Esco ora da una breve esperienza di insegnamento in una scuola internazionale. Per un anno ho insegnato scienze e geografia nelle loro classi medie. Oggi è il mio ultimo giorno e mentre i ragazzi si rilassano a modo loro io rifletto su un po’ di cose che questa breve esperienza mi ha fatto notare. Cominciando dall’ultima: tutti i ragazzi, indistintamente, si rilassano usando i loro cellulari. A uno della mia generazione viene subito in mente come avremmo fatto noi, 45 anni fa nella scuola media, a rilassarci in un’ora lasciata libera allo svago. Io di solito mi mettevo a disegnare. I computer a casa non ce li aveva nessuno. Rarissimi i primi, oggi ridicoli, giochi elettronici. Io non ho mai avuto una consolle di gioco.
Oggi tendiamo a pensare che i giovani si isolino uno dall’altro chiudendosi sui loro cellulari o tablet. Però mi viene in mente una fermata dell’autobus o un vagone ferroviario di tanto tempo fa con i passeggeri tutti chini sui loro giornali o libri. Cosa è cambiato? E’ naturale dire la qualità del mezzo: vuoi mettere un cellulare contro un libro o un giornale? Non c’è storia. Almeno ai nostri occhi, di chi è nato negli anni 60 o 70. Ma immagino anche questi ragazzi che guarderanno fra 40 anni le nuove generazioni, imbambolate con lo sguardo nel vuoto mentre le informazioni vengono mandate direttamente ai loro occhi senza bisogno di schermi. Diranno che ai loro tempi avevano uno schermo esterno, erano liberi, non indossavano la tecnologia, la tenevano in tasca. Altri tempi! Ogni generazione ha guardato le successive con una certa diffidenza, immaginando il mondo nelle loro mani. Eppure la responsabilità di crescere una successiva generazione è nelle mani della precedente.
Io mi ritengo fortunato ad avere avuto un’infanzia di giochi all’aperto, di collaborazione e scontro con i coetanei, di inventiva stimolata dalla necessità di trovare un modo di divertirsi. Veniva così allenata al creatività. Oggi è lo stesso, ma lo fanno tramite “device” elettronici. I miei ormai ex studenti stanno collaborando tra loro utilizzando gli stessi giochi sui loro rispettivi device. E mio figlio ha scippato il mio per giocare con loro. Io ho preso un computer e mi sono messo a scrivere su un altro “device”…. Non sono anti tecnologico, uso la tecnologia, magari in modo diverso, ad esempio per scrivere e pubblicare su questo mio blog. Quando mi si accusa di essere sempre su internet sorrido pensando che sono stato tra i primi a utilizzare un modem per navigare sul World Wide Web (con Netscape) e lo trovavo estremamente affascinante: era il tempo in cui solo alcune istituzioni e centri di ricerca avevano un sito web, Internet non era usata ancora per motivi commerciali, tanto meno per interazioni “social”.
Mi è rimasta questa idea di internet come una sorta di moderna enciclopedia dove trovare informazioni di interesse vario. Ancora oggi uso internet in questo modo, per informarmi (con le dovute attenzioni). Certamente ho le mie pagine social, anche un mio sito con blog, ma la maggior parte del tempo speso in connessione non è sui social.
Siamo pervasi dalla tecnologia eppure la scuola stenta ad allinearsi. Non parlo di usare la LIM per scrivere su un monitor invece che alla lavagna o per proiettare le presentazioni a lezione. Quello che mi colpisce è che in un mondo così tecnologico, le materie scientifiche siano ancora così poco considerate: io sono un geologo e mi è stato chiesto di insegnare scienze e geografia. I ragazzi di questa scuola fanno ogni anno un esame presso la scuola pubblica per avere la possibilità di passare in qualunque momento dal sistema privato a quello pubblico. Ebbene, nelle mie materie non sono stati esaminati. Il professore di scienze non era neanche presente. Anche se solo per un anno, io ho tenuto molto a far capire l’importanza della conoscenza scientifica a questi ragazzi. Il tempo che viviamo è paradossale per alcuni versi: le conoscenze scientifiche ci consentono un livello tecnologico molto elevato. In questa scuola si insegna tecnologia, informatica, scienze, sia in italiano che in inglese. Eppure gli esaminatori della scuola pubblica italiana non hanno neanche pensato di verificare la preparazione di questi ragazzi in materie che alla fine dei conti tocchiamo con mano ogni giorno. Siamo alle solite. Italiano, Storia, Letteratura…. importanti, sì, ma mica solo loro! Poi fare l’insegnante non è certo la maggiore aspirazione dei giovani; se poi se un insegnante di scienze, allora sei proprio sfigato…
