L’ho sempre sostenuto: l’Aikido è utile proprio quando il morale non è alle stelle. Evitare l’allenamento perché si è giù di corda è un po’ come evitare il cibo proprio perché si ha fame. Finché non si capisce questo non si è capito l’aspetto più importante di questa pratica.
Forse oggi dovrei affinare meglio il concetto, dato che è capitato proprio a me, lo scorso weekend, di evitare di prendere parte ad uno stage di Aikido molto importante e di grande richiamo, nonostante avessi pagato in anticipo. ll Motivo? Non me la sentivo, ero giù di morale…
Ecco, ho predicato a destra e manca l’utilità dell’Aikido proprio quando le cose vanno male ed eccomi qui, alla prima difficoltà evito la pratica! Che bravo insegnante! Intendiamoci: non è l’unica motivazione quella del morale a terra. Lo stage di Aikido nel weekend, per chi ha famiglia (quando i bimbi sono piccoli) è sempre un terno al lotto. Può succedere di tutto all’ultimo momento ed i programmi dell’indomani saltano, con buona pace del grande maestro internazionale. Nello specifico, la mia consorte, anch’essa già con un posto prenotato sul tatami di Seishiro Endo, a Roma per la terza volta, ha avuto un imprevisto ed ha dovuto lavorare – grazie al cielo: oggi come oggi, avere un lavoro è già tanto…
Quindi è saltata tutta la pianificazione prevista da mesi per liberarci per l’evento. Ma non è questo il punto. Il sottoscritto, un modo per “fare un salto” al dojo ad allenarsi lo avrebbe comunque potuto trovare. Ma in realtà ho preferito stare con mio figlio. Non che lo veda di rado, non è il mio problema. Poteva stare coi nonni, certo non tutto il weekend di allenamento, ma ho preferito io stare con lui invece che con Seishiro Endo. Perché?
Non credo interessi a qualcuno, ma io uso il mio blog per il mio piacere di scrivere; se a qualcuno interessa leggermi, meglio così, altrimenti a me basta “fermare” questi concetti per rifletterci su. Uno stage di così grande richiamo prevede la partecipazione di molte persone. I posti erano limitati a 120, quindi questa era la cifra che mi aspettavo di incontrare. Non me la sentivo. Avevo avuto un paio di brutte notizie un paio di giorni prima, non sto qui ad approfondirle, e non mi andava di vedere gente e scambiare amabilmente quattro chiacchiere col mio solito sorriso sulle labbra. Sapevo che andare in giro con mio figlio mi avrebbe “curato”, l’Aikido, stavolta, no…
Preciso: il lavoro di Endo è interessante, figuriamoci, ma non è il mio, non è il lavoro che sto facendo da qualche anno. Ci sono delle affinità, ma il succo è un altro. Ho visto Endo solo una volta, al suo primo stage a Roma. Quindi non posso certo dire di conoscere la sua pratica. Ma so di cosa ho bisogno io per nutrirmi di energia sul tatami. E per me Endo non ha queste cose. Ma non le ha nessuno, o meglio solo uno. E faccio di tutto per vedere questa persona sul tatami appena posso. Mi serve. E’ il mio carburante per affrontare la vita di tutti i giorni, specialmente i momenti più difficili. Allora sì che se si presenta l’opportunità di allenarsi con questa persona, faccio di tutto per partecipare, ci vado anche se non ne ho voglia, perché so bene che cosa mi succederà, conosco bene la carica psicologica che quell’allenamento – e solo quello – è capace di darmi. Non ne posso fare a meno. Molte volte sono partito per andarmi ad allenare con lui strappandomi con forza alla voglia di stare con la mia famiglia nel weekend. Qualcuno penserà che sto esagerando, invece è la pura realtà…
