Era un bel pomeriggio di sole del 31 ottobre 2023. Dopo pranzo mia moglie ha accompagnato me e nostro figlio alla stazioncina ferroviaria semi abbandonata da dove sarebbe partito il treno leggero che ci avrebbe portati nella cittadina dove avrei completato il passaggio di proprietà della mia “nuova” auto. In realtà l’auto ha 2 anni in più di quella che va a rimpiazzare. Ma è di categoria superiore ed è una di quelle scelte che si fanno quando a un certo punto decidi che si vive una volta sola e che certe soddisfazioni te le meriti pure. La tranquilla attesa al bar con mio figlio è benvenuta, aiuta a pregustare l’evento, una cosa che ormai pensavo sarebbe stata difficile da realizzare. Invece alcune vicissitudini hanno voluto che potessi (o forse dovessi) prendere in considerazione di comprare un’altra auto. Ho scoperto che potevo di nuovo accedere ad un piccolo credito ed ho trovato l’auto che desideravo. Dopo circa 3 anni una nuova Papalfa sarebbe entrata in famiglia..
La stazione era di un tale stato che sembrava difficile credere che fosse in funzione. In realtà non ne avevamo mai notato l’esistenza in città. Ma la presenza di qualche ragazzetto in attesa confermava l’esistenza del treno che avremmo dovuto prendere. Non c’era nulla che funzionasse, né le macchinette per fare i biglietti, né i tornelli. Un adolescente ci ha assicurati che era inutile, nessuno controlla mai su questi treni. Io comunque dei biglietti me li sono procurti al bar, anche se non aveva altro che dei titoli di viaggio per una tratta più lunga, quindi un po’ più costosi. Li ho preso lo stesso, a prova della mia buona (oserei dire ottima) fede in caso di controllo.
Il treno esisteva davvero, è apparso con prevedibile ritardo, piuttosto malandato e attempato, ricoperto di graffiti come di norma. Ci siamo accomodati in una delle tre carrozze semivuote, in compagnia di una adolescente che tornava al paese dopo la scuola in città e di un ragazzo dalle fattezze arabe. Ci siamo messi a leggere i libri di scuola di mio figlio, approfittando di fare i compiti durante il viaggio di quasi due ore, sproporzionato vista la reale distanza in linea d’aria che dovevamo coprire, ma si sa che il trasporto pubblico provinciale è un disastro. Tra un compito e l’altro godevamo del bel panorama collinare offerto dai terreni vulcanici tipici in zona. L’ultima parte del viaggio l’abbiamo passata a dare informazioni al ragazzo arabo, un egiziano, che parlava al suo smartphone per trascrivere in italiano e viceversa quando parlavo io. C’era una bella luce ed una bella aria di speranza, quella sensazione che qualcosa stava tornando al suo posto, qualcosa simboleggiato dal fatto che quel pomeriggio avrei di nuovo guidato un’Alfa Romeo.
Già solo mentre lo scrivo mi dico “ma come la fai lunga! Che bisogno c’è di agitarsi tanto per un’auto! Addirittura pubblicare un post di cui non importerà a nessuno!”. E’ vero, tutte queste emozioni legate ad un’auto e per di più alla mia ormai veneranda età? Eh già perché l’anno prossimo sono 60 e non è che l’ultimo lustro me lo sia goduto particolarmente date le vicissitudini lavorative. Lo so io cosa ho passato ed a volte quando ci ripenso ora che il peggio è andato mi risale su sia la rabbia che la malinconia all’idea di cosa avevo fatto per ottenere quel lavoro. Sono un geologo e quello volevo fare. e ci ero riuscito, dopo tanto penare. E ad ottimi livelli. Poi la “botta” inaspettata, la disoccupazione, il lavoro in fabbrica per sopravvivere, pasticche per la pressione e per le aritmie, altro che Alfa Romeo. Ebbene sì, perché rinunciare a delle piccole rivincite sulla vita quando si può?