All’estero la formazione matematica e scientifica, nonché tecnologica, è importante. Il grafico in alto mostra che siamo uno dei paesi europei che investe meno in ricerca scientifica. Tutti se ne sono accorti, ma la situazione non cambia. Qui da noi leggo di scuole tecnologiche, sperimentali, licei informatici….. ma alla fine agli esami, che siano questi banali di validazione degli anni scolastici in istituti privati, o i tanto declamati esami di maturità, eccoci di nuovo a gonfiarci il petto con la letteratura, la storia e la filosofia, il greco e il latino. Se poi uno prova a fare una domanda intelligente di scienze, ti guardano tutti strano, a cominciare dai colleghi letterati. Che invece si possono permettere di disquisire con gli studenti ad alto livello, pretendendo molto da loro nelle solite materie. Secondo me è uno sbilanciamento molto nocivo, come lo sarebbe se in una scuola si disdegnasse la grammatica, la letteratura e la storia per concentrasi solo su matematica e tecnologia. Ma niente da fare, l’Italia è fatta così. Ed è uno dei paesi più restii al cambiamento. Intanto l’astio per le scienze e la tecnologia fa danni, come i movimenti anti vaccini che confondono gli interessi meramente economici delle multinazionali del farmaco con la reale efficacia di vaccini che ci hanno (avevano) fatto dimenticare malattie come la poliomielite, il tifo, il vaiolo. Siamo così nostalgici del passato che ci manca il compagno di banco zoppo con la polio? Mah…
Nel mio campo devo assistere ad assurdità come incolpare le perforazioni alla ricerca di gas di aver innescato terremoti, che sono invece fenomeni completamente naturali che avvengono da quando è nata la Terra – e continueranno ad esserci, anche se ci estinguiamo e smettiamo di fare pozzi. Quindi sarebbe il caso di costruire in modo opportuno, non di prendersela con altri…
Ma dall’importanza che la nostra scuola dà alle scienze non mi dovrei stupire che sia il cittadino medio che il giornalista di rilievo immaginino il gas nel sottosuolo come una sorta di bombola, una grotta riempita di gas in pressione. Lo stesso vale per la falda acquifera. Ma non è così e non sto qui a spiegarvelo. Documentatevi. Oggi è impossibile non reperire le giuste informazioni, basta volerlo (ma quest’ultima è la parola chiave). Ho sempre sostenuto e sosterrò che insegnare bene scienze a scuola ci risparmierebbe parecchi di questi problemi. Ma non vedo un interesse reale in questo. Del resto, come può un geologo appassionare gli studenti in biologia o un biologo farlo in geologia? Sì, nel nostro sistema un laureato in materie scientifiche può insegnarle tutte, indiscriminatamente. Mi direte che è dappertutto così, anche all’estero. Ma all’estero chi deve diventare insegnante, di scienze o altro, fa un corso di studi universitari opportuno e magari anche perché pianifica davvero una carriera nell’insegnamento fin dall’università. Cosa che qui succede perché dopo la laurea (non ne esiste una specifica per diventare insegnante) non trovi lavoro e speri in una cattedra scolastica per avere il posto fisso. Non dico di dover arrivare al rispetto che hanno i giapponesi per gli insegnanti, al punto tale che sono l’unica categoria che non deve inchinarsi all’imperatore. Ma una pianificazione più organica, un corso di laurea apposito per formare docenti scolastici nelle varie materie, non sarebbe male come base di partenza.
Comunque, in fin dei conti è stata certamente una bella esperienza ed ho imparato tante cose. Ma mi spiace dover confermare l’arretratezza della scuola italiana, fatta di molti docenti preparati e appassionati, vergognosamente sottopagati (guardate il grafico a lato), ma anche da moltissimi altri che sono lì solo perché non hanno trovato altro ed hanno dovuto ripiegare sull’insegnamento. Io non sono molto diverso: ho perso il lavoro ed ho utilizzato le mie conoscenze scientifiche al servizio dell’insegnamento. Ma ero in difficoltà quando esortavo i ragazzi a studiare, a dare importanza a tutte le materie perché la cultura è libertà. Poi pensavo dentro di me: studiare per diventare come me, un ultra-sottopagato insegnante in una posizione estremamente inferiore al suo curriculum? Se uno che ha studiato ha fatto “questa fine” (= guadagna così poco), che esempio può dare? “Fate come me che diventate poveri”? Che stimolo hanno i ragazzi a studiare e approfondire interagendo con insegnanti ridotti in questo stato?
“Studiate e diventate scienziati o insegnanti! Avrete grandi soddisfazioni facendo una delle cose più belle al mondo: condividere la conoscenza!” Chi può davvero, in coscienza, fornire questo tipo di stimolo ai ragazzi di oggi?
In conclusione, non mi hanno rinnovato il contratto. Necessitano di insegnanti madrelingua. Sarà una coincidenza ma io sono stato assunto dall’amministrazione americana e il contratto non mi è stato rinnovato quado l’amministrazione è diventata italiana…