Fender Stratocaster

Perché Fender Stratocaster? Ecco la storia…

Da giovane, prima di avere una chitarra elettrica, lessi che il mio chitarrista allora di riferimento usava una Fender Stratocaster oltre altre chitarre come la Gibson Les Paul. Ma la Stratocaster era la prima nell’elenco e la cosa mi colpì. Gli amici mi dicevano che era una chitarra eccezionale. Ne vidi una in un negozio di strumenti musicali, lo stesso dove i miei mi avevano comprato il primo impianto Hifi, ma costava davvero troppo. Andavo a scuola superiore e spesso deviavo dal percorso principale per rientrare a casa per passare davanti a quella vetrina e ammirare quella splendida Stratocaster, irraggiungibile, grigio canna di fucile e mascherina nera. Sognavo di avere un giorno una chitarra elettrica ma sapevo che la Stratocaster sarebbe stata inarrivabile.

Felicissimo con in braccio la mia adorata Stratocaster senza marchio in una pausa in sala prove a Roma, fine anni 80.

Nell’estate 1980 i miei decisero che era il momento di regalarmene una. L’idea generica che avevo della chitarra elettrica, forse perché l’avevo vista da un amico, forse perché i Beatles usavano chitarre così, era di una hollow body in legno rossiccio scuro, con le aperture a “f” e il battipenna sotto i pickup, sollevato dal corpo, e la classica paletta con 3 meccaniche per lato. Insomma una chitarra elettrica “classica” – magari ad averla! Ma non mi appassionava come la Strato. Prima di partire per le vacanze al mare passammo al negozio dove mi fermavo ad ammirare e sognare la Fender. Ero convinto che avrei avuto finalmente una chitarra elettrica come me la immaginavo io. Eravamo io, mia sorella, che avrebbe avuto un basso elettrico, e i miei genitori accompagnati da un collega di mio padre che conosceva bene il proprietario e si era offerto di metterci una buona parola per uno sconto.

Mi diverto con la Stratocaster in una pausa dagli studi universitari

Alla classica domanda del negoziante: “desiderano?” la risposta di mio padre fu: “una chitarra elettrica per questo ragazzo”. Il negoziante si volta, raggiunge una scatola di cartone su un soppalco, la tira giù, la apre, preleva una chitarra elettrica e me la porge. Io ero senza fiato! Era una Stratocaster, non aveva la scritta con logo sulla paletta, non c’era nulla, solo un adesivo “Di Marzio Powered” sul battipenna, che mi fece credere per anni che fosse una chitarra DI Marzio, famoso produttore americano di pickup, invece. La mia prima domanda fu: “…ma quanto costa?” Avendo avuto la risposta che temevo (un terzo della Stratocaster in vetrina ma sempre troppo), mio padre mi disse sorridendo: “…allora guardatela un altro po’…”, che stava a significare che non avrei potuto farci altro, non era aria. Dopodiché il gruppo si riunisce nell’ufficio del proprietario a trattare, col feroce negoziatore collega di mio padre, lasciando me e mia sorella seduti al centro del negozio, ad osservare varie elettroniche musicali, da tastiere, chitarre e microfoni a componenti stereo Hifi. Dopo qualche minuto un’impiegata venne fuori dall’ufficio in lacrime. Ancora qualche altro minuto e uscì mia madre sorridente; camminò verso di me e una volta avvicinatasi mi disse soddisfatta: “è tua…”. Saltai uno, forse due battiti cardiaci e smisi di respirare. Un momento che è rimasto stampato indelebilmente nella mia mente. Non potevo crederci! A poco più del prezzo di partenza della chitarra avremmo portato a casa anche un basso e un amplificatore, nonché un paio di cavi e tracolle. Non seppi mai cosa accadde in quell’ufficio ma non mi è mai davvero interessato. Riuscivo solo a pensare che avrei avuto una splendida Stratocaster, che importa se non “vera”, non “di marca”? Era identica alla Stratocaster anni 70, col “palettone”, il pesante corpo in frassino naturale e il manico in acero. Ovviamente i pickup erano dei Di Marzio che scoprii poco tempo fa essere degli SDS-1 con i poli regolabili con chiave esagonale, ancora in vendita oggi anche se non molto comuni. Probabilmente è stato il momento più felice della mia gioventù. Il regalo più bello e importante che i miei genitori mi abbiano mai fatto. Ero l’adolescente più felice al mondo…