Se in queste pagine ho una intera sezione dedicata all’Alfa Romeo e ai ricordi legati alle auto vuol dire che per me un significato particolare l’auto che guido ce l’ha. In questo periodo chi guida l’auto sembra dover essere quasi colpevolizzato per il traffico e l’inquinamento che provoca. Eppure a molti serve davvero avere un’auto. Non sono in una grande città e i miei spostamenti giornalieri in automobile non sarebbero serviti dal trasporto pubblico, né sarebbero possibili in bici (alla mia età, con le pasticche per la pressione espormi al freddo e al gelo o al caldo torrido per andare a fare la spesa non lo vedo tanto salutare, anche perché è una città piena di dislivelli, non certo piatta come in Pianura Padana). Insomma, non è questo il luogo di discutere di trasporto privato, ma volevo solo sottolineare che esiste un aspetto romantico della guida automobilistica che si sta perdendo sempre di più.
Sono nato negli anni 60, durante il boom economico. Era un’epoca in cui chi riusciva ad acquistare un’auto aveva raggiunto un traguardo che migliorava la qualità di vita, aumentando il raggio di spostamento e di conseguenza le possibilità lavorative e di svago. La Fiat, con la 600 prima e con la 500 poi, aveva reso possibile questo per molti italiani, una cosa impensabile pochi anni prima. L’auto cominciava ad essere per tutti. Allora era una specie di sogno che si avverava, oggi è il problema. Beh, io sono rimasto ancorato a quel sogno, sono ancora uno che si sente soddisfatto nella vita se ha la donna che ama, la famiglia che desidera, un lavoro che gli piace e, perché no, se guida un’auto che gli piace. E tutto questo non ha niente a che fare con l’auto come status symbol. Se così fosse, per come sono oggli le cose in Italia, mi cercherei una BMW o un’Audi, se non una Mercedes. L’idea generale è che le “tedesche” siano su un altro livello. Ma io non ci credo, non c’è niente che un’auto italiana abbia da invidiare ad un’auto straniera o tedesca che sia; gli altri marchi hanno solo un’offerta estrememente più ampia, anche di allestimenti molto più lussuosi e performanti, ma non è l’auto in sé che è superiore o inferiore. A partità di livello e allestimento una Alfa Romeo di non ha assolutamente nulla da invidiare alla concorrenza (semmai potrebbe essere il contrario).
E l’Alfa Romeo non è certo una scelta razionale. E’ qualcosa che si sceglie col cuore. E il cuore ha sempre ragione.
Anche solo ammirare l’estetica di una Alfa Romeo mi riporta a tempi in cui le cose erano diverse. Sono auto che sembrano avere una memoria di ciò che è stato, che non dimenticano. Hanno una storia alle spalle, una sorta di eredità nobile che ancora oggi, anche solo dal loro aspetto, traspare inequivocabilmente. L’inconfondibile, iconico frontale Oo=V=oO evoca emozioni anche solo se scritto così, con la tastiera. Ogni modello Alfa Romeo evoca in quelche modo quelli che lo hanno preceduto. Sono al passo coi tempi (finché questo non snatura il carattere Alfa Romeo) ma vi si ritrova il ricordo di tutto ciò che è stato. Volevo tornare a tutto questo, forse per irprendermi in qualche modo un altro piccolo pezzo di ciò che mi è stato tolto. E so che stasera tornerò a casa con mio figlio in un’Alfa Romeo, la nostra nuova Papalfa. Così avevo battezzato la prima, un’occasione capitata per caso appena dopo la nascita di nostro figlio. Ho dentro una soddisfazione difficile da descrivere. E non ci proverò. Dico solo che l’Alfa 159 che sto per andare a ritirare ha una linea che nonostante l’età surclassa tutte le auto della sua epoca e tantissime di quelle attuali.
Se devo essere sincero, non sarei stato convinto nello scegliere proprio quel modello. L’ideale nella mia situazione attuale sarebbe stata una Giulietta, una due volumi un poì più semplice da gestire. Ma la situazione non mi permette di esagerare con la spesa e per la cifra a mia disposizione l’unica Alfa Romeo disponibile sul mercato dell’usato è la 159. Era uscita di produzione nel lontano 2011, prematuramente visto il successo scarso (che posso capire fino a un certo punto). Ma mi è sempre piaciuta moltissimo e l’occasione che ho trovato sembra quasi data dal destino: acqusitare un’auto così vecchia è un bel rischio, ma ho capito che il proprietario l’ha tenuta con passione. Ed essendo anche titolare di un’officina, ha potuto curarsela maniacalmente, effettuando dei lavori che mi hanno tranquillizzato sullo stato di un motore che, sebbene noto per la sua incredibile durata ed affidabilità, avrebbe avuto per forza di cose una bella età.
