Il boom del disco in vinile di questi ultimi anni viene spesso spiegato come una riscoperta da parte di appassionati vecchi e nuovi della qualità sonora superiore dell’analogico rispetto al digitale. Molti neanche immaginano come possa suonare bene un disco in vinile, ma ci sarebbe da discutere anche su che tipo di digitale si prenda in considerazione. Il punto è un altro. Il fascino del vinile è completamente diverso. In più la cosa è diventata ormai una moda, sulla scia della voglia di “vintage” che sta prendendo un po’ tutti, quasi come se i tempi moderni non fossero mai belli come quelli andati e gli oggetti che ci ricordano come eravamo appaiono sempre più desiderabili. Ma c’è dell’altro…
L’ho già detto in altra sede. I tempi moderni sono scanditi dalla tecnoclogia digitale, tanto comoda ed esaltante, certamente utilissima a tante cose, ma sicuramente fonte di stress. Essere reperibili in ogni momento è diventato normale, indispensabile. Ma provate ad immaginare di passare una giornata senza il cellulare. Non vi sembra di provare una strana sensazione di leggerezza, di libertà, ormai dimenticata da anni? Questo è solo un esempio. Essere connessi 24 ore su 24 ci permette di usufruire di un flusso di notizie ed informazioni che può diventare soffocante: quanto tempo passiamo solo a tenerci aggiornati su quello che accade giornalmente su ogni social network che utilizziamo? Uso queste piattaforme soprattutto come aggregatori di notizie iscrivendomi agli aggiornamenti di testate giornalistiche, siti scientifici e di altri miei interessi. Stare dietro a tutta la massa di informazioni accessibile in questo modo potrebbe diventare un lavoro a se stante. E’ senza dubbio una grossa fonte di stress, uno stress a cui pochi anni fa non potevamo essere sottoposti. Del resto chi aveva un cellulare a fine anni 80? Chi si connetteva ad internet in mobilità ad inizio anni 2000? Negli anni 70 il computer in casa non ce lo aveva nessuno (neanche negli anni 80). Oltre a pagare bollette che anni fa non esistevano, grazie alla tecnologia digitale abbiamo tante cose da fare in più, siamo reperibili in ogni istante, ma non credo stiamo meglio.
Fino ai primi anni 2000 non era facile trovare qualcuno che utilizzase macchine fotografiche digitali. Bisogna arrivare alla fine del primo decennio per vedere diffusi telefonini capaci di fare buone foto e riprese video. Ormai è cosa normale. Tutti noi possiamo scattare foto e girare video in qualunque istante. Ce li godiamo? Non so fino a che punto. Non è facile gestire l’enorme quantità di file fotografici e video che riusciamo a creare. Quanti di noi li archiviano adeguatamente per rivederli di tanto in tanto? Forse è più diffusa l’usanza di scattare o girare per poter pubblicare sui social network nella smania (o dovrei dire ansia) di far vedere al mondo cosa facciamo.
Tutte queste attività digitali richiedono un enorme quantità di tempo. Dove lo troviamo? Lo togliamo ad altre attività, alle relazioni interpersonali fisiche, alla lettura, alla visione di film, al lavoro, al sonno… Ancora stress…
La tecnologia digitale ci permette anche di portarci dietro decine e decide di libri e riviste sotto forma di eBook o simili. Basta con l’enorme consumo di carta, con gli ingombri ingestibili di volumi e volumi di carta, di libri e riviste, enciclopedie (chi ne ha più bisogno oggi?). Leggere da uno schermo digitale non è come leggere su un foglio stampato. Sembra che la luce emessa dagli schermi di smartphone e tablet si particolarmente ricca di frequenze vicine al blu, un colore tipico dell’alba, che quindi segnala al nostro cervello che non è tempo di dormire (al contrario dei colori rossastri del tramonto). Ma il più delle volte leggiamo a letto e la cosa non concilia il sonno (come invece farebbe un buon libro cartaceo). Altro stress…
Veniamo alla musica. Chi la ascolta più veramente? Ascoltare musica significa fare quello e basta, immergersi nella musica, concentrarci sulle sensazioni, sulle emozioni che ci dà. Ascoltarla distrattamente mentre si fa altro, mentre si è in giro con gli auricolari, mentre si guida nel traffico, mentre si sbrigano le faccende di casa, non è lo stesso. Ma abbiamo così poco tempo libero, andiamo così di corsa ne nostro frettoloso mondo digitale che figuriamoci se possiamo trovare una mezz’ora per sederci ad ascoltare musica in pace e nient’altro. Semmai ci sediamo in poltrona a passare qualche ora a fare zapping davanti alla TV…
