Le cinture e i gradi nelle arti marziali

Dr-CunninghamLeggende e miti sono da sempre fioriti intorno alla pratica di arti marziali come il Judo e il Karate. Altrettanto accade con le origini quasi mistiche associate con la tanto desiderata cintura nera. Molti sarebbero stupiti da quanto recente invece sia la storia delle cinture.

beltsMolte sono le storie sulle origini della cintura nera. La più diffusa è quella del novizio di arti marziali che comincia con una cintura bianca. Con l’andare del tempo, praticando negli anni la cintura si sporcava diventando prima marrone e alla fine nera quando ormai l’arte era perfezionata. Fermo restando la forte metafora insita in questo folclore, non c’è nessuna base nella realtà. Le cinture colorate non hanno mai fatto parte della tradizione di nessuna arte marziale antica.

Nella realtà, la cintura nera fu inizialmente introdotta per designare l’abilità nel Kodokan Judo poco più di cent’anni fa. Jigoro Kano (a lato), fondatore del Judo è stato il primo ad usare la cintura nera per distinguere gli allievi dan nel Kodokan, fondato a Tokyo nel 1882 (1). Prima di allora, le scuole di Jujutsu, come molte altre arti marziali giapponesi di quel periodo, utilizzavano il complicato sistema Menkyo per designare particolari livelli di abilità tecnica.

Per capire il sistema educativo giapponese è necessaria una piccola prospettiva storica. L’addestramento sistematico alle armi e alla guerra si è prima sviluppato nelle scuole di tradizione marziale, o stili (ryu ha), tra l’undicesimo e il quindicesimo secolo. I Samurai si riunivano in clan per allenarsi all’uso delle armi e delle tecniche. Man mano che i loro addestramenti diventavano sempre più specialistici ed individuali, nel periodo Tokugawa (1600-1868) cominciarono a formarsi degli stili marziali o scuole (Bujutsu ryu) (2).
Le arti marziali antiche giapponesi vennero alla fine classificate in diciotto diverse branche dette Bugei Ju-Happan. Esse consistevano in: tiro con l’arco (kyujutsu), artiglieria (hojutsu), pugnale (tantojutsu), alabarda (naginatajutsu), gancio (mojirijutsu), cavalleria (bajutsu), lancia (sojutsu), lancio del coltello (shurikenjutsu), stiletto (ganshinjutsu), contenimento (toritejutsu), catena e falcetto (kusarigamajutsu), bastone (bojutsu), furtività (shinobijutsu), nuoto (suijutsu), spada (kenjutsu), estrazione della spada (battojutsu), mazza (juttejutsu) e autodifesa a mano nuda (jujutsu) (3). Queste scuole usavano il sistema Menkyo per graduare i propri studenti.
Generalmente gli studenti di queste antiche ryu ha giapponesi prendevano prima il grado di Shoden. Poi proseguivano con Chuden, Okuden/Mokuroku, Menkyo e alla fine Menkyo Kaiden, che significava letteralmente “licenza di trasmissione totale” (4). Comunque ogni ryu ha individuale sviluppava il suo sistema di gradi, tanto che alcuni erano completamente differenti. (5)

I gradi erano di solito designati con certificati appositamente creati o lettere scritte a mano dall’insegnate o dal fondatore. Spesso i gradi più alti erano accompagnati dalla presentazione di un densho, manoscritto con istruzioni o segreti dei fondatori delle varie scuole (6). Alcuni densho fornivano istruzioni dettagliate anche grafiche di alcune tecniche particolari. Di per sé questi ultimi documenti non avevano alcun significato per chi non avesse avuto familiarità con il linguaggio del particolare ryu ha.