L’ormai mitico diesel common rail JTD era apparso per la prima volta proprio in un’Alfa Romeo, la 156 del 1997. L’idea del common rail era nata in Italia, alla Magneti Marelli, ma il brevetto è stato venduto a Bosch con l’unico vincolo di non fornire al gruppo Volskwagen il sistema prima di un certo numero di anni (quindi quando il mondo andava a common rail normalmente, solo Audi, VW e compagnia rimanevano indietro – tanto per parlare di invidia che si dovrebbe avere per certe auto). Ci sono auto con JTD che superano aimpiamente e brillantemente i 400 mila km, ma acqusitarne una già con tanti anni alle spalle è un bel rischio. I vari sistemi che devono per legge essere adottati per ridurre le emissioni dei diesel (valvola EGR, valvole swirl), dopo molti anni di uso possono essere la causa di problemi anche gravi. E chi si prende il rischio di acqusitare un’auto con questo motore dopo tutti questi anni?
Nel mio caso, il giovane proprietario aveva chiuso la valvola EGR eliminandola dalla programmazione della centralina. Le valvole swirl, che con gli anni che vanzano rischiano la rottura e di finire nel motore danneggiandolo irreparabilmente, sono state eliminate. Una opportuna rimappatura garantisce emissioni nella norma nonostante queste modifiche. E’ stato installato anche un filtro aria sportivo che non va cambiato regolarmente, ma lavato e trattato ogni 30 mila km. Fa passare più aria caricando meno il turbo, tutto a vantaggio di durata e consumi. Gli ammortizzatori anteriori sono stati sostituiti con una coppia ad assetto più sportivo e con parapolvere. I freni anteriori sono Brembo, con dischi perforati, per una frenata più pronta e sicura. L’auto è di un bel rosso rubino ma ha delle ruote piccole per questo modello, con cerchi da 16, anziché da 17 come è quasi la norma per questo modello. Ma a me non dispiace, sia per motivi economici (il costo degli pneumatici è decisamente inferiore) che per sicurezza almeno in caso di pioggia o neve: la minore larghezza della gomma diminuisce il rischio di aquaplaning a migliora l’aderenza su neve o fango. Gli pmeumatici sono dei normali estivi e sono ad un buon 70-80% di battistrada. E sono dei Michelin Primacy. Non male su una auto usata…
Sì è fatto buio quando abbiamo finito con le pratiche burocratiche. Ripresomi dall shock del costo di queste, al prezzo (scontato!) di 780 euro (!!!) mi metto alla guida dell’Alfa 159 berlina JTDm 16 valvole 150 (ora 170) CV. Avevo quasi dimenticato l’autorevolezza di uno sterzo Alfa Romeo, la meravigliosa tenuta in curva che rende la guida di una piacevolezza che non si può spiegare. Il rollio è qusi assente, è impressionante! Ci si sente davvero sicuri, non per correre e fare il pilota sulle strade di tutti i giorni, ma la tranquillità che trasmette su ogni percorso è forse la ragione più importante per cui sono soddisfatto della mia scelta. E’ un’Alfa Romeo, per quanto se ne dica, e come tale è incollata alla strada. E avevo dimenticato questa sensazione. Appena al volante mi è tornato immediatamente in mente perché amo guidare un’Alfa Romeo.
Arriviamo a casa con mio figlio che si è addormentato in viaggio, altro buon segno che siamo, sì, in presenza di un’altra Papalfa, la 2.0, la seconda della famiglia. Col telecomando la chiudo al parcheggio e la guardo mentre mi allontano, col suo muso grintoso come pochi possono, sportivo ed elegante allo stesso tempo grazie alla mano del grandissimo Giugiaro. La Papalfa è lì, bassa e larga col suo atteggiamento da vera sportiva. Mentre mi allontano (a malincuore perché vorrei guidarla ancora – è l’effetto che mi faceva anche la 156, ti dispiace di arrivare a destinazione perché non vuoi scendere) torna quella sensazione, quell’idea che finalmente, dopo tanto tempo, qualcosa che si era sconnesso è tornato al suo posto. Adesso sì che ragioniamo. Ed era ora…