Sono sempre stato assertore del fatto che il digitale, sebbene molto comodo per tante cose, ci costringe ad andare di corsa e a fruire superficialmente il prodotto o la forma d’arte. Ho sempre sostenuto su questo blog che il mio insistere nell’usare strumenti analogici quando posso è dovuto ad una necessità di riscoprire altri ritmi di tanto in tanto, più umani. Quindi mettere un disco in vinile per ascoltare musica consente un maggiore approfondimento, una fruizione più completa dell’opera d’arte (anche solo perché ci è impossibile saltare da un brano all’altro ad esempio, o estrarne una “playlist con un ordine diverso da come l’ha concepita l’artista). Ma acquistare nuovi dischi sta diventando molto costoso e quando penso che per comprare un disco dovrei spendere 2 o 3 mesi di abbonamento ad un servizio di streaming, anche io comincio a riflettere. Ne vale la pena nel 2023 insistere con l’analogico? Specie se non si naviga nell’oro?
E’ vero che un disco si acquista una volta ogni tanto e per un po’ si ascolta solo quello. Per questo si approfondisce la conoscenza dell’opera d’arte: pochi sono i dischi e quelli possiamo ascoltare. Un servizio di streaming ti mette a disposizione decine di milioni di brani e alla fine si perde più tempo a scegliere cosa ascoltare che ad ascoltare. A volta esiste anche la necessità di (ri)scoprire alcuni album e con un servizio di questo tipo è molto più semplice che acquistarne i dischi fisici. In questi casi la possibilità di scelta è davvero utile. Ad esempio, io suono la chitarra in un paio di gruppi cover e per studiare brani sparsi nei cataloghi di diversi artisti è impensabile comprare tutti i dischi in vinile che li contengono, si spenderebbe una fortuna ben superiore all’abbonamento annuale a un servizio di streaming. Anche l’utilizzo gratuito di YouTube consente facilmente questo tipo di ricerca e studio. Ma se entra in gioco l’alta fedeltà il discorso cambia.
Percorso del mio segnale analogico | Percorso del mio segnale digitale | |
Musica Liquida | Musica solida | |
Testina Shure M97HE Era IV con stilo incastonato, iperellittico, con stabilizzatore | Tidal HiFi – app in modalità esclusiva | Meccanica del lettore CD Cambridge Audio D500SE |
Giradischi Thorens TD160 con braccio originale e cavi OFC e connettore di massa | Macbook Pro 2011 – uscita ottica | |
Preamplificatore fono Lehmann Audio Black Cube Statement | Cavo digitale ottico consumer | |
Cavi di segnale TNT-Audio U-Byte | Convertitore Pro-Ject DacBox E | |
Amplificatore integrato Naim Nait 5i | ||
Diffusori TDL Studio 0.5 a linea di trasmissione |
Esistono pagine e pagine sui confronti tra fruizione digitale ed analogica, su quale sia il miglior supporto tra vinile e CD, ecc. Non sto qui a ripetere come e perché ma il punto è un altro: come è fatta la registrazione originale e come è stata remissata e masterizzata sul supporto finale. Se è fatta bene suona bene persino in formato mp3! Se poi vogliamo avere la ricostruzione stereofonica e la scena sonora 3D in larghezza e profondità per prima cosa abbiamo bisogno di una stanza adatta con un impianto stereo all’altezza. Poi la registrazione deve essere fatta a dovere altrimenti tutto è inutile. E spesso non è facile conoscere a priori la qualità della registrazione che stiamo per acquistare. Come ho già scritto, la musica di oggi è spesso registrata con livelli di compressione dinamica assurdi. Forse per il jazz e la classica è diverso ma il rock, il blues, il pop vengono registrati così, sfruttando anche la metà delle possibilità dinamiche di un disco in vinile che per via del limitato spessore delle pareti del solco ha sempre dovuto limitare per forza di cose la gamma dinamica. Il CD non ha questi limiti e neanche lo streaming online. Ma ormai è di moda comprimere molto più di quello che in passato era pur necessario; si crede e si percepisce che la musica compressa ed alzata di volume sia più facile da ascoltare (forse dal telefonino con gli auricolari è vero). Il risultato è che anche le recenti rimasterizzazioni di vecchie grandi opere rock suonino ben peggio degli originali anni 60 o 70 su vinile; e anche in modo molto evidente, solo che bisogna avere davvero un impianto Hifi per notarlo e chi ne ha ancora uno in casa a parte me?
