Per prima cosa mi scuso per il titolo volontariamente provocatorio, ma penso che possa riassumere quello che potremmo imparare da un po’ di ricerca sulla parola Budo. La parola Budo è diventata quasi d’uso comune nel linguaggio popolare e si può dire con tranquillità che, insieme ai vari sushi, karaoke e manga, sia una delle parole di maggior successo esportate dalla cultura giapponese. Ma si tratta forse di una tra le più fraintese.Cerchiamo quindi di fare un po’ di chiarezza sul significato di questa parola. Cercherò prima di spiegare le origini della parola, per poi discuterne le applicazioni nella pratica odierna.
Come istruttore di Aikido e navigato praticante di arti marziali, ho spesso dovuto spiegare il significato di questa disciplina, in particolare cos’è che la rende diversa da altre arti come il Judo, il Karatedo o il Kendo. In seguito ho cominciato a capire come il modo più produttivo di procedere fosse in effetti di spiegare cosa questi Budo avessero in comune, piuttosto che puntare a separarli. Questo è molto importante se vogliamo capire la differenza tra il Budo ed il Bujutsu (武術).
La parola Budo è composta da due kanji, Bu (武) e Do (道). Bu significa marziale o guerra, e Do significa percorso o via. Se torniamo alle origini della parola Do, possiamo arrivare a delle notizie un po’ più precise. In cinese, il carattere 道 (pronunciato “Tao”) è molto meno tangibile, dato che non significa soltanto via. Tao esprime anche una visione olistica del mondo ed una idea di completa unità. I giapponesi hanno adattato la parola Do a finalità più pratiche. Quando la usano come suffisso per descrivere un’attività, non necessariamente una marziale, tipo il Chado (茶道), la via della preparazione del tè, Do rappresenta un la conoscenza in una data disciplina. Per quel che riguarda gli esseri umani, Do è la via dell’autorealizzazione e dell’armonia con l’universo. Riguardo il prefisso Bu, possiamo quindi assumere che questa autorealizzazione sarà raggiunta attraverso lo studio e la pratica di una disciplina marziale.
Il problema per noi occidentali è che entrambi i termini Budo e Bujutsu sono stati tradotti come Arte Marziale. Questo porta a qualche confusione riguardo il tipo di pratica che stiamo in realtà portando avanti. La differenza tra le due è cruciale ed è proprio per prendere le distanze dal Bujutsu che il Budo è stato inventato.
Prima di proseguire, credo sia necessario cercare di definire meglio sia Budo che Bujutsu e chiarire quali siano le differenze tra loro. Sebbene chiaramente evoluto allo scopo di adattarsi alle moderne condizioni sociali, politiche ed etiche, nonché ad un certo approccio pedagogico (anche se avrei delle riserve sull’uso della parola occidentale “pedagogia” per descrivere il modo in cui i maestri giapponesi trasmettono il loro sapere agli studenti), il Budo (o Gendai Budo = via marziale moderna) deriva più o meno direttamente dal Bujutsu (o Koryu Bujutsu = arte marziale tradizionale), almeno dal punto di vista tecnico. Il Kenjutsu è diventato Kendo, l’Aikijutsu è diventato Aikido, e così via.
Stiamo qui contrapponendo sistemi vecchi a sistemi nuovi. Il Bujutsu è in realtà l’ancestrale disciplina del combattimento: puramente pratica, diretta e mortale. E’ dunque importante avere ben chiaro che la nozione di difesa personale è intrinseca nel Bujutsu. Il carattere Bu è in realtà composto da due parole: lancia e interruzione. Quindi il Bujutsu è più che altro un metodo per difendersi piuttosto che attaccare un altro uomo. Da essere sinceri, i praticanti di Bujutsu ricevevano anche insegnamenti morali, ma venivano da studi separati di Confucianesimo e altre filosofie. La filosofia non faceva certo parte, a quel tempo, dell’educazione marziale.
Spero che gli specialisti di arti marziali tra i lettori mi perdonino per aver sottolineato l’ovvio, ma era necessario abbattere il mito del Budo “tradizionale”. Tutti i Budo sono stati creati tra il diciannovesimo ed il ventesimo secolo, quindi non c’è nulla di veramente tradizionale nel praticare un Budo, mi spiace per i sedicenti samurai…
I Budo furono creati dopo che divenne chiaro che le discipline marziali tradizionali dovevano cambiare se volevano sopravvivere. A quel tempo, il Bujutsu non era più pertinente in senso pratico, a causa dei progressi sociali e tecnologici così come delle pressioni politiche. Dallo smantellamento della classe guerriera durante la restaurazione Meiji fino agli anni del dopoguerra, quando le discipline di combattimento erano proprio proibite, per le arti marziali è stata dura trovare una giustificazione per la loro esistenza. Alcuni visionari invece pensarono che il valore educativo della pratica di un’arte marziale non doveva andare perso e crearono quindi il Budo a partire dal Bujutsu. Studiando gli scritti dei fondatori dei Budo maggiori, Jigoro Kano (1), Morihei Ueshiba (2) e Ginchin Funakoshi (3), restano pochi dubbi riguardo il vero scopo per cui sono state create queste discipline.
