Tratto dall’omonimo libro di John Stevens edito da Edizioni Mediterranee.
Come ogni sistema filosofico, l’aikido è definito da un insieme di principi fondamentali. Innanzi tutto, esso sottolinea l’importanza delle “quattro gratitudini”.
1. Gratitudine verso l’universo
È la gratitudine per il dono della vita, uno stato dell’essere estremamente prezioso e assai difficile da raggiungere. Secondo la dottrina buddhista, l’anima che trasmigra ha le stesse probabilità di reincarnarsi in forma umana quante ne ha una tartaruga cieca che emerge una volta ogni cento anni di infilare la testa nel foro di un tronco che galleggia nel grande oceano.
E anche se gli dèi godono di una situazione migliore, la loro facile esistenza li pone in uno stato di torpore, e soltanto gli esseri umani possono diventare Buddha, perché bisogna avere un corpo per conoscere le sofferenze del samsara, praticare il dharma e sperimentare il nirvana. La gratitudine per essere vivi è sommamente importante, perché ci dona la speranza. Come diceva il maestro Ueshiba: “I santi e i saggi hanno sempre venerato la sacralità del cielo e della terra, dei monti, dei fiumi, degli alberi e delle erbe. Essi non mancavano mai di ringraziare per i grandi doni della natura, rendendosi conto che lo scopo della vita è rinnovare continuamente il mondo, creare di nuovo ogni giorno. Se comprenderete i principi dell’aikido, anche voi sarete felici di essere vivi e accoglierete ogni nuovo giorno con viva gioia. Quando vi inchinate profondamente all’universo, anch’esso si inchina; quando invocate il nome di Dio, esso echeggia dentro di voi”. Uno scrittore pellerossa della tribù Assiniboin, così descrive il rito di gratitudine del nonno: “Egli non trascurava mai di rendere grazie ogni mattina al sorgere del sole, che chiamava l’occhio del grande spirito. A mezzodì, si fermava alcuni istanti per ringraziare e ricevere una benedizione. Quando il sole tramontava, rimaneva a guardarlo con venerazione fino a quando scompariva. Nello stesso spirito, appena alzato il maestro Ueshiba andava ad inchinarsi di fronte al kamidana del dojo e salutava il sole del mattino. Se gli capitava di imbattersi in un tempio mentre era in viaggio, si fermava a offrire una preghiera alla divinità locale, e ogni volta che si trovava ad ammirare un panorama particolarmente bello ringraziava gli dèi per avergli concesso quel dono. Egli accoglieva una fresca brezza che soffiava dolcemente nel dojo con le parole: “Benvenuta, brezza. Come sei gentile a venire qui per darci refrigerio!”.
2. Gratitudine verso gli antenati
Dobbiamo essere grati alle matriarche e ai patriarchi del nostro particolare clan, e ai tanti straordinari leader, maestri, innovatori, artisti e pionieri che ci hanno preceduti e hanno creato la civiltà umana. Anche se i nostri genitori si sono opposti alla nostra ricerca o l’hanno ostacolata, dobbiamo essere loro grati per il dono del corpo fisico. Il grande maestro di judo Kyuzo Mifune (a lato, 1883-1965) ripeteva spesso: “Sono grato ai miei genitori per avermi dato un corpo così piccolo, perché ho dovuto praticare due volte più duramente per battere quelli che erano più grandi di me, e la mia tecnica è diventata assai efficace. Sono grato anche per le ferite che ho ricevuto, perché ho imparato a usare abilmente le parti del corpo non danneggiate”.
3. Gratitudine verso i nostri simili.
Non possiamo vivere senza il sostegno degli altri: le persone che costruiscono edifici, città e strade, che fanno funzionare le cose, che coltivano e preparano il nostro cibo, che pagano i nostri salari, che ci amano, ci nutrono e ci aiutano, le persone con cui ci divertiamo, pratichiamo e ci alleniamo. Il maestro Ueshiba disse una volta ai suoi allievi: “In realtà, io non ho allievi: voi siete miei amici, e io imparo da voi. Grazie al vostro duro allenamento, anch’io posso continuare a praticare. Vi sono sempre grato per i vostri sforzi e la collaborazione che mi offrite. Per definizione, aikido significa collaborare con tutti, collaborare con gli dei e le dee di ogni religione”. Come il quattordicesimo Dalai Lama ha spesso sottolineato, dobbiamo essere grati perfino per i nostri nemici, poiché affrontandoli rafforziamo lo spirito: “Oggi, il Tibet sta attraversando il periodo più buio della sua storia. Considero un grande onore e un privilegio essere stato prescelto per guidarlo attraverso queste sofferenze. Se riusciremo, forse non solo salveremo noi stessi, ma diventeremo anche un importante esempio per altre nazioni, dimostrando come la non violenza, la pazienza e la fiducia nel potere della verità possano costituire gli strumenti più efficaci nelle relazioni umane”. E il Mahatma Gandhi (1869-1948) diceva: “In ogni uomo, le virtù della compassione, della non violenza, dell’amore e della verità possono essere davvero verificate soltanto quando vengono contrapposte alla crudeltà, alla violenza, all’odio e alla menzogna”.
4. Gratitudine verso le piante e gli animali che sacrificano la loro vita per noi
Noi esistiamo a spese di altri esseri appartenenti ai regni vegetale e animale, e dobbiamo essere grati per ogni boccone di cibo che mangiamo. Come recita un proverbio cinese: “Un dispiacere condiviso è dimezzato; una gioia condivisa è raddoppiata”. Ogni sistema filosofico ha un suo insieme di “leggi morali” o virtù.
Le virtù dell’Aikido
Nell’aikido, le principali virtù sono quattro.
1. La virtù del coraggio
È quella della “azione audace”, dell’“impegno coraggioso” e dell’“esistenza valorosa”. Bisogna affrontare coraggiosamente tutte le sfide che la vita ci riserva e combattere la buona battaglia fino all’ultimo. Si deve avere il coraggio di sacrificare se stessi quando è necessario, di ammettere gli errori e di assumersene la piena responsabilità. Questa virtù genera forza di volontà e determinazione. Per divenire padroni di un’arte, bisogna dedicarsi completamente alla pratica. Ci addestriamo perché è difficile, non perché è facile. Ma se pratichiamo duramente, ne usciremo vittoriosi: “Il duro allenamento permette di vincere senza difficoltà”. Nell’aikido, ci viene insegnato a combattere ai massimi livelli, giungendo al punto di lasciare che l’avversario colpisca per primo ed evitando di attaccare bersagli facili. L’individuo valoroso vuole vincere lealmente, e non a spese di altri. Il maestro Ueshiba spiegava: “La vittoria che cerchiamo consiste nel superare tutte le sfide e combattere fino in fondo per raggiungere i nostri obiettivi. Nell’aikido, non attacchiamo mai. Se colpite per primi per guadagnare un vantaggio su qualcuno, dimostrate che il vostro addestramento è insufficiente e che in realtà gli sconfitti siete voi”. Un altro aspetto del coraggio è la mancanza di paura. I maestri del budo parlano spesso del “dono dell’intrepidezza”, l’assenza di paura che proviene dalla conoscenza onnicomprensiva, dall’annullamento dell’illusione, dall’eliminazione dei dubbi, dalla vera comprensione della natura del dolore, l’assenza di paura di fronte al nemico ultimo, la morte”. I buddhisti zen affermano: “Chi è completamente desto non ha paura”. Il dono dell’intrepidezza è anche quello della fiducia in se stessi, che rende valorosi, arditi, perfino audaci. La virtù del coraggio è simboleggiata dal fuoco, una fiamma perenne che non può essere spenta.