Anche con questa persona, altre volte, ho percepito questa sensazione di preferire essere con mio figlio piuttosto che allenarmi, ma mi sono forzato ad andare lo stesso, proprio per mio figlio, per stare bene – meglio – per lui, per rimanere giovane più a lungo accanto a lui negli anni a venire (e sento l’obbligo di lavorare per questo visto che ho 45 anni più di lui!). Infatti, da qualche anno, limito i miei viaggi per l’Aikido a solo un giorno, se possibile; al massimo una sola notte fuori. E viaggio solo per vedere questa persona che così tanto riesce a darmi sul tatami. Tempi di crisi, i soldi non bastano mai (uno dei motivi del mio basso morale di questi tempi) e bisogna limitare le spese. Solo, quindi, in questi casi, mediamente 4-5 volte l’anno, mi “strappo” alla mia famiglia solo perché so che la cosa mi farà bene e quindi gioverà anche a loro. Questo è il motivo per cui molti altri maestri di Aikido non mi vedono più sui loro tatami, la ragione per cui devo dire no a molti amici che magari mi invitano ad eventi: il tempo e i soldi sono limitati, faccio quindi una selezione. Del resto, dicono che Seigo Yamaguchi (guarda caso il maestro di Seishiro Endo) ritenesse che si cominici a fare Aikido davvero solo quando si hanno dei figli. Ed io dico che c’è tantissima gente che invece smette proprio quando arrivano i figli. Che brutto sarà se poi ricorderanno loro che il papà o la mamma hanno sacrificato la pratica di una cosa che li appassionava a causa loro. I sensi di colpa sono una cosa orribile… Dal canto mio, ho dato un esame dan a 2 mesi dalla nascita di mio figlio e sono convinto che, non avendo smesso di praticare a causa sua, mio figlio avrà un padre più sano e felice, con meno frustrazioni, proprio perché ha potuto praticare lo stesso – di meno, ma con più intensità.
La cosa strana è che i numeri che la persona di cui parlo attrae sono una piccola frazione di quelli attratti da Seishiro Endo. Ok, siamo ad altri livelli di carriera, ma si sa che il tatami di cui parlo perde seguaci quasi ogni anno. Eppure è l’unico per cui io faccio il sacrificio di non stare con mio figlio, l’unico per cui spendo soldi per viaggiare, l’unico che mi dà ciò di cui ho bisogno. Che fosse troppo dura psicologicamente e fisicamente? Non so. Mi viene comunque da pensare quanto siamo diversi, quanto le persone pratichino Aikido per i motivi più disparati, tanto che se qualcuno che per me è fondamentale, vitale nella pratica, per altri è perfettamente trascurabile. Appunto. Ognuno fa Aikido per le sue ragioni. Le mie sono la mia crescita personale (entro certi limiti, visto che ho già superato i 50 ed ho solo 10 anni meno dell’insegnante in questione) e la salute psicofisica. Ammettiamolo, molte volte ci chiediamo quanto male ci faccia la pratica: tutte quelle leve, quelle torsioni applicate alle articolazioni, alla lunga possono dare problemi nonostante non ci sia agonismo (per non parlare dell’uso scorretto delle ginocchia e della schiena, molto diffuso nella nostra disciplina). Ecco, proprio per la mancanza di questi problemi ogni tanto investo soldi e tempo per seguire questa persona. Per altri no. Non che non mi piacciano, ma il mio scopo sul tatami non è certo raffinare la mia esecuzione tecnica. Lo faccio perché sono convinto che se lavoro duramente per usare davvero il corpo in modo intelligente come dice lui, esso sarà più sano e lo resterà più a lungo. E questo non l’ho trovato in nessuno dei tatami che ho frequentato. Mai.
Quindi non me ne vogliate se scrivo che di Endo potevo fare a meno e che ho preferito la positività energetica che ti dà un bambino, specie se è il tuo. Poi avrei fatto la stessa scelta (l’ho già fatto) si fosse trattato di Tissier, Tada, Cognard, Bachraty, Gonzales, Yamada, Osawa, Benedetti, tanto per fare un po’ di grossi nomi esteri. Tutti grandissimi maestri, con un seguito ben più numeroso e solido. Si vede che la maggior parte degli aikidoka del mondo non ha bisogno di ciò di cui ho bisogno io, fa Aikido per motivi diversi dai miei e da quelli dei pochi che ancora calcano certi tatami. Non è presunzione, è solo coscienza, consapevolezza, il sapere ciò che voglio e di cui ho bisogno, specialmente quando le ansie e le tensioni, o i dispiaceri e le incertezze, ti mettono alla prova. Questo: