E di nuovo un terremoto di grande intensità riempie le pagine dei giornali per le migliaia di morti. Di nuovo nessun geologo, geofisico o sismologo si meraviglia che in quella zona ci sia stato un terremoto così forte. Gli addetti ai lavori sanno bene quali siano le aree sismiche più pericolose del mondo. La penisola anatolica, per la maggior parte occupata dalla Turchia, è una di queste, alla stregua della California e del Messico, del Giappone, di Cile e Perù, per fare qualche esempio di stati sui margini delle placche. Ormai si sa bene quali siano le diverse placche in cui la litosfera terrestre è divisa e dove interagiscono liberando grandi quantità di energia. Allora perché tanti morti?
Ovviamente la storia dell’uomo è ben più lunga di quella della geologia. Grandi civiltà del passato hanno costruito senza badare al rischio sismico o vulcanico. Loro non potevano saperlo. Ma noi lo sappiamo e i palazzi che abbiamo visto filmare mentre crollavano non sono antichi. E’ possibile costruire strutture antisismiche che resistano a terremoti così forti. E’ impegnativo e costoso ma è possibile. Si possono anche mettere in sicurezza costruzioni preesistenti ma anche questo è impegnativo e costoso. Perché non si fa? Perché nessuno si scomoda prima che avvengano le stragi? La geologia ci può dire esattamente dove occorre farlo. Ma mentre se la NASA o l’ESA chiedono investimenti miliardari per l’esplorazione spaziale qualcosa ottengono, se i servizi geologici delle nazioni esposte a faglie sismogenetiche così pericolose chiedessero investimenti per mettere in sicurezza le abitazioni, che succederebbe?
Immediatamente mi torna alla mente l’intercettazione telefonica tra due costruttori felici che ci fosse stato un terremoto distruttivo all’Aquila nel 2006: si fregavano le mani perché avrebbero fatto soldi con la ricostruzione! E’ questa la chiave di lettura? La ricostruzione è più remunerativa che mettere in sicurezza prima di un eventuale disastro? Stessa dinamica delle guerre? Il paese che ha bombardato poi investe nella ricostruzione. La prevenzione è meno proficua ed è anche meno visibile, porta meno voti della ricostruzione dopo il disastro.
Quindi perché stare a sentire i geologi menagramo? Poi la geologia neanche è una vera scienza, come insegna Sheldon di The Big Bang Theory. Ma se guardate anche la serie Young Sheldon capirete che quella di Sheldon è solo ripicca verso una ragazzina appassionata di geologia che lo ha respinto da piccolo. Nessun astrofisico serio si sognerebbe di dire che la geologia non è una scienza. E’ solo più giovane, avendo elaborato la sua teoria base negli anni 60, la Tettonica delle Placche. Essa inquadra soddisfacentemente i fenomeni che interessano il pianeta, soprattutto la sua superficie. Spiega benissimo il perché dei terremoti, per questo nessun geologo se ne meraviglia: sono un fenomeno naturale, sono inevitabili, è così che la Terra funziona. Del resto se pensate ad una palla di magma immersa nello spazio a -273 gradi la cui superficie solidifica velocemente, potete immaginare che questa supericie non sia un blocco unico ma sia spezzettata in tante parti (le placche) e che queste parti interagendo tra loro un po’ di casino lo faranno…
Nello specifico, una buona parte della penisola anatolica fa parte di una placca a se stante, che si viene a trovare compressa tra le placche africana e arabica che si muovono verso nord e l’immensa placca euroasiatica che spinge verso sud. Questo costringe la placca anatolica a spostarsi verso ovest di 2 mm l’anno lungo le due zone di faglia che la delimitano a nord e a sudest (North Anatolian Fault Zone “NAFZ” e East Anatolian Fault Zone “EAFZ”).
Eccone uno schema tettonico dall’articolo “Comparative PGA-driven probabilistic seismic hazard assessment (PSHA) of Turkey with a Bayesian perspective” di Nas et al. (2020) da Journal of Seismology (clicca l’immagine per il link). Del resto basta visionare la Turchia su Google Maps e selezionare l’opzione “rilievo” per vedere queste due zone di faglia chiaramente dalla morfologia della superficie.
Il terremoto in questione è stato generato lungo la EAFZ, vicina al confine tra Turchia e Siria. Si tratta di zone di faglia simili alla più nota San Andreas in California. I blocchi che separano si muovono lateralmente uno rispetto all’altro: ad esempio, se ci mettiamo da un lato rispetto alla faglia nord anatolica (NAFZ) vedremmo l’altro blocco spostarsi verso destra. Se facciamo la stessa cosa con la EAFZ vedremmo invece l’altro blocco spostarsi verso sinistra. Infatti vengono chiamate rispettivamente “faglia trascorrente destra” e “faglia trascorrente sinistra”.
Se mettete un blocco di cemento in una pressa e stringete, quando a un certo punto il blocco si romperà lo farà principalmente lungo due piani orientati a meno di 45° dalla direzione in cui la pressa sta stringendo. Uno sarà a movimento destro come la faglia nord anatolica, l’altro sarà sinistro come la faglia est anatolica (che se guardate la mappa continua a nord est con la zona di faglia NEAFZ). Insomma, si tratta di due superfici di scorrimento principale, coniugate ed antitetiche (dal movimento opposto) che accomodano la deformazione subita dal bocco di cemento nella pressa. Si incrociano l’una con l’altra delineando un cuneo che si muove verso l’interno del blocco di cemento rotto, mentre il resto del blocco è spinto lateralmente, si allarga con le due parti che muovno erso l’esterno. Tra Turchia a Siria è la placca arabica a fare da cuneo mentre quella anatolica è uno dei lati che si muove lateralamente, “allargandosi”.
Riportando il cuneo a scale planetarie e il tempo di azione della pressa a scala geologica, immaginate le enormi forze in gioco e i lunghissimi tempi di deformazione. Nella pressa noi vedremmo il blocco di cemento rompersi all’improvviso ma in natura è tutto estremamente più lento. Le zone di faglia si formano un po’ alla volta. Anche le rotture nel blocco di cemento se le guardassimo al rallentatore: un piccolo crack qui, un altro piccolo crack là e pian piano si forma un piano di scorrimento. Lo stesso accade tra le placche. I piccoli crack qui e là sono i singoli terremoti che avvengono mentre il piano di faglia espleta il suo movimento. Come potremmo prevedere quando ognuno di essi accadrà? Alla scala di una placca le forze in gioco e i volumi di roccia spostati sono enormi e c’è chi pensa che l’uomo possa innescare terremoti con la sua attività di perforazione o di immissione di gas nel sottosuolo. La “colpa” di un terremoto non esiste. E’ così che evolve il nostro pianeta. Se vogliamo evitare danni possiamo solo studiarlo per bene, capirlo, e costruire come si deve. Abbiamo le tecnologie per farlo. Ma non lo faremo e continueremo a contare i morti. Ma fate bene attenzione a chi sposta la colpa su scenziati che non hanno predetto, sui pozzi che sono stati peforati, o su altre attività collaterali. I morti non li fa il terremoto ma le costruzioni che cadono, ricordatelo bene…