La nostra rappresentazione mentale di un uomo che attacca o si difende è un processo visuale basato sul nostro concetto di corpo umano a riposo, una visione statica fondamentalmente errata. Anche se il corpo umano è in effetti composto da un torso con quattro arti e una testa, com’è immortalato in così tante statue in tutto il mondo, questa rappresentazione non ci dice nulla della realtà e della dinamicità del nostro corpo. Ma è in movimento che dobbiamo immaginare il nostro ipotetico avversario.
E’ qui che l’analogia con la sfera ci torna utile. La periferia è in movimento rispetto al centro ed il centro si muove avanti e indietro, lateralmente e verticalmente, guidando la periferia. Il centro è localizzato nell’addome, in modo molto simile alla rappresentazione di Leonardo da Vinci nel suo disegno noto come l’Uomo Vitruviano.
- La prima necessità è, anche prima dell’attacco, quella di lasciar perdere la rappresentazione statica ed accettare quella della sfera in azione.
- La seconda necessità è quella di valutare il raggio della sfera
- La terza necessità è quella che fa la differenza tra l’Aikido e il Judo. Nel Judo, se un avversario tira l’altro segue e se uno spinge l’altro va all’indietro: l’uno interagisce con l’altro. In Aikido lo scopo è di rimanere tangenti, appena fuori della sfera d’azione dell’avversario, non rispetto al corpo ma rispetto alle estremità dei nostri arti inferiori e superiori.
Entrare nella sfera del nostro avversario è possibile solo se la potenzialità del suo attacco è stata annullata all’interno di un certo raggio d’azione. E’ per questo che l’Aikido sembra essenzialmente l’arte dello scivolare via, che risulta nel mettere chi si difende in una zona dove gli arti dell’attaccante non lo possono raggiungere. Questo è il risultato di un perfetto taisabaki che permette la creazione di un vuoto davanti all’attaccante e quindi di attaccare i suoi punti vitali.
Più di altre forme di difesa, l’Aikido usa la forza dell’aggressore come un’opportunità di sconfiggerlo. Infatti, al contrario del Judo, un praticante di Aikido mai o di rado afferra l’attaccante. In Aikido l’attaccante scatta in avanti, in una sola direzione, finché non perde l’equilibrio.
André Nocquet all’Hombu Dojo dell’Aikikai verso la fine degli anni 50
L’idea generale è di usare la parte più periferica della sfera d’azione, come ad esempio le mani o i polsi dell’avversario, e di usarla per poter ruotare la sfera stessa nella stessa direzione del suo movimento volontario iniziale. In effetti non blocchiamo il colpo, non lo ridirigiamo indietro ma costringiamo questo atemi o il suo asse più estremo a completare il movimento circolare. In altre parole cerchiamo la massima potenza di leva. Il corpo dell’avversario ruota a causa del movimento delle sue estremità. Dobbiamo solo penetrare nella sfera del nostro avversario nel momento in cui l’espansione radiante dell’avversario è stata allontanata.
L’Aikido è l’arte dell’azione tangenziale.
L’azione attraverso i muscoli flessori ed estensori è la caratteristica principale della boxe e del wrestling e, più in generale, degli sport da competizione, compreso il Judo. Invece in Aikido cerchiamo l’estremo sbilanciamento che impedisca all’avversario di utilizzare sia i flessori che gli estensori, l’unico modo in cui l’essere umano può agire su oggetti esterni.
Gli aspetti di rotazione avvengono nelle tre dimensioni e naturalmente si combinano con variazioni del ritmo all’interno dell’accelerazione del movimento.
André Nocquet, 8° dan di Aikido e 4° dan di Judo, è stato il primo uchidehi (allievo interno) del fondatore dell’Aikido Morihei Ueshiba.