2. La virtù della saggezza
I filosofi asiatici incoraggiavano i loro discepoli ad approfondire la conoscenza del cielo e della terra “leggendo diecimila libri e viaggiando per diecimila miglia”. Un corollario a questa esortazione è costituito dal precetto: “Non smettere mai di imparare”. Il maestro Ueshiba diceva: “L’universo è il nostro più grande maestro. Guardate come un torrente si fa strada attraverso una valle tra i monti, adattandosi armoniosamente mentre scorre sopra e intorno alle rocce. La saggezza del mondo è contenuta nei libri, e studiandoli è possibile creare innumerevoli nuove tecniche. Studiate e praticate, e poi riflettete sui vostri progressi. L’aikido è l’arte di apprendere a fondo le cose, l’arte di conoscere se stessi”. Questa virtù è rappresentata dal cielo, simbolo di conoscenza infinita.
3. La virtù dell’amore
Il termine filosofia significa “amore per la saggezza” e in origine non indicava astratti sistemi di pensiero. Pitagora (circa VI secolo a.C.), il padre della filosofia occidentale, definiva filosofo un individuo che osserva, rispetta e contempla l’ordine, la bellezza e lo scopo di quanto avviene, e cerca il filo d’oro della saggezza essenziale che unisce tutte le cose. Alla domanda: “Sei un saggio?”, Pitagora rispondeva: “No, ma sono amante della saggezza”. L’amore deve essere diretto alle cose e alle idee. Il filosofo, alchimista e medico taoista Ko Hung (a destra, circa 284-364) affermava che il segreto dell’immortalità consiste “nell’estendere l’amore a tutte le cose, fino all’estremo confine dell’universo, e nel considerare tutti gli altri come noi stessi”. A proposito dell’amore, il maestro Ueshiba diceva: “Nel vero budo non vi sono nemici, perché esso è in funzione dell’amore. La via del guerriero non è distruggere e uccidere, ma incoraggiare la vita e crear e continuamente. L’amore è una divinità che può realmente proteggerci. Senza amore, nulla fiorisce. Se non vi è amore tra gli esseri umani, sarà la fine del nostro mondo. L’amore genera il calore e la luce che sostengono il mondo”. Nella filosofia dell’aikido, il “calore” simboleggia la compassione e la “luce” la “saggezza”. La terra rappresenta la calda, concreta realtà dell’amore. Gandhi ha detto: “La spada di un guerriero per la pace è l’amore e l’incrollabile fermezza che lo accompagna”.
4. La virtù dell’empatia
È la dimensione sociale dell’aikido. La filosofia non può esistere in uno spazio vuoto, e noi dobbiamo sempre chiederci: “Quale effetto hanno le nostre azioni sul mondo in generale e sugli altri in particolare?”. Se i princìpi dell’aikido non vengono applicati nel campo delle relazioni umane, dell’ecologia, dell’economia e della politica, hanno scarso valore. Il maestro Ueshiba consigliava: “Prima di tutto, dovete mettere ordine nella vostra vita, quindi imparare come mantenere rapporti ideali con la vostra famiglia; poi, dovete sforzarvi di migliorare le condizioni nel vostro Paese, e infine cercare di vivere armoniosamente con tutto il mondo”.
A proposito delle sue opere di misericordia, Madre Teresa (1910-1998) diceva: “Non facciamo grandi cose, solo piccole cose con grande amore”. Quando le chiedevano come fosse possibile migliorare la situazione mondiale, ella rispondeva semplicemente: “Accogliete chiunque con un sorriso”. La virtù dell’empatia è simboleggiata dall’acqua, l’elemento che nutre costantemente il mondo. A titolo di confronto, per la filosofia greca le virtù cardinali sono giustizia, prudenza, forza d’animo e modestia; per i taoisti, compassione, frugalità e modestia; per i buddhisti, generosità, disciplina, perseveranza, saggezza, pazienza, meditazione, flessibilità, fermezza, benevolenza e imparzialità; per il tantrismo, amore, compassione, gioia per il successo degli altri e imparzialità verso gli esseri senzienti; per gli gnostici, disponibilità, reciprocità, affetto e simpatia; per i sufi, sincerità verso Dio, severità verso se stessi, equità verso tutti, assistenza agli anziani, gentilezza verso i giovani, generosità verso i poveri, disponibilità a consigliare gli amici, tolleranza verso i nemici, indifferenza per gli sciocchi e rispetto per gli eruditi; per i nativi americani, altruismo, pazienza e comprensione; per i cristiani, infine, le virtù teologali sono fede, speranza e carità.