Ma come mi conciavo nei primi anni 80? Possibile che i miei non se ne accorgessero? Faccio sfigurare la splendida imitazione Stratocaster in una delle prime sue foto… 😉

Peccato che tornammo a casa per depositare gli strumenti e partire per il mare. Ci annoiavamo a morte al mare, in spiaggia coi genitori e la sera a passeggio coi genitori. Non avevamo amici lì, non conoscevamo nessuno. Eravamo affezionati alla comitiva del cortile di casa. Quell’anno tre sorelle di quel cortile erano al mare nello stesso posto. Una sera le incontrammo in una sala giochi. La notte sognai di passeggiare con la più grande di loro a prendere un gelato in centro. Mi risvegliai con una nuova, stranissima sensazione nel petto. Era la mia prima cotta. Fu quindi un’estate fondamentale per me. La prima chitarra elettrica, il primo, timidissimo “innamoramento” se così si può chiamare (tra l’altro anche sofferto risolto dato che non successe nulla). Un momento di passaggio, di cambiamento importante della vita in un’età critica, i 16 anni che avrei compiuto un po’ più tardi quella stessa estate, esibendomi con mia sorella e un amico davanti agli altri invitati alla festa, per la prima volta con le chitarre elettriche…

36 anni dopo la storia (quasi) si ripete…

Un pomeriggio d’autunno del 14 novembre 2016 mi feci accompagnare in città dai miei genitori e da mio figlio: dovevo andare ad acquistare la mia prima (vera) Fender Stratocaster. Volevo che fossero presenti. Loro che mi regalarono una imitazione nell’estate del 1980, facendo di me il teenager più felice della Terra.

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Una delle prime foto della bella Stratocaster Classic Series 50s acquistata a fine 2016

Dopo 36 anni realizzavo i sogno, allora irraggiungibile, di avere una vera Stratocaster e mi sembrava opportuno che ci fossero, assieme a mio figlio, nel momento della chiusura del cerchio. Era anche quello un momento cruciale della mia vita: all’inizio di quell’anno avevo perso il lavoro, la ditta per cui lavoravo come geologo, il lavoro tanto desiderato e che tanto avevo fatto per ottenere, era perso. Soprattutto ero poco più che 50enne e con un figlio piccolo. Una situazione piuttosto critica. Nel periodo di crisi avevo ripreso a suonare in un gruppo e la cosa mia aiutava a mantenere una certa serenità. Allora non potevo immaginare che mi avrebbe anche portato al nuovo lavoro. Era quindi di nuovo un periodo cruciale della mia vita ed ho voluto di nuovo andare a comprare una Stratocaster coi miei genitori.

Quella del 1980 era una Strat made in Italy, copia delle Stratocaster prodotte da Fender negli anni 70, nel pieno del periodo CBS. Il fondatore della casa, Leo Fender a metà anni 60 dovette vendere alla CBS e a detta di molti la qualità costruttiva delle loro chitarre calò sensibilmente. Le Stratocaster degli anni 70 non godono di grande fama. Oggi che sono passati più di 50 anni la fame di vintage ne tiene il prezzo relativamente alto. Niente di paragonabile alle quotazioni dei modelli anni 50 e primi anni 60!

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Prima uscita ufficiale con la nuova Strat: 17 dicembre 2016

Quando “da grande” ebbi l’opportunità di acquistare una Stratocaster fui convinto ad optare invece per una strat di Paul Reed Smith, una EG4 del 1991, davvero di ottima qualità. Ho suonato con quella per 23 anni, ma per lo più a casa, dietro i dischi. Il desiderio di avere finalmente una Stratocaster vera si è ravvivato da quando ho ripreso a suonare con un gruppo. Mi sono sempre chiesto che Stratocaster avrei scelto se avessi avuto la possibilità di farlo. Le opzioni sono svariate ma molte anche di alto prezzo.
Il mio sogno: beh, una Stratocaster del ’56, prima serie, quella con manico in acero e corpo in ontano a sfumatura “sunburst” a 3 colori o uno dei colori “solid” che prendevano dall’industria automobilistica. Un classico, ma irraggiungibile: si trovano tra i 10 e i 20 mila euro! In quel caso meglio una American Vintage che la replichi così come era: ce la si cava con quasi 2000 euro o meno sull’usato.7d780080604b6e9c3e62fb1263d6e8ec.image.1140x760

Tra le serie moderne le più abbordabili made in USA sono le American Standard, attorno ai 1000 euro. La cosa interessante è che nell’usato si possono trovare dei modelli dei primi anni 2000 che utilizzavano un corpo in frassino in finitura naturale molto simili alla imitazione che avevo io.

