Alcuni chitarristi sottostimano l’importanza della regolazione di una chitarra. Lo facevo anche io. Ora non più. Da quando ho ripreso a suonare davvero, ho imparato anche che le regolazioni vanno fatte un paio di volte l’anno, al cambio di stagione, per accomodare i movimenti che i legni fanno col cambiamento di temperatura ed umidità. Eppure c’è chi crede che queste siano esagerazioni, almeno per i non professionisti come me. Io stesso non ricorrevo mai ad un liutaio per regolare la mia chitarra quando ero ragazzo. Del resto avevo una imitazione Stratocaster di poco valore e con un manico che, anche se regolato, non sarebbe mai stato preciso. Ma dagli anni 90 ho una bella Paul Reed Smith che di certo merita le migliori cure.
Non basta cambiare le corde periodicamente (e c’è chi non fa mai neanche questo!). Le corde devono essere della lunghezza giusta tra il ponte e il primo capotasto per poter suonare adeguatamente la nota che compete loro. L’altezza delle corde sulla tastiera deve essere tale che quando premute, esse non vengano tese a tal punto da suonare leggermente più alte del dovuto; allo stesso tempo non devono essere così basse che una volta premute tocchino i tasti successivi limitando la vibrazione. Tutto ciò dipende anche dalla curvatura del manico e dalla sua angolazione rispetto al corpo. Insomma, non è cosa semplice ed è meglio che sia un esperto a farlo, anche se con un po’ di pratica si può imparare.
Nel mio periodo U2 scoprii che il loro chitarrista The Edge utilizzava corde più spesse per ottenere un suono più corposo. Una Stratocaster di norma esce dalla fabbrica con corde .090 (la misura in pollici della corda più sottile è utilizzata per descrivere le dimensioni dell’intera muta utilizzata). Le Les Paul utilizzano corde .010. Sulle chitarre acustiche si utilizzano le .011 0 .012. The Edge utilizzava corde .011 e, come del resto facevano anche Jimi Hendrix e Stevie Ray Vaughan, tenendo la chitarra accordata un semitono più in basso, sia per diminuire la forza necessaria durante il bending delle corde, sia per limitare lo sforzo sui legni della chitarra. The Edge non utilizza molto il bending quindi il problema non si poneva. Decisi quindi di portare la mia bella PRS da un liutaio romano per far montare corde .011 e regolare opportunamente la chitarra. Suonando molto gli U2, non utilizzavo il bending, anche – aimé – quando suonavo altro (Pink Floyd, Dire Straits, principalmente in quel periodo) e quindi non mi ponevo molti problemi di sforzo delle dita e consumazione di polpastrelli (si narra che SRV usasse anche corde .013 sulle sue Stratocaster, ricorrendo alla colla per chiudere le ferite sui polpastrelli!). Ma, come dico spesso, ero e sono soltanto uno strimpellatore, non un musicista; magari delle cose mi riescono pure bene ed il mio gruppo ancora non mi caccia a calci, ma confesso che 20 anni fa non usavo quasi mai tecniche di bending. Scandaloso se non ridicolo, ma vero…
Poi sono “cresciuto” ed ho cominciato ad usarlo con soddisfazione, nonostante non sia ancora, per ovvi motivi di disabitudine, molto preciso. Ma le dita ne soffrivano. Ho cominciato a valutare l’idea di riportare le corde ad uno spessore più comodo. Sulla rete ci sono molte opinioni diverse a riguardo. Dalle voci secondo cui Stevey Ray Vaughan considerava una femminuccia chi utilizzasse corde sotto le .011, al pragmatismo del più giovane John Mayer che ritiene che vada bene qualunque misura con cui riusciate a eseguire bene il bending.
Un giorno mi ricapitò per le mani la morbidezza di una Fender Stratocaster di un amico con le standard .090 e decisi che dovevo fare qualcosa. Mi presentarono un valido liutaio di Roma a cui diedi la chitarra per una messa a punto dopo davvero tanti, troppi anni. Rimase impressionato dalla qualità della mia Paul Reed Smith e mi convinse che non ci sarebbero stati problemi ad utilizzare le .090 su di essa, nonostante fosse uscita dalla fabbrica con le .010. Fu una riscoperta. Tutta un’altra sensazione.
Però ero forse abituato al suono corposo delle corde più spesse e i miei compagni di gruppo lamentavano appunto la mancanza di corpo e sustain del mio suono proprio sulle note più alte. Anche qui internet abbonda di pareri a riguardo, ma lo spessore delle corde è fra i principali responsabili del sustain. Ovviamente molto altro concorre: i legni, il tipo di ponte, di manico, i pickup, gli effetti utilizzati. Mi continuava a ronzare in testa l’idea che la mia EG4, la simil-strat di Paul Reed Smith dei primi anni ’90, usciva dalla fabbrica nel ’91 con corde D’Addario .010. Cominciai a pensare di doverla riportare a quei valori. Così riportai la chitarra dal liutaio e con molta soddisfazione notai che con le “sue” corde la PRS ora suonava davvero come la ricordavo agli inizi e la leggendaria precisione del suo manico era tornata: perfettamente intonata su ogni tasto.
Il mio liutaio di fiducia si trasferirà a Bologna a pochi mesi da questo articolo. La Liuteria Orfei è gestita da un abile, giovane maestro liutaio formato alla scuola di Gubbio. Aaron è persona affabile ed onesta, che conosce il suo lavoro e costruisce con le sue mani ottimi violini e violoncelli, nonché chitarre classiche e da flamenco. Essendo un chitarrista è anche un ottimo regolatore per le vostre chitarre. Ve lo consiglio caldamente se siete nella zona di Bologna, dove si trasferirà da settembre 2016.
Orfano di lui a Roma, ho trovato un altro posto dove portare le mie chitarre a regolare, stavolta a cadenza stagionale, nonché punto di assistenza per amplificatori di qualunque età. Mi trovo bene e non sottostimerò mai più l’importanza di tenere le mie chitarre (due) sempre opportunamente regolate ad ogni cambio stagione. Non si tratta di atteggiarsi a professionisti dannandosi inutilmente l’anima su sottigliezze manco fossimo Jimmy Page; si tratta di prendersi cura del proprio strumento per farlo durare più a lungo. Anche se sono solo un umile strimpellatore, la mia PRS e l’acustica Seagull non meritano di essere trattate male.