Le “quattro virtù” dell’aikido ci aiutano ad affrontare le “quattro sfide”: vecchiaia, malattia, morte e separazione dalle persone amate. La vita non è perfetta né facile, e tutti soffriamo quando invecchiamo, ci ammaliamo, moriamo e, peggio ancora, quando perdiamo i nostri cari. È una realtà universale e invariabile. Lo stesso maestro Ueshiba ebbe un’esistenza difficile: perse temporaneamente la memoria sul campo di battaglia durante la guerra russo-giapponese, e in seguito combattendo corpo a corpo con alcuni banditi in Manciuria; nel giro di sei mesi vide morire due figli a causa di una malattia; fu minacciato di arresto dal governo militare per essersi unito ai pacifisti della setta Omoto-kyo; molti dei suoi amici e dei discepoli preferiti morirono durante la seconda guerra mondiale; vide il proprio Paese devastato e conquistato dal nemico, nonostante gli sforzi compiuti per evitare la guerra; cadde gravemente ammalato in diversi periodi della sua esistenza; e divenne vecchio (ma non debole) prima di soccombere infine al cancro. Egli affermava: “Ogni giorno della vita umana porta serenità e cruccio, sofferenza e piacere, tenebre e luce, crescita e declino. Ogni singolo momento fa parte del grande disegno della natura; non respingete, né ostacolate l’ordine cosmico delle cose. Attendete con gioia il giorno che viene, accettando qualsiasi evento rechi con sé. La vita è sempre un processo, e tutti noi siamo soggetti alla ruota della fortuna: un eterno alternarsi di buona e cattiva sorte, prosperità e povertà, salute e malattia, stabilità e cambiamento. Stimolandoci a essere più coraggiosi, saggi, benevoli ed empatici, la filosofia dell’aikido ci fornisce i mezzi per affrontare le sfide dolorose e difficili. Non guardate a questo mondo con timore e avversione. Affrontate con coraggio tutto ciò che gli dèi vi mandano. In situazioni estreme, l’intero universo diventa nostro nemico; in simili tempi di crisi, l’unità di mente e tecnica è fondamentale: non lasciate che il vostro cuore vacilli!”
L’etica dell’aikido si impernia su un unico principio: makoto. Tale termine significa letteralmente “atti sinceri” e denota “sincerità naturale e spontanea, priva di doppiezza e artificio”. Secondo la prospettiva dell’aikido, gli esseri umani sono fondamentalmente buoni, naturalmente puri, gioiosi, retti e benevoli. George Catlin (a destra, 1796-1872), che studiò quasi cinquanta tribù indiane, scriveva: “Amo le persone che seguono i comandamenti senza averli mai letti, né sentiti predicare”. Questa ottemperanza naturale è makoto. Il bene è formato dalle cose piacevoli della vita; il male, invece, causa infelicità, sventura, disarmonia.
I tre prinicìpi e i 9 pilastri dell’Aikido
Il maestro Ueshiba sottolineava i tre principi filosofici dell’unità:
1. La mente deve essere in armonia con l’attività dell’universo
2. Il corpo deve essere in sintonia con il movimento dell’universo
3. Corpo e mente devono essere una cosa sola, coerente con l’opera dell’universo In altre parole, non bisogna fare nulla che sia contrario alla natura.
Se la nostra pratica fosse realmente makoto, niente di ciò che facciamo sarebbe in contrasto con le leggi naturali; molti di noi, invece, devono affidarsi al nen, ovvero alla “concentrazione su principi ideali”, per mantenersi armonizzati a tutti i livelli. La forma fisica delle tecniche dell’aikido non è nulla di speciale. Il maestro Ueshiba studiò diversi tipi di arti marziali, integrando nel suo metodo una varietà di tecniche. Molti dei movimenti si riscontrano nelle arti marziali occidentali, ad esempio nel wrestling e nella scherma. Le tecniche sono veicoli fisici impiegati per raggiungere un livello superiore di comprensione. Il maestro Ueshiba affermava: “Le tecniche dell’aikido cambiano continuamente; ogni incontro è unico, e la corretta reazione deve emergere spontaneamente. Le tecniche di oggi saranno diverse domani. Non lasciatevi coinvolgere dalla forma e dall’apparenza. Il vostro obiettivo finale deve essere quello di dimenticare la tecnica”.
