Ci piace l’Aikido e lo pratichiamo. Le arti marziali giapponesi sono tante e sono diffuse in tutto il mondo. Sono state pensate anche per diffondere la cultura orientale in occidente, niente di strano quindi che ci si adegui a qualche tradizione giapponese come il vestiario o il saluto in ginocchio. Ma è necessario? Quanto dobbiamo imitare i giapponesi nel nostro avvicinarsi ad una loro disciplina? Ci ridicolizziamo come occidentali o si tratta semplicemente di adeguarsi a certe consuetudini richieste da tali pratiche?
Una delle cose che mi ha affascinato all’inizio della mia pratica dell’Aikido è stata l’idea che derivasse dalla cultura degli antichi Samurai. Ho subìto immediatamente il fascino di quei guerrieri dallo spirito raffinato, certamente duri e sanguinari ma anche amanti delle arti e del bello.
Ma che diritto abbiamo noi europei ad atteggiarci a Samurai? Con quale retaggio? Sarebbe come se un giapponese indossasse abiti folcloristici tipici di una regione italiana e partecipasse ad una ricorrenza tradizionale? In realtà non è proprio la stessa cosa…
Seguire un maestro
E’ normale nella pratica delle arti marziali che esista un insegnante di riferimento di alto livello a cui molti praticanti si ispirano. La figura del maestro nel senso stretto del Budo giapponese oggi quasi non esiste più. Nonostante ciò, molti di noi esprimono la propria preferenza dichiarando ufficialmente o meno il maestro che amano seguire, a cui ispirano la loro pratica. Secondo me bisogna fare alcune precisazioni a riguardo.
Fatti salvi i casi di “stalking” in cui certe persone pedinano il proprio maestro, lo osservano durante una normale giornata, si appostano sotto casa a spiarlo, oggi “seguire” un maestro significa più che altro frequentare i suoi stage, le sue “lezioni”.
Non è solo qualità sonora
Il boom del disco in vinile di questi ultimi anni viene spesso spiegato come una riscoperta da parte di appassionati vecchi e nuovi della qualità sonora superiore dell’analogico rispetto al digitale. Molti neanche immaginano come possa suonare bene un disco in vinile, ma ci sarebbe da discutere anche su che tipo di digitale si prenda in considerazione. Il punto è un altro. Il fascino del vinile è completamente diverso. In più la cosa è diventata ormai una moda, sulla scia della voglia di “vintage” che sta prendendo un po’ tutti, quasi come se i tempi moderni non fossero mai belli come quelli andati e gli oggetti che ci ricordano come eravamo appaiono sempre più desiderabili. Ma c’è dell’altro…
Guerra non fa nessuno grande
Il risveglio del Ki – Quanto Aikido c’è in Guerre Stellari?
Guerre Stellari. Jedi e Samurai. La Forza ed il Ki. Quante somiglianze! Quando Luke Skywalker, nel secondo film della trilogia originale L’Impero Colpisce Ancora, va sul sistema Dagobah per incontrare il maestro Yoda, non lo riconosce nel buffo e piccolo esserino che gli compare davanti. Alle insistenti domande del piccoletto risponde un po’ scocciato e cerca di liquidarlo dicendogli che sta cercando “un grande guerriero”. “Grande guerriero! Grande guerriero? …Guerra non fa nessuno grande“, è la saggia risposta del maestro Yoda. Anche il fondatore dell’Aikido Morihei Ueshiba avrebbe risposto così. Quindi restate con me e seguitemi nel risveglio del Ki…
La necessità del dolore per progredire in Aikido
Questa sensazione che chiamiamo dolore in Aikido è sempre stata per me uno stimolo di interesse intellettuale. In effetti, perché cercare da soli queste situazioni di dolore? Perché passiamo ore ed ore a cadere, rotolare, a farci torcere i polsi in tutte le direzioni, a ricevere degli shock da partner che dovrebbero esserci “amici”? Presumiamo che il dolore sia necessario per progredire nella Via. Questo dolore è il nostro limite, è ciò che ci permette di conoscere e comprendere. Senza di esso non siamo nulla. La vera difficoltà non sta nel domandarci se possiamo sopportarlo, ma fino a che punto ci potremmo spingere nell’accettazione del dolore. Ma più importante è, forse, capire quando ciò diventi soltanto semplice stupidità.
Di terremoti e trivelle
Da qualche tempo alcuni movimenti popolari ed organizzazioni territoriali hanno manifestato preoccupazione che i terremoti possano essere provocati dalle attività di estrazione di idrocarburi nei pressi di zone sismiche. In particolare, dopo il terremoto dell’Emilia del maggio 2012, molti si sono scatenati contro le attività estrattive della zona, additandole come possibili cause del terremoto che aveva provocato ingenti danni e diverse vittime. Come geologo inorridisco di fronte a queste idee e soprattutto non riesco ad immaginare come si possa accusare attività così superficiali di aver provocato crolli di edifici e strutture che erano state costruite senza rispettare i dovuti criteri sismici. Il dato di fatto più triste è che terremoti della stessa entità di quello dell’Emilia del 2012, ma anche di quello dell’Aquila del 2006, non avrebbero neanche fatto notizia in altri luoghi del pianeta dove, conoscendo bene la sismicità del territorio, si costruisce in modo che le strutture resistano. E la sismicità del territorio è ben nota anche da noi. Solo che basta un terremoto tutto sommato “piccolo” a creare tragedie, quando nel resto del mondo industrializzato questi terremoti a stento si notano. Ma qui non si parla di aver costruito male. No. Sono stati i “petrolieri”…