Data la segretezza che caratterizzava i vari ryu ha e i loro istruttori, il sistema Menkyo aveva alcuni svantaggi. Non c’era modo di comparare gli studenti delle varie scuole (7) e poi in ognuna i passaggi di grado si effettuavano ad intervalli di tempo che potevano andare dai pochi mesi a diversi anni, a seconda della filosofia del maestro e del tipo di allievo.
Il dott. Kano apprese da giovane le basi del Jujutsu da Teinosuke Yagi, poi studio la Tenshin Shinyo Ryu sotto Hachinosuke Fukuda e Masatomo Iso, così come il Jujutsu Kito Ryu sotto Tsunetoshi Iikubo. Fu iniziato ai segreti di entrambe le scuole.

image010Dopo aver fondato la sua scuola, il Kodokan, nel 1882, il dott. Kano affrontò anche studi accademici di molti altri stili di Jujutsu. Oltre a far visita e a praticare con gli altri maestri, esaminava attentamente i densho delle altre ryu ha di Jujutsu (8). Poco dopo aver fondato il suo stile di Jujutsu, il dott. Kano revisionò anche il sistema di graduazione, creando dieci gradi con intervalli relativamente brevi per mantenere alto il livello di interesse degli allievi durante la progressione attraverso i livelli tecnici.

Secondo Naoki Murata, il curatore del museo del Kodokan, “nel 1883 Kano divise gli studenti in due gruppi, quelli senza grado (mudansha) e quelli con grado (yudansha). I primi yudansha (shodan) del Kodokan furono due famosi studenti quali Tsunejiro Tomita e Shiro Saigo, promossi anche a secondo dan un anno dopo.”

Shiro Saigo, immortalato nel romanzo Sugata Sanshiro di Tsuneo Tomita (9), poi riadattato da Akira Kurosawa nel 1940 in un film sull’infame torneo tra Judo e Jujutsu, saltò il terzo dan e fu promosso direttamente quarto dan nell’anno successivo, nel 1885, secondo Murata. A quel tempo tutti i gradi dan erano annunciati direttamente dal dott. Kano apponendo una nota nella bacheca del Kodokan (10).

Le cinture nere per distinguere gli yudansha non erano utilizzate nel Kodokan fino al 1886-87, sempre secondo Murata, più o meno al tempo del torneo della Polizia Municipale di Tokyo tra la scuola Jujutsu di Hikosuke Totsuka ed il Kodokan del dott. Kano (11). Dopo la vittoria del Kodokan, questi non rilasciò più diplomi e certificati fino al 1894, quasi undici anni dalla creazione del sistema di gradi del Judo (12).

Alla fine l’abilità o il grado dei Judoka cominciò ad essere denotata da cinture dal diverso colore legate attorno alla vita sul judogi. Generalmente in Giappone i mudansha portano cinture bianche attraverso la progressione nei gradi kyu. Alcune scuole utilizzano la cintura marrone per i gradi kyu più alti. Le cinture colorate giallo, arancio, verde e blu ebbero origini in Europa e furono importate negli USA negli anni 50.

Le cinture nere erano tradizionalmente portate da chi faceva competizioni, dal primo dan (shodan) al quinto dan (godan). Una cintura rossa e bianca era portata da chi aveva ricevuto gradi per aver reso un servizio al Judo, dal sesto dan (rokudan), fino all’ottavo (hachidan); le cinture completamente rosse erano riservate a noni (kudan) e decimi dan (judan) (13).

Il Karate adottò il sistema di gradi del Judo e l’uso della cintura nera dopo che il maestro Gichin Funakoshi di Okinawa dimostrò ed insegnò le sue tecniche presso il Kodokan negli anni 20 (14). Alla fine il sistema dan fu incorporato dal Kendo, dall’Aikido, e da molte altre forme di arti marziali.

L’origine delle cinture colorate, così come il significato dei particolari colori, è ancora avvolto nel mistero e potrebbe essersi ormai perso nella storia. Sebbene il dott. Kano non abbia lasciato niente di scritto sui vari colori utilizzati, ci ha lasciato comunque qualche traccia. Secondo la sua dottrina filosofica non c’è limite ai progressi che si possono fare nel Judo, quindi se qualcuno avesse raggiunto un livello più alto del decimo dan, “avrebbe trasceso dai colori e dai gradi e sarebbe tornato alla cintura bianca”, una sorta di chiusura del ciclo del Judo, come della vita (15).