Le tecniche dell’aikido sono veicoli di trasformazione, e presentano quattro aspetti: educativo, storico, pratico e filosofico. Esse sono sostenute da nove pilastri, che si possono interpretare anche come altrettanti accessi filosofici alla saggezza, con ampie possibilità di applicazione. Tali pilastri sono:
1. Shiho, “universalità”. Letteralmente, shiho significa “quattro direzioni”. Nell’aikido classico, la pratica inizia con shiho-giri, ovvero “taglio in quattro direzioni”, che simboleggiano le quattro gratitudini, le quattro virtù e le quattro sfide. Shiho vuoI dire anche esaminare il mondo in tutti i suoi aspetti, considerare le cose da ogni angolazione ed essere in grado, all’occorrenza, di muoversi in qualsiasi direzione. Simbolicamente, le quattro direzioni rappresentano altrettante virtù: l’est è conoscenza, il sud crescita, l’ovest liberazione e il nord forza.
2. Irimi, “entrata e fusione”. Davanti a un attacco, nell’aikido di solito si reagisce non arretrando o deviando l’aggressione, ma entrando direttamente in essa: “Quando un avversario avanza, fate altrettanto e dategli il benvenuto”. A volte, finiamo rivolti nella stessa direzione dell’attaccante, a stretto contatto con lui, al punto che è difficile distinguerci. Spesso, il modo migliore di affrontare un attacco è andare direttamente alla sua fonte e fondersi con esso, rendendo impossibili ulteriori offensive.
3. Kaiten, “apertura e cambiamento”. A volte, è meglio evitare un attacco effettuando un’apertura laterale, per poi ridirigerlo verso l’aggressore. Nell’aikido, il concetto di “apertura” è fondamentale e vuoi dire essere pronti a cogliere le possibilità, nonché avere mente e cuore aperti. Il maestro Ueshiba spiegava: “Ognuno di noi deve aprirsi la strada, aprire la porta alla verità. L’universo è come un libro aperto che possiamo leggere, e noi dovremmo considerare il mondo come realmente è”. Una massima hassidica recita: “Dio è ovunque gli sia permesso di entrare. Egli è nel nostro cuore, se non Lo chiudiamo fuori”. Alcuni devoti ebrei hassidici vanno in giro con il petto scoperto per indicare che il loro cuore è sempre “aperto” a Dio. La parola “universo” significa letteralmente “una rotazione”: esso ruota tutt’intorno e dentro di noi; sostanzialmente, noi siamo il perno del mondo. Abbiamo un detto: “dare una svolta alla propria vita” (per migliorare le cose), e ciò coincide con un altro importante aspetto di kaiten. Il maestro Ueshiba diceva ai suoi allievi: “Il segreto dei movimenti kaiten è nella vostra mente, non nel vostro corpo”.
4. Kokyu, “respirazione corretta e buon tempismo”. Il respiro è vita, e di solito una respirazione difficoltosa è segno di stress, malattia o timore. Nell’aikido, vi sono vari esercizi che ci insegnano a stimolare una respirazione profonda ed efficace attingendo al respiro dell’universo. Il maestro Ueshiba affermava: “Tutte le cose che sono in cielo e in terra respirano. Il respiro è il filo che lega insieme la creazione. Quando si giunge a percepire le innumerevoli variazioni nel respiro universale, nascono le singole tecniche dell’aikido”. Molti dei suoi allievi osservavano che, pur riuscendo ad eseguire abbastanza bene le tecniche quando egli era nel dojo, appena se ne andava cominciavano ad avere difficoltà. “Ciò avviene”, spiegava il maestro Ueshiba, “perché quando sono presente metto insieme i nostri kokyu, e pertanto tutti noi operiamo come una unità”. Un altro significato di kokyu è “buon tempismo”. Ciò comporta la comprensione dei ritmi vitali e l’essere in sintonia con le circostanze e le cose che ci circondano.