Sebbene il termine Budo sia alquanto recente, il processo di demilitarizzazione della società giapponese e l’indebolimento delle tecniche marziali sono molto più recenti. Probabilmente tutto era cominciato a partire dal sedicesimo secolo, quando lo shogunato dal pugno di ferro dei Tokugawa prese il potere in Giappone e mise fine a secoli di costante guerra civile. I Bushi (guerrieri) divennero samurai (servitori civili) e le tecniche che una volte si usavano in combattimento vennero rifinite e complessizzate per un uso più rado e principalmente urbano. In realtà l’ideologia del Bushido (la via del guerriero), prese forse piede dal fatto che il samurai non aveva molto da fare (niente più guerre da combattere) ed un sacco di tempo da ammazzare (il loro grado non gli permetteva di esercitare altre professioni). Quindi riuscivano a vivere più a lungo non venendo uccisi in guerra nel fiore degli anni, e probabilmente divennero più saggi con l’età… Di conseguenza, si sforzavano di giustificare le loro capacità pressoché inutili associandole ad una filosofia di vita e ad attributi morali. E’ interessante notare che la parola Bushido è una invenzione molto recente (4), sebbene la sua filosofia sia stata sviluppata e glorificata per lungo tempo negli scritti di autori come Tsunetomo (5) o Musashi (6), tra i più influenti.
Ora che comprendiamo le origini del Budo, possiamo cominciare ad afferrare cosa significhi oggi. Al contrario di ciò che molta gente crede, il Budo non è un sistema di autodifesa ma è un sistema educativo. Il Budoka (il praticante di Budo) impara i valori morali del rispetto, della pace, dell’umiltà, ecc. attraverso il perfezionamento di una coreografia marziale. Quindi è molto importante capire che l’efficacia non è l’obiettivo primario di studio nel Budo. Infatti, in molti casi, l’efficienza della tecnica è stata volontariamente diminuita per ridurre il rischio di danni fisici durante gli allenamenti e per aumentare i benefici su mente e corpo. Ad esempio, le tecniche di Budo sono spesso usate per “aprire” il corpo del praticante, mentre approcci più antichi e pratici portavano a posture più “chiuse” o compatte. I vantaggi del Bujutsu servono alla sopravvivenza, mentre i benefici del Budo sono per la vita.
Per concludere, vorrei chiarire che le tecniche insegnate nel Budo sono ovviamente sempre delle tecniche marziali ad hanno conservato un loro grado di efficacia. Alcune scuole di Budo sono anche maggiormente focalizzate sull’efficacia di altre e non sarebbe ragionevole dire che tutti i Budo non sono efficaci in combattimento. Spero comunque di aver chiarito che per definizione è inutile comparare un Budo ad un’altra arte marziale in termini di efficacia marziale. L’efficacia non è la priorità di una pratica di Budo più che trentennale. Se qualcuno volesse imparare qualcosa di principalmente pratico, che sia un sistema di combattimento efficace o uno di autodifesa, suggerirei di rivolgersi al Koryu Bujutsu (se si vuole rimanere nell’ambito delle discipline giapponesi, ovviamente). Notate comunque che se i Budo non sono tecniche di combattimento, essi non sono neanche degli sport. Le arti marziali non cessano mai di evolvere ed i Budo che oggi si evolvono verso discipline da competizione (Shiai) sono dette Kakutogi. Sfortunatamente, i benefici di miglioramento personale intrinseci dell’arte da cui provengono vengono persi strada facendo…
1 J. Kano, Journal of Health and Physical Education (1932); J. Kano, Kodokan judo. (Edizioni Mediterranee, 2005).
2 M. Ueshiba and K. Ueshiba, Budo: gli insegnamenti del fondatore dell’aikido. (Ed. Mediterranee, 2000); M. Ueshiba e J. Stevens, L’arte della pace. (Ed. mediterranee, 2004).
3 G. Funakoshi, Karate-do: Il mio stile di vita. (Ed. Mediterranee, 1999).
4 I. Nitobe, Bushido: the soul of Japan. (Kodansha International (JPN), 2002).
5 Y. Tsunetomo, Hagakure: il libro segreto dei samurai. (Mondadori, 2009).
6 M. Miyamoto, Il libro dei cinque anelli. (Mondadori, 1998).
Articolo di Guillaume Erard pubblicato in inglese su GuillaumeErard.com
Traduzione a cura di Pasquale Robustini