E’ per questo che molti stanno riscoprendo il fascino dei dischi in vinile. Vuoi mettere il fascino di un bel disco vero da tenere in mano, le copertine artistiche da osservare, la lentezza dei gesti per poterlo far suonare… Niente a che fare con l’asettico file in una playlist su un hard disk che magari pilotiamo da una app del nostro smartphone. Sì, gestire file sul computer o sul telefonino è molto più semplice e sbrigativo ma io trovo che sia proprio questo il problema. Se la mia ora di musica (un LP dura anche meno) deve significare comunque avere fretta, avere la necessità di un telecomando in mano che mi permetta di saltare da un brano all’altro, che sia su un hard disk o su un CD, allora a che serve? Il contatto col disco in vinile ci ridona la nostra umanità, che è fatta di certi riti, di certi tempi. Siamo sommersi da un mucchio di musica e suoni di qualità infima, a cominciare da quelli che escono dagli striminziti altoparlanti di un televisore piatto, sempre più piccoli man mano che i televisori diventano sempre più sottili. La musica è sempre più compressa in file che devono ingombrare sempre meno perché importa la quantità dei brani che ci portiamo in tasca, non la qualità. Sono rarissime le radio che non usino formati compressi tipo l’MP3. Le nostre orecchie sono abituate a questa spazzatura. Non immaginano minimamente come possa davvero essere suonata la musica in un vero impianto HiFi (quello stereofonico, con due soli altoparlanti, non multicanale come va di moda oggi – anche qui quantità a scapito di qualità). Ed ecco che qualcuno riscopre la bellezza del rito, sfilare il disco nero dalla sua fodera, pulirlo, sistemarlo sul piatto, far calare la puntina su di esso attendendo al magia della musica.
Il suono caldo del vinile rispetto al digitale non c’entra nulla: esistono registrazioni “calde” e registrazioni “fredde”, semmai, così come esistono amplificatori a valvole freddi e amplificatori a transistor caldi. Il vinile caldo come le valvole è un mito e basta.
Non c’è niente di strano nel registrare in digitale e poi stampare sia vinili che CD. Il suono migliore ce lo ha la registrazione migliore. Se questa finisce su vinile, sarà meglio ascoltarla in vinile, se finisce su CD, sarà meglio il CD. A parità di qualità della registrazione, il vinile ha delle potenzialità maggiori (se le informazioni sono state incise): aumentando la qualità di puntina, testina, braccio, giradischi, e resto del sistema, maggiori sono le informazioni estraibili dai solchi, quindi maggiore è la qualità di riproduzione. Poi il giradischi deve essere ben regolato, la puntina allineata correttamente, il braccio settato a dovere, ecc… Le possibilità di manovra sono moltissime e i vari rumori di fondo possono essere ridotti a zero… in questo il vinile è superiore (ricordiamoci che il digitale ha il rumore di quantizzazione). Ma la tecnologia digitale nella musica esiste ed è qui per restare.
Che fare? Il mondo in cui viviamo è questo, inutile negarlo e comportarsi come se certe cose non esistessero. Per questo, secondo me, abbiamo bisogno di riprendere contatto con la nostra vera natura, cosa che a volte la tecnologia digitale ci fa perdere di vista. Di tanto in tanto ci fa bene leggere un buon libro di carta, ma anche vedere un film in un cinema monosala. Ogni tanto sarebbe bello poter lasciare, “dimenticare” il telefono a casa ed andare a fare una passeggiata. Ogni tanto io utilizzo macchine fotografiche a pellicola per ritrovare il giusto rapporto con la fotografia, la scelta del rollino adatto all’occasione, ragionare bene prima di ogni scatto, attendere una settimana prima di vedere i risultati. E’ probabile che sia questa una delle ragioni, forse la più profonda, di questo “strano” fenomeno del ritorno del vinile, la necessità di riscoprire come eravamo, come si stava quando per chiamare casa dovevi cercare una cabina e chiedere un gettone, di quando facevi le foto durante le vacanze ma non sapevi come erano (e se erano) venute. Riscopriamo il piacere di mettere un disco e sederci ad ascoltare il primo lato, alzarci per girarlo ed ascoltare l’altro. Ritmi umani, di cui abbiamo bisogno di tanto in tanto. Che importa se c’è il rumore di fondo? Anche nella vita c’è il rumore di fondo…
Lucio Cadeddu, direttore della rivista HiFi online di cui sono avido lettore, fece tempo fa un paragone che mi colpì molto e che feci mio: digitale ed analogico sono come il termosifone ed il camino. Il termosifone ti scalda comunque, magari più efficientemente, rapidamente, lo accendi e via. Ma vuoi mettere come ti scalda l’anima un camino?