5. Osae, “padronanza di sé e controllo della situazione”. Le tecniche dell’aikido comprendono una serie di prese e immobilizzazioni usate per controllare un attacco. Esse implicano che bisogna “mantenere una salda presa sugli avvenimenti”, “tenere la situazione sotto controllo prima che ci sfugga di mano” e “porre un freno alle cose quando si infiammano”. Come è scritto nel Tao-Te-Ching di Lao Tsu (a lato, VI secolo a.c.), “Ferma le cose prima che avvengano: coltiva la pace e l’ordine per sconfiggere il caos”.
6. Ushiro-waza, “affrontare l’ignoto”. Nell’aikido, ci alleniamo ad essere attaccati alle spalle per stimolare un sesto senso che ci permetta di percepire un’aggressione prima che venga messa in atto. Nella vita di tutti i giorni, ciò si traduce nel concetto “aspettarsi l’imprevisto”, soprattutto da parte di anime traviate che cercano di pugnalarci alla schiena o di avvicinarsi a noi di soppiatto.
7. Tenchi, “mantenersi saldamente tra cielo e terra”. Il nostro universo è composto di cielo (vacuità), terra (forma) ed esseri umani (una combinazione di entrambi gli elementi). La nostra vita si svolge in congiunzione con i movimenti del cielo e della terra, e noi dobbiamo cercare di conservare l’equilibrio tra questi due poli. Il maestro Ueshiba ha detto: “Cercate sempre di rimanere in comunione con il cielo e la terra; allora l’universo vi apparirà nella sua vera luce. Se saprete percepire la reale forma del cielo e della terra, riceverete l’illuminazione necessaria per comprendere la vostra”.
8. Aikiken e aikijo, “la spada della fermezza e il bastone dell’intuizione”. Nell’aikido, le tecniche sono definite dai movimenti risoluti, diretti e precisi della spada. Analogamente, per avere successo nella vita dobbiamo agire con decisione, fermezza e lealtà. Tuttavia, abbiamo anche bisogno di un buon intuito per sapere quando evitare un attacco. Pertanto, dobbiamo essere capaci di agire con la flessibilità del bastone usato nell’aikido, che si muove agevolmente verso l’alto o verso il basso, verso destra o verso sinistra, a seconda delle circostanze.
9. Ukemi, “sette volte giù, otto volte su”. Una delle prime cose che un praticante di aikido apprende è ukemi, ovvero la “caduta con appoggio”, che gli consente di cadere in sicurezza e di risollevarsi senza difficoltà. Analogamente, anche se le vicissitudini della vita ci atterrano con pesanti colpi, dobbiamo ogni volta rialzarci. Ukemi significa anche riprendersi da un errore. Come sosteneva il maestro Ueshiba, “il fallimento è la chiave del successo”; ogni errore ci impartisce una lezione preziosa”. Ukemi può altresì essere considerato una sorta di “prosternazione”, una pratica di umiltà, determinazione e fiducia per indicare che non vi sentite troppo fieri per essere stati atterrati e siete decisi a risollevarvi.
Un altro principio fondamentale della filosofia dell’aikido è Muteiko, ovvero “non resistenza”. L’aikido è il principio della non resistenza. Chi non resiste è fin dall’inizio il vincitore. Coloro che hanno intenzioni malvagie o pensieri malevoli vengono immediatamente sconfitti. Un vero guerriero è invincibile perché non si oppone a nulla. Muteiko è un concetto molto simile al taoista wu wei, “non azione” o “non affermazione”.