In una simile eventualità, va detto che il Kodokan decise che la cintura che tale persona avrebbe indossato sarebbe stata “di spessore circa doppio del normale” per evitare che dei principianti potessero fraintenderne il significato. Ad oggi il dott. Kano è l’unica persona ad aver raggiunto il dodicesimo dan e ad avere il titolo di shihan.

Il dott. David Matusmoto, autore del libro “An introduction to Kodokan history and philosophy“, cita la combinazione di due possibilità circa il tradizionale uso delle cinture bianche: il significato simbolico del colore e gli aspetti pratici della produzione delle uniformi (16).

“Innanzi tutto, il bianco ha sempre avuto un significato speciale, simbolico, nella cultura giapponese per secoli” scrive Matsumoto. “Per i giapponesi il colore bianco riflette pulizia e sacralità fin dai tempi antichi”.

Quindi le cinture bianche potrebbero essere appropriate per riflettere l’innocenza e la purezza dei principianti. Secondo Matsumoto può anche riflettere la selezione di cotone usato per il materiale dei judoji: dopo lungo uso e numerosi lavaggi, il naturale biancastro giallognolo del cotone tende al bianco.

Un’ipotesi non verificata circa le cinture nere portate dai gradi dan è che il dott. Kano abbia preso in prestito questo concetto dagli sport praticati in Giappone nelle scuole superiori. Gli atleti avanzati erano riconoscibili dai nuotatori principianti tramite un nastro nero che i primi portavano intorno alla vita. Come rinomato insegnante e sportivo, certamente il dott. Kano era a conoscenza di questa tradizione e potrebbe averla incorporata nelle sue pratiche al Kodokan.

La selezione di cinture rosso-bianche per distinguere i gradi più alti potrebbe anche essere legata ad una tradizione simile, secondo Meik Skoss, noto storico delle arti marziali ed autore di numerosi articoli su quelle giapponesi (17). I giapponesi dividono tipicamente i gruppi in bianchi e rossi, basandosi su un evento storico, la guerra di Genpei, tra i due clan rivali Genji ed Heike. I Genji usavano bandiere bianche per identificare le truppe sul campo di battaglia, mentre gli Heike le usavano rosse (18).

downloadCome esempio, Skoss cita l’annuale Kouhaku Shihai del Kodokan, dove gli allievi di Judo vengono divisi in due gruppi, bianchi e rossi. Questo torneo fu creato subito dopo la formazione del Kodokan e divenne un evento tradizionale (foto a lato). Inoltre, anche nel Judo moderno i gareggianti vengono distinti con una cinta rossa o bianca, mentre i contendenti del Kendo utilizzano un tasuki bianco o rosso, ossia un piccolo nastro legato dietro l’armatura protettiva.

Il dott. Kano era particolarmente portato per le lingue ed aveva interessi accademici nella letteratura classica cinese, in particolare nello I-Ching, il libro delle mutazioni. In pratica consiste in una collezione di perle di saggezza morale e politica basate sul concetto degli opposti come espresso nella teoria di Yin e Yang. La scelta di Kano di usare cinture rosse e bianche potrebbe essere una rappresentazione simbolica del principio di armonia suggerito dal bilanciamento di Yin e Yang.

D’altro canto il sistema dei gradi dan di Kano potrebbe essere invece un rifiuto della cultura giapponese ed una scelta deliberata per distinguere il suo nuovo sistema dai tradizionali stili di Jujitsu, sempre secondo Skoss.

