. Quindi “kado matsu” significa aspettare che lo spirito divino si fermi alla casa dove è appesa la corona di rami. Nella stazione di Shibuya a Tokyo, c’è un punto d’incontro famoso segnato dalla statua di un cane chiamato Hachiko (a sinistra). Hachiko incontrava lì ogni giorno il suo padrone, un colonnello in pensione. Quando il suo padrone morì, Hachiko, ignaro, continuava ad andare lì ad aspettarlo. La gente cercava di dargli da mangiare, ma Hachiko non accettava cibo da nessuno, voleva solo il suo padrone. Così alla fine morì di fame. La gente del posto fu così commossa dalla dedizione di Hachiko che gli eressero una statua. Oggi è diventato un punto d’incontro nel cuore della metropoli di Tokyo. Questo è il significato di makoto: attendere con forte determinazione che il sogno dell’umanità si avveri. E’ nutrire qualcosa dentro di noi che è stata quasi completamente dimenticata: il nostro inizio, la nostra origine spirituale. I buddisti giapponesi dicono: il flusso del fiume è ancora costante, i cambiamenti della vita (il flusso) sono costanti, la nostra vera natura (il fiume) è sempre presente. Nel cambiare, c’è sempre qualcosa che rimane costante. Questa ferma volontà, il nutrire il proprio scopo unico, attendere che si materializzi, è lo spirito dello Shinto. Viene espresso nella frase ripetuta alla fine di quasi tutte le preghiere shintoiste: Kannagara tamahi chihaimase: Possa lo spirito divino dell’universo fiorire nel mondo. Morihei Ueshiba espresse questo desiderio attraverso la creazione dell’aikido. Come manifestazione del kototama, il principio originale di ordine universale, esso incarna ai, amore e saggezza, ed è uno strumento per la creazione di un mondo di pace.
Tratto da “The Spiritual Foundations of Aikido“, di William Gleason
Traduzione ed adattamento di Pasquale Robustini
Approfondimenti:
I Suoni Sacri del Kototama, di William Gleason
La mia esperienza col Maestro Seigo Yamaguchi, di William Gleason
Intervista a William Gleason, di P. Robustini e M. Marini