La Musica è sempre stata fondamentale per me. E’ l’unica forma d’arte che mi prende da dentro e che scuote il mio essere. O almeno è l’unica con cui sono davvero in contatto profondo. Non ho mai creato musica. Forse non mi ritengo all’altezza, forse perché ho sempre l’impressione che quello che verrebbe fuori da me mi piacerebbe comunque meno di quello che ascolto. Suono la chitarra in un gruppo che fa cover di brani rock di vari autori. Fin da bambino cantavo imparando i testi a memoria dalla radio. Il primo che ricordo è Tanto pe’ Canta’ di Nino Manfredi. Non andavo ancora a scuola. Del primo anno di scuola ricordo che mettevo in continuazione il disco Azzurro di Adriano Celentano su una fonovaligia di uno zio. Qualche anno dopo cantavo persino Rumore di Raffaella Carrà. Questo è quanto radio e TV propinavano all’epoca. I miei non erano molto musicali, non ascoltavano niente in particolare. Avevo solo la Hit Parade della radio ed era quasi tutta musica melodica italiana. Quello c’era e quello cantavo. Immediatamente mia sorella, più piccola di due anni, seguì le mie orme.
Il chitarrista della domenica
Chiunque può comprare un chitarra, darsi un po’ da fare (basterebbe Youtube), prendere qualche lezione o consiglio da chi già suona e poi dire “suono la chitarra”. Io ho fatto così. Uno zio ha dato la sua chitarra a me e mie sorella quando avevamo rispettivamente 11 e 9 anni. Abbiamo sperimentato in base ai primi accordi fornitici dallo zio stesso. E siamo andati avanti. Io in particolare mi sono focalizzato sul ruolo di chitarrista, imparando anche degli assoli. Poi quando avevo 16 anni è arrivata la chitarra elettrica ed attorno ai 20 anni avevamo un gruppetto con cui replicare le canzoni dei nostri beniamini nelle sale prova. Quando si dice “io suono la chitarra” non significa molto. Io l’ho sempre detto di me stesso ma che significa davvero? La suono da solo? In un gruppo? Mi esibisco pubblicamente o suono a casa seduto sul divano? Anche un professionista può affermare “io suono la chitarra”. Basta un professionista di piccolissimo calibro ad umiliare uno come me che suona nel tempo libero. Ma esistono anche non professionisti con una tecnica micidiale. La stragrande maggioranza non è diventata famosa, neanche quelli che ci guadagnano qualcosa, neanche quelli che vivono di chitarra.
Devo capire
Voglio capire perché adesso c’è questa feroce e scomposta opposizione al vaccino.
Dato che continuiamo a ripeterci che, con chi è contrario ai vaccini, non bisogna essere aggressivi, ma che occorre essere pacati, argomentando serenamente e cercando di spiegare, mi sforzerò di essere educato, ma non sono certo di riuscire nell’intento.
Se uno è “Bravo” a tenere il “Ritmo”…
Suono la chitarra da quando ero giovanissimo e un po’ di senso del ritmo ormai lo dovrei avere. Se estendiamo il concetto alla vita di tutti giorni, lo vedo un po’ come essere capaci di adattarsi alle situazioni in base quello che accade e a quali sono le nostre capacità. Insomma, essere “Bravo” a tenere il “Ritmo” della vita è sicuramente molto utile. A volte ci sono riuscito e mi sono adattato ai cambiamenti inaspettati, primo fra tutti la perdita del lavoro che tanto avevo sognato. Non è un segreto che i periodi della mia vita io li veda contrassegnati dalle automobili utilizzate in quel momento. Non sarà molto poetico legare i ricordi alle auto di famiglia ma io ho un’intera sezione di questo sito dedicata all’argomento. E l’ultima arrivata in famiglia porta il nome di un riconoscimento, come a dire che sono stato …Bravo.
23 novembre 1980
Per essere novembre inoltrato era una giornata piuttosto calda. Noi ragazzi e bambini giocavamo all’aperto, in cortile e nelle campagne circostanti. Era una splendida domenica d’autunno, soleggiata e fresca, ma non troppo. Nel pomeriggio ci fu la classica partitella di pallone in cortile. Il leggendario Super Santos era finito in un balcone del 2° piano e uno di noi aveva scavalcato dalla finestra delle scale per andarlo a recuperare, correndo un rischio che oggi, da genitore, mi farebbe accapponare la pelle. Ma nel tempo lo avevamo fatto un po’ tutti a turno: il cortile era circondato da balconi e terrazzi al piano terra, era inevitabile che il pallone finisse in uno di essi. A volte citofonavamo al proprietario per chiedere il favore di restituircelo, ma dato che spesso il pallone veniva sequestrato, o peggio tagliato in due con le forbici in un rito solenne a cui ci facevano assistere spietatamente, ci prendevamo il rischio di scavalcare prima che il proprietario se ne accorgesse. Quando andava male ricorrevamo ad un disperata colletta e correvamo a comprarne un’altro. In pratica rischiavamo una violazione di domicilio per evitare una appropriazione indebita. Ma quella domenica pomeriggio del 30 novembre 1980 il pallone era finito nel balcone di un nostro amico che non abitava più lì, l’appartamento del 2° piano era disabitato. Così qualcuno dovette andare a recuperarlo nonostante i circa 6 m di altezza…
Navigare tranquilli?
E’ un po’ che il mio lavoro è passato dal mondo delle scienze della terra a quello dell’informatica. L’argomento è sempre stato un mio interesse tanto che su queste pagine ne racconto anche un po’. Parlo della storia dei computer ma poco di Internet. La Rete è cambiata molto dai primi passi. Quando ho comprato il primo modem un sito internet lo avevano solo le grandi aziende, le università, i centri di ricerca. Era inimmaginabile quello che sarebbe successo nel giro di 20 anni. La posta elettronica sembrava un miracolo ed oggi è obsoleta. Siamo costantemente connessi per nostra stessa volontà e piacere. Ci sono stati forniti strumenti che man mano sono diventati d’uso comune ed indispensabili nella vita di tutti i giorni. Lo scopo è quello di poterci controllare meglio, influenzare le nostre scelte e il nostro pensiero e di catturare la nostra attenzione per lucrare su di essa.