Nel Tao-Te-Ching è scritto: Un buon soldato non è marziale. Un buon combattente non si lascia prendere dall’ira. Il modo migliore per sconfiggere un nemico è quello di non impegnarlo in battaglia. Non ostacolando il flusso naturale delle cose e non tentando di interferire nello svolgersi degli eventi, raggiungiamo l’armonia con il nostro ambiente. Vi è un noto racconto riguardante un macellaio taoista, il cui coltello non perdeva mai il filo perché la lama trovava sempre gli spazi liberi tra le articolazioni, e la carne del bue finiva per dividersi da sola. Quando vengono eseguite da un maestro, le tecniche dell’aikido sembrano altrettanto naturali, ovvero sono wu wei, movimenti agili e sottili, ma straordinariamente penetranti ed efficaci. Un’altra possibile traduzione di muteiko è “non violenza”, in sanscrito ahimsa. Al pari di Gandhi, il maestro Ueshiba era convinto che la causa di tutti i mali fosse la violenza: violenza verso se stessi, verso gli altri o verso l’ambiente. “Rompere, danneggiare o distruggere”, sosteneva, “è il peggior peccato che un essere umano possa commettere”. Quando le venne conferito il premio Nobel per la pace, Madre Teresa di Calcutta tenne un discorso in cui condannò la diffusa violenza verso i bimbi non nati: “Il più grande flagello per la pace è l’aborto. Se una madre può uccidere il proprio figlio, cosa rimane?”. A Gandhi non piaceva che il termine ahimsa venisse tradotto con “resistenza passiva”, perché riteneva che avrebbe conferito ad esso un inopportuno significato di debolezza o impotenza. Egli preferiva la traduzione “non violenza”, considerandolo un concetto assai più positivo. Dal momento che predicava agli indù, per i quali ahimsa era già pratica comune, a volte Gandhi riconosceva che la non violenza del leader musulmano Abdul Hamid Khan (a sinistra, 1880-1976) era di gran lunga superiore alla sua, poiché Khan “insegna la non violenza a gente che è sempre stata armata fino ai denti”. Uno dei più famosi discepoli del Mahatma, Vinoba Bhave (a destra, 1895-1982), non disputò mai verbalmente con i suoi principali nemici, ricchi proprietari terrieri che egli cercava di convincere a donare terra ai senzatetto. Bhave era convinto che la stessa opposizione fosse una forma di violenza, poiché genera insicurezza e spesso rende una persona più intransigente. A proposito della sua strategia di ahimsa, una volta dichiarò: “Ogni volta che tratto con un avido proprietario terriero, non discuto, ma cerco piuttosto di trovare il modo di accedere al suo cuore per convincerlo”. Martin Luther King (1929- 1968), un altro sostenitore della non violenza, affermava: “Tutta la vita è interconnessa, tutta l’umanità è coinvolta in un unico processo, e il torto che faccio a mio fratello lo faccio a me stesso”.
Analogamente, il maestro Ueshiba diceva: “Non appena cominciate a preoccuparvi di distinguere il “bene” e il “male” nei vostri simili, aprite nel vostro cuore una porta per farvi entrare la malizia. Competere con altri, esaminarli e criticarli vi rende deboli e destinati alla sconfitta”. In ambito cristiano, ricordiamo queste parole pronunciate da Gesù: “Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra”. L’aikido ha il termine kaiten, “avvolgere l’attacco e lasciarlo proseguire”. Un altro modo ingegnoso di usare la non violenza è descritto nell’opera Lisistrata di Aristofane (circa 448-385 a.c.). Lisistrata progettava di porre termine alla guerra tra Atene e Sparta convincendo le donne greche a non concedersi agli uomini fino a quando il conflitto non fosse finito. Quando lo spartano Lampito (a sinistra, in basso) venne a sapere di questo piano, commentò: “Probabilmente funzionerà. Dicono che Menelao gettò via la sua spada, quando vide il seno di Elena di Troia”.