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La serie American Vintage offre anche i modelli ricostruiti come si faceva negli anni 70, quindi potrei trovare proprio quella a cui la mia prima chitarra era ispirata, con pesante corpo in frassino naturale, manico in acero avvitato al corpo con 3 bulloni anziché 4 e paletta più grande con vistose decalcomanie nere. La versione economica è fatta in Messico ed è la Classic Series 70s.

La mia Stratocaster è stata realizzata nel 2006 in Messico secondo le specifiche degli anni 50 e questo modello in particolare è commemorativo del 56, all’epoca 60 anni di Fender. Per renderlo ancora più aderente alla specifiche, nel 2021 ho montato delle meccaniche Kluson M6V0C Single-Line Deluxe, con la scritta incisa come negli anni 50

Invece, quando a fine 2016 ho venduto la PRS sono incappato in una Stratocaster realizzata con le specifiche degli anni 50 in Messico nel 2006 (60° anniversario del modello originale). Il colore è il Surf Green, una sorta di verde acquamarina che era utilizzato sulle Chevrolet anni 50. Niente a che vedere con la mia vecchia replica Strat, il manico a profilo a V morbida che sfuma a C verso il corpo scivola che è una bellezza, suonarla è un piacere tale che non è facile smettere. E poi oggi quel colore mi dà una certa sensazione, quella suggestione di anni 50/60 quando anche auto ed elettrodomestici, mobili, dal design tipico di quell’epoca erano colorati in modo simile. Sicuramente è stato uno sforzo economico inferiore ad una American Standard o una American Vintage nuova, ma la qualità può anche essere paragonabile per quel che riguarda i legni, poi le meccaniche e le elettroniche si possono cambiare. Ma non è detto…

Bisogna sempre considerare che la produzione industriale crea chitarre che devono essere vendute per realizzare un guadagno. E’ difficile che dopo un assemblaggio accettabile il manico sia perfettamente regolato, i tasti perfettamente livellati, la action a posto e  l’intonazione pure. Sono tutte cose che richiedono tempo ed il lavoro degli operai va pagato. Ma del tutto possibile mettere tutto questo a posto anche su una chitarra prodotta industrialmente. Devo però dire che la mia è già regolata molto bene avendola acquistata presso un liutaio di Roma.

Anche l’assemblaggio sarebbe stata una opzione. Esistono aziende con dimensioni ben contenute che realizzano parti sostitutive per chitarre famose. Possono permettersi di prendersi cura dei componenti senza perdere guadagni. La qualità è di solito molto elevata a costi ben più bassi dei corrispettivi modelli marchiati. Ron Kirn, costruttore americano di grande esperienza, fa notare come al 99% qualunque chitarra uscita dalla fabbrica avrà bisogno almeno di limatura dei tasti per suonare quanto vale. Aggiunge poi che saremmo tutti sbalorditi se sapessimo quanti chitarristi famosi utilizzano le parti sostitutive di cui sopra sui loro strumenti Fender e Gibson, che sono pagati per suonare. Oggi poi, che il taglio dei legni è totalmente computerizzato, basta avere la licenza originale per ottenere gli stessi, identici corpi e manici di Fender, Gibson o chicchessia. Costruttori come Warmoth, USA Custom Guitars e Allparts hanno ad esempio la licenza Fender, pertanto costruiscono parti di ricambio perfettamente in linea con gli originali, con qualità “custom shop” (anche nel senso che è tutto personalizzabile) a un quarto del prezzo di quelli marchiati. Insomma, se lo stesso operatore fosse assunto da Fender, sarebbe lui a molare gli stessi componenti dando ordini ad un computer, esattamente allo stesso modo. Ma lo stesso componente costerebbe almeno il doppio. Ma oggi come oggi ho deciso di acquistarne una di produzione dal mercato dell’usato