E’ un po’ che ci rifletto su e la cosa mi ha trattenuto per un bel po’ dall’abbonarmi ad un servizio di streaming. I miei primi tentativi con questi servizi si erano arenati ad un primo confronto tra un vinile originale e lo streaming in Hifi della relativa rimasterizzaione moderna: non c’è partita, il vinile vince alla grande. Ma sottolineo che produzioni serie come alcuni marchi specializzati in jazz suonano davvero bene anche in streaming. Che fare allora? Molti giungono alla conclusione che lo streaming, il formato che va oggi per la maggiore, sia un ulteriore metodo di fruizione della musica da affiancare agli altri. E forse hanno ragione.
Le vendite ed i prezzi dei CD continuano a crollare, quelli dei vinili a salire. Il formato più fruito è quello dello streaming online ed è destinato a crescere. Apple, Tidal e Amazon offrono uno streaming Hifi a livello dello standard CD (musica non compressa campionata a 44,100 Hz e 16 bit) a circa 10 euro al mese. A lungo si è parlato dell’arrivo sul mercato l’offerta Hifi di Spotify, la piattaforma più usata. Non si sa se approfitterà della sua posizione di vantaggio per offrire l’Hifi a prezzo più alto (come Qobuz e Deezer). Ma invece di offrire l’HiFi hanno pensato di aumentare il normale abbonamento a 11 euro. Spendere ancora di più per lo streaming a standard superiori a quelli del CD non è secondo me sempre conveniente. Per sentire la differenza con la “qualità CD” serve un impianto digitale di grosso impegno. Lo streaming ha i suoi problemi, non è ancora al livello tale da permettere di discernere evidentemente la maggiore qualità di un file a 24 bit e 196mila Hz. Se fosse salvato correttamente su disco sarebbe meglio, ma anche così la sua corretta riproduzione non è cosa immediata (ci vuole un computer correttamente configurato solo per suonare file, con i driver essenziali, assenza di ventole, processore dedicato, sistema operativo ottimizzato – non è uno scherzo).
Quindi correre dietro alle alte risoluzioni digitali quando la musica si ascolta in mobilità, col telefonino e gli auricolari è come sparare a una mosca col fucile. Un impianto Hifi serio fa uso di un convertitore digitale analogico di costo (e dimensioni) considerevoli rispetto a quello miniaturizzato nei telefonini. Come può il convertitore incluso nel telefonino trasformare accuratamente il flusso digitale in suono in modo paragonabile? Ancor più se abbiamo auricolari o cuffie senza fili che utilizzano la connessione bluetooth? Non è compatibile con l’alta risoluzione, neanche al livello di quella del CD, ha un bitrate inferiore. In pratica pagheresti per musica ad alta risoluzione ma il bluetooth te la riporterebbe a musica compressa.
Lo standard del CD stabilito da Philips e Sony era una campionamento del segnale audio di 44100 volte al secondo. Ogni campione viene salvato con un numero binario di 16 bit. Questo per ognuno dei due canali stereo. Il flusso di bit che un sistema di codifica di un file audio trasferisce al secondo è il bitrate. Per il CD (la risoluzione minima considerabile Hifi) si ha:
44100 x 16 x 2 = 1411 kbit/s (o mbps)
Il problema dello streaming è che non sempre il protocollo di transcodifica usato risulta in una trasmissione “bit perfect”, priva di errori. La transcodifica del CD è detta PCM e non dovrebbe avere problemi. Gli errori possono essere quelli di lettura del laser dal disco in rotazione. Per questo è bene tenere il lettore su un piano rigido orizzontale, smorzarlo ed isolarlo dalle vibrazioni il più possibile. Per la musica liquida, ossia la riproduzione di un file da hard disc o memoria flash gli errori di lettura sono limitatissimi ma è poi il protocollo di transcodifica che può non essere all’altezza del PCM del CD (Tidal dovrebbe offrire streaming in PCM pare). Quindi è plausibile che le grandi aziende dello streaming in futuro lavoreranno per migliorare e/o imporre i loro codec. Per ora sembra che il sistema migliore in ambito Hifi sia suonare file ad alta risoluzione su sistemi Raspberry PI ottimizzati con sistema Linux dedicato alla musica (in poche parole, non con lo streaming online).