“Considerate che l’epoca Meiji era un tempo di grandi cambiamenti sociali, economici e politici e Kano vi si ritrovava nel mezzo” dice Skoss. “A suo modo era un innovatore ed aveva diversi problemi con costumi e la cultura feudale giapponesi. Ad esempio, non era molto contento del fatto che molti praticanti di Jujutsu fossero poco più che delinquenti di strada che usavano quello che avevano imparato per estorcere denaro ai passanti e per soddisfare i loro ego distorti.”

Come educatore e razionalista, che rifiutava le superstizioni infondate, il dott. Kano volle creare un sistema di allenamento che non fosse pericoloso fisicamente per gli allievi e allo stesso tempo che portasse allo sviluppo del carattere di una persona e a standard morali più alti, secondo Skoss. Comunque era in competizione con le vecchie ryu di Jujutsu e sentiva che la maggior parte della cultura tradizionale fosse degna di essere preservata. L’adozione da parte sua di un sistema di gradi diverso può essere sia un rifiuto delle tradizioni del Jujutsu che un preservare il sistema gerarchico tradizionale giapponese.

“La società giapponese ha una struttura verticale” spiega Skoss. “In tutte le interazioni sociali è presente un forte senso di posizione relativa, ed i simboli di grado sono da sempre parte della cultura fin dal periodo Heian e anche prima.”

Skoss cita l’adozione di gradi a corte fin dai primi tempi dell’impero di Giappone, così come i cappelli colorati che denotavano i gradi e le severe regole che regolavano le relazioni tra essi in quei periodi. L’adozione da parte del dott. Kano di cinture colorate nel sistema di gradi potrebbe essere un’evoluzione di queste tradizioni, secondo Skoss.

Qualunque sia la ragione, l’ottenimento della cintura nera rappresenta un traguardo significativo sia per le capacità tecniche che per l’abilità in competizione per tanti judoka in tutto il mondo. Comunque, come tutti i judoka primo dan imparano presto, rappresenta anche il primo passo in un percorso di più grande miglioramento e maggior consapevolezza, che ci può volere una vita per seguirlo.


Il dott. Don Cunningham, laureato in giornalismo e dottorato in comunicazione tecnica, è un esperto istruttore di Judo, praticante di Kendo e Jujutsu. Ha gareggiato a livello internazionale ed è riconosciuto dall’Istituto di Judo Kodokan di Tokyo; si è allenato sia in Giappone che negli USA, dove ha cresciuto diversi campioni di Judo. E’ professore universitario e autore di diversi libri sull’era feudale in Giappone e sulla storia delle arti marziali classiche giapponesi.

Edizione originale in inglese su www.e-budokai.com
Traduzione a cura di Pasquale Robustini


Note

1 – Yamanaka K., Jui-Jutso or Jui-do, Selection from Kodokwan Method, Kond & Co., 1920

2 – Drager, Donn F. Bujutsu Classico, Ed. mediterranee, 1998

3 – Illustrated martial Arts & Sports in Japan, japan Travel Bureau, Inc., 1993

4 – Murata, Naoki. Curatore, Kodokan Judo Museum. Corrispondenza personale, 1996

5 – Skoss, Meik. Corrispondenza personale, 1996

6 – Kodakan Editorial Staff, Illustrated Kodokan Judo, Dainippon Yubenkai Kodansha, 1955

7 – Murata

8 – Illustrated Kodokan Judo

9 – Matsumoto, David. An Introduction to Kodokan Judo History and Philosophy, Hom.no Tomosha, 1996

10 – Murata

11 – Illustrated Kodokan Judo

12 – Murata

13 – Matsumoto

14 – Stevens, John. I Maestri del Budo. M. Ueshiba, G. Funakoshi, J. Kano. Ed. Mediterranee, 1997

15 – Illustrated Kodokan Judo

16 – Matsumoto

17 – Skoss, Meik. Corrispondenza personale, 1997

18 – Pictorial Encyclopedia of Japanese Culture, Gakken Co., Ltd., 1997