L’ultimo principio fondamentale della filosofia dell’aikido è “masakatsu agatsu katsu hayabi”. Il carattere masa significa “sincero, vero corretto, leale”, mentre katsu vuol dire “vittoria, trionfo, successo”. Così il Dalai Lama ha spiegato il termine masakatsu, o “vera vittoria”: “La nostra è una civiltà che per migliaia di anni ha praticato la non violenza, la compassione e il perdono; di conseguenza, ci battiamo per i diritti del nostro popolo nei parametri di tali principi. Se li abbandonassimo e ci riprendessimo la nostra terra con l’odio e la violenza, la perdita sarebbe assai più grande del guadagno. Il Tibet che riconquisteremmo non sarebbe più il Tibet per cui stiamo lottando. Otterremmo una vittoria esteriore, ma una sconfitta interiore”. Ecco qualche altro esempio di masakatsu. Quando era solo un avvocato, Abraham Lincoln (1809- 1865) disse ai suoi colleghi: “Ogni volta che potete, convincete i vostri clienti a venire a patti. Fate loro notare che il vincitore nominale è spesso il vero perdente: in parcelle, spese e spreco di tempo. Come conciliatore, l’avvocato ha maggiori possibilità di essere un uomo buono”. Nel Dhammapada si legge: “Egli mi ha insultato, mi ha percosso, mi ha sconfitto, mi ha derubato”. In coloro che nutrono simili rancori, l’odio non ha mai fine. L’odio non cessa mai con l’odio. Solo l’amore può liberarcene; questa è una verità eterna. Il Tao-Te-Ching dice: Se attacchi con compassione, vincerai. Se ti difendi con compassione, resisterai saldamente. E un’altra poesia taoista recita: “Alla mente immobile Tutto il mondo si arrenderà”.
Masakatsu può essere interpretato anche così: “Se il tuo operato è sincero, avrà successo e durerà nel tempo”. Questo aspetto si rivela prezioso quando si è oggetto di critiche. Molti eruditi islamici espressero pareri di carattere teologico e giuridico contro l’uso innovativo della musica e della danza introdotto dal maestro sufi Rumi (a sinistra, circa 1201-1270) nella sua scuola. Ma, “scegliendo un atteggiamento di benevolenza e generosa comprensione”, ovvero mantenendo un’attitudine di masakatsu, Rumi non replicò alle critiche. Gli attacchi diminuirono, e oggi i suoi critici e le loro opinioni sono completamente dimenticati. Il maestro Ueshiba definì una volta masakatsu come “il conseguimento in terra del proprio obiettivo”. A significa “se stessi” e gatsu (katsu) “vittoria”; quindi, agatsu vuoi dire “vittoria su se stessi”, trionfo sui propri demoni interiori, gli istinti peggiori. L’aikido è un’occasione per correggere se stessi, non altre persone. Il maestro Ueshiba diceva: “L’aikido comincia con voi. Lavorate su voi stessi e l’obiettivo che vi è stato assegnato. Ognuno ha uno spirito che può essere perfezionato, un corpo che può essere addestrato in qualche maniera, una via adatta da seguire. Incoraggiate la pace nella vostra vita e applicate l’aikido a tutte le cose che incontrate”. Haya significa “rapido, scattante, dinamico”, mentre bi (hi) vuoi dire “sole, giorno, luce, tempo”; pertanto, katsu hayabi è “vittoria rapida e immediata”. Una traduzione abbastanza fedele dell’intera frase masakatsu agatsu katsu hayabi potrebbe essere: “La vera vittoria è la vittoria su se stessi qui e ora”’. Erano queste le parole con cui più spesso il maestro Ueshiba rispondeva alla domanda: “Cos’è l’aikido?”. A livello di pratica, masakalsu agatsu katsu hayabi può essere interpretato così: Coraggio incrollabile unito a impegno costante fino a raggiungere improvvisamente tutti gli obiettivi. In termini tecnici, la frase vuol dire: Se la tua mente è chiara e i tuoi movimenti sono corretti, la tecnica si manifesta immediatamente. A livello più profondo e filosofico, la frase suggerisce: Otterrai la vittoria soggiogando la tua natura più bassa e raggiungendo quello stato dell’essere che trascende il tempo e lo spazio. A livello di liberazione, le parole significano: La verità ti libererà dal timore e dall’insicurezza, e ogni istante apparirà vitale e luminoso.