A questo punto ad un appassionato di alta fedeltà come me viene in mente: che me lo fa fare? Lavoro al PC tutto il giorno a configurare software ed a programmare. Finita la giornata di lavoro che faccio? Mi rilasso a configurare e programmare un altro PC per ascoltare la musica? No. Metto un vinile? Magari, ma comprarne di nuovi è costa un occhio della testa. Oggi il vinile fa figo, è cool, ed il mercato alza i prezzi che chi vuole essere cool con i dischi neri è disposto a pagare. Quelli come me che i dischi neri ce li hanno da 40 anni e li suonano con giradischi di 40 anni che si fanno beffe di qualunque giradischi moderno sotto i 1000 euro sono costretti a limitarne l’uso per motivi economici.
Il tanto bistrattato ed odiato CD (anche da me) alla fine suona ancora molto bene, i dischi costano davvero poco proprio grazie al fatto che vinili esosi e streaming lo hanno messo all’angolo. Si può approfittarne per comprare tanta musica a basso costo ed alta qualità sonora e rispolverare un formato tutto sommato ancora valido se fruito tramite un lettore serio e ben tarato. Un lettore CD relativamente moderno e blasonato in realtà suona da Dio, ma davvero meglio di un network player che ti metta in streaming Tidal o Qobuz Hifi, per via dei protocolli disponibili di trasmissione del bitrate ancora non all’altezza? Non lo so. Nel mio sistema il vecchio lettore Cambridge Audio D500SE utilizzato come trasporto connesso al Pro-Ject Dacmagic E è comparabile al Macbook che suona Tidal tramite l’uscita toslink connessa allo stesso convertitore. Ma bisogna configurare la app di Tidal in modalità “esclusiva”. Devo ammettere che anche rispetto al vinile la qualità dello streaming Hifi di incisioni comparabili è molto simile (ripeto, a meno di non comparare lo streaming di moderne rimasterizzazioni con gli album in vinile originali stampati quando era l’unico mezzo).
Un cavo ottico non è certo la cosa migliore per uscire in digitale da un Macintosh, sarebbe meglio uscire in USB ma non ho un tale ingresso nel DAC. D’altro canto la meccanica di lettura del mio Cambridge non è al 100% e già va benone. Cosa potrei ottenere se potessi permettermi il Naim CD 5 che andrebbe accostato al mio Nait 5i? Si trovano usati attorno ai 500 euro. Anche un Rega Planet o altri lettori di ottima qualità migliorerebbero notevolmente la mia musica “solida” digitale. Molti sostengono che un qualunque computer correttamente configurato suoni meglio di qualunque lettore CD. OK, lo streaming è conveniente, il modo di utilizzo è scomodo però: accendi il computer, connettilo, apri la app, seleziona l’album, ecc….. A meno di non trovare un Cocktail Audio che può sia suonare i CD che ripparli su hard disk interno e connettersi ai vari servizi di streaming. Lo X14 è attorno ai 650 euro, gli altri modelli costano nettamente di più. Non so se suonerebbe meglio di un lettore Naim ma fa un po’ di tutto e sarebbe la soluzione ideale.
Sarà, ma forse per essere uno che suona ancora i vinili non sono forse ancora pronto a liquefare il tutto via ADSL e abbandonare i supporti fisici. Prediligo i dischi in vinile, ovvio, ma a quel costo può andar bene un CD. Lo streaming via USB (mi basterebbe aggiornare il DAC al Pro-Jext DacBox S) potrebbe raggiungere una qualità considerevole ed al momento l’unica scelta che mi sembra plausibile è quella di Tidal HiFi a 10 euro al mese, l’offerta più economica in qualità audio seria. Anche Apple Music ed Amazon offono la stessa qualità allo stesso prezzo ma il mio vecchio MacBook Pro non può installare la app di Apple Music (qualunque vecchio PC con Windows può), quindi resta fuori. Amazon non mi convince come fornitore di musica, fa già abbastanza troppo di per sé.
Tidal è il servizio di streming che paga meglio gli autori. E’ sempre una miseria rispetto agli introiti delle vendite di supporti fisici ma è comunque molto meglio di Spotify e compagnia bella. Quindi Tidal Hifi per scoprire nuova musica e per asoltare in libertà, in auto, in mobilità. E va molto bene anche da computer attraverso l’impianto Hifi finché non potrò permettermi un buono streamer. Per il resto ci sono i supporti fisici quando apprezzo davvero un autore e voglio supportarlo meglio. La realtà delle vergognose tariffe pagate agli artisti dai servizi di streaming mi fa pensare a quento futuro possa avere questo sistema prima che gli artisti si stufino e comincino ad abbandonarli. Sono comodissimi ma non mi convincono. Proverò a tenere Tidal HiFi ma non mi libererò della parte analogica del mio sistema…