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All’inizio pensavo di utilizzare un corpo ed un manico di uno stesso produttore (Warmoth, Allparts, ecc.) e poi cercare quanto più possibile parti originali Fender, meccaniche e ponte “vintage” (Fender/Gotoh), mascherina a 8 viti anni 50, pickup Pure Vintage o Custom Shop, tuto insomma. Ma alla fine avrei speso di più…

Non ho fatto una scelta razionale, come spesso mi accade. Semmai è stata una scelta d cuore: sono molto affezionato all’immagine di Leo Fender, un uomo mite e buono, umile, con grandi capacità in vari settori, che pur non suonando è riuscito a rivoluzionare il mondo della musica con un prodotto che è rimasto essenzialmente invariato da ormai quasi 70 anni. Mi piaceva l’idea di avere una Stratocaster che replicasse il modello originale dell’epoca, con le cosiddette specifiche vintage. Tutti, a ragione, mi consigliavano di provarne tante prima di scegliere. E’ così che si fa. Ma io non sono un grande chitarrista, me la cavo, certo, ma forse per questo non tendo a pensare che la chitarra giusta mi faciliterebbe il lavoro; semmai penso che se qualcosa non mi riesce vuol dire che devo migliorare io la tecnica.

Al primo tentativo ho trovato questa ottima made in Mexico, del colore che preferivo, mi ci sono trovato subito bene. Il manico vintage lo trovo comodo, la qualità costruttiva non mi sembra per nulla bassa. Il suono è superiore a tutte le aspettative.

I pickup Fender Vintage Alnico V che monta fanno un ottimo lavoro e molti che li hanno cambiati sono poi tornati agli originali. Li terrò per un bel po’ credo; un giorno potrei cambiarli con dei Fender Pure Vintage o Custom Shop che riproducono fedelmente le qualità degli anni 50 ad una qualità superiore e non sono troppo costosi.

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Le sellette del ponte sono in stile vintage e riportano la scritta Fender. Dopo averne provate diverse, le ho sostituite con le Fender Pure Vintage con la scritta Fender Patent come le originali dell’epoca

I manico è in acero con profilo vintage, ossia con raggio di curvatura da 7,25 pollici. Non mi infastidisce minimamente: alcuni dicono che non sia comodo per lo stile moderno, ricco di bending, che negli anni 50/60 non era molto comune. Per questo andavano di moda tastiere così “bombate”, per facilitare gli accordi con barré. Invece sono rimasto esterrefatto dalla suonabilità di questo manico! Una comodità che non riesco a togliermi dalla testa, delle sensazioni che hanno totalmente smentito quelle che mi portarono a malincuore a optare per la PRS dopo aver provato una Stratocaster. Tutta un’altra cosa rispetto alla mia ex PRS questa volta. Di questa non mi potevo lamentare, ma sembra che il manico sia più in stile Gibson e con tasti jumbo. La mia nuova Strato ha i tasti vintage, molto piccoli, ma per me è un piacere suonarla. Sarò un grande chitarrista? Ma no, la buona regolazione è tutto!

Si dice che manici e corpi Made in Mexico siano in realtà prodotti dalla Fender a Corona, in California, poi spediti in Messico per l’assemblaggio. Una messicana Classic Series (più vintage) o Classic Player (meno vintage ma un po’ più curate) può vantare quindi una liuteria molto vicina a quella made in USA. Le parti meccaniche ed elettriche si possono aggiornare con parti di qualità elevata quanto si vuole e si avrebbe una Fender originale di tutto rispetto senza spendere cifre esagerate. Ma non è detto che le mie meccaniche Ping in stile Kluson e il tremolo vintage in alluminio Fender debbano essere davvero sostituiti. Staremo a vedere. Ho solo dovuto sostituire per un difetto le sellette prima con della ottime Callaham (approfittando per mettere anche le loro 6 viti in acciaio), per poi passare a delle Fender Pure Vintage che gli si adattano meglio sia come dimensioni che “vintage look”.

Per ora mi godo la realizzazione del mio sogno di ragazzo. Finalmente suono con una Fender Stratocaster ed è un piacere! Bisognerebbe che le dessi un nome. Mio figlio si chiama Leo(nardo), come Leo(nidas) Fender, che era nato il 10 agosto come me. Dovrei forse chiamarla Lea?