Non so come sia potuto succedere ma anche io sono arrivato in un battibaleno a 60 anni. Fa impressione solo scriverlo qui. Una bella età, nel senso che gli anni non sono pochi e per certi versi si sente; per altri non mi sembra di averli davvero. Sarà che continuo a strimpellare allegramente? Penso di sì, anche per quello. E forse perché ancora alimento i sogni, il sale della vita. Fin da giovanissimo ho sempre sognato di avere una Fender Stratocaster. Come è accaduto per molti, il mio idolo chitarrista ne utilizzava una ed è così che ho conosciuto il celebre modello di chitarra elettrica nato in California negli anni 50. La prima Stratocaster che ho avuto è stata una imitazione piuttosto economica, regalatami a 15 anni dai miei genitori. È tuttora il regalo più bello che io abbia mai ricevuto. La prima chitarra non si scorda mai e, sebbene fosse ridotta male, costruita con materiali di bassa qualità, fatta eccezione per gli ottimi pick-up della Di Marzio, ne ho un ricordo affezionatissimo e maledico il giorno in cui l’ho data via.
Parecchi anni dopo, lavorando in un negozio di strumenti musicali, ho avuto l’opportunità di comprare una vera Fender Stratocaster. Il negozio era a quei tempi l’importatore italiano del nuovo marchio Paul Reed Smith. Tutti erano eccitatissimi per l’altissima qualità delle loro chitarre, costruite a mano negli Stati Uniti con legni prelevati da foreste selezionate. Mi spinsero a provarne una e confrontarla con una Stratocaster. Ci rimasi malissimo, la PRS vinceva a mani basse. Tutta un’altra sensazione fisica di contatto con lo strumento.
Ho tenuto per moltissimi anni quella Paul Reed Smith, orgogliosamente, ma ormai suonavo molto poco. Raramente nel corso di un anno la tiravo fuori dalla custodia e mi divertivo un po’, a volte suonando dietro ai dischi, a volte tra me e me.
Ma qualche anno fa successe che persi il lavoro per cui avevo tanto lottato. Avevo da poco passato i cinquant’anni ed ero fortemente preoccupato dalle possibilità di uno della mia età di trovare un nuovo lavoro nel nostro paese. Fu però occasione di riprendere a suonare in un gruppo che da qualche mese mi invitava ad unirmi alle loro prove. Preparare la mia PRS per tornare di nuovo a suonare in un gruppo mi fece stravolgere completamente. La vecchia passione è tornata violentemente a galla, irresistibile. Quasi non me lo aspettavo. Riprendere a suonare seriamente, più o meno, ha fatto in modo che potessi mantenere l’equilibrio psicologico in un periodo di transizione così delicato. Suonando ho conosciuto la persona che poi mi ha dato un nuovo lavoro. E questo è già un bilancio molto positivo. Ma per l’occasione decisi di tentare la sorte e provare ad acquistare la mia prima vera Fender Stratocaster. L’unico modo sarebbe stato però vendere la PRS. il suo valore era diventato piuttosto alto negli anni. Riuscii a venderla rapidamente ad una cifra tale per cui potei acquistare una Stratocaster, un’amplificatore e qualche pedale.
Trovai un modello di costruzione messicana, replica della Stratocaster del 1956 in quanto prodotto nel 2006 per il 60º anniversario di quel tipo di Stratocaster. La trovai usata da un liutaio per 550 €. La chitarra era in ottimo stato e negli anni ho apportato diverse migliorie tra cui le meccaniche e le sellette del ponte. E’ una chitarra molto buona, non c’è dubbio. Qualche tempo fa la portai a far regolare da una persona che mi avevano presentato da poco. Da non molto si cimentava nella costruzione di chitarre che a detta di diversi musicisti locali e di professionisti del settore erano di una qualità davvero elevata. La prima volta che portai da lui a regolare la mia Stratocaster, mi prestò una delle sue per non lasciarmi senza uno strumento per le prove. Rimasi allibito al solo tocco di questa chitarra, la qualità elevata era palese. Forse era la sensazione, ormai lontana, che avevo provato nel confrontare la mia vecchia PRS con una Stratocaster. La Fender, pur producendo ottimi strumenti, non può mettere la cura di un liutaio che lavora col cuore su ogni singolo strumento. Forse accadeva nel vecchio laboratorio di Leo Fender nei primi anni. Le chitarre di quell’epoca hanno una valore insetimabilee sicuramente trasmettono questo tipo di sensazioni. La Fender ora è una grande azienda, deve produrre in massa per forza di cose. Non può essere la stessa cosa. Alla fine uno può lavorare su uno strumento acquistato in negozio, prodotto in serie, per fargli raggiungere le prestazioni e la qualità desiderate. Ma una chitarra di liuteria, cosiddetta “professionale“, è un altro mondo. Non lo sapevo, e l’ho scoperto così, per caso. Non riuscivo a staccarmi da quella chitarra, era come se mi chiamasse per farsi suonare. Sentivo il contatto con il legno, con qualcosa di vivo, vibrante, una sensazione completamente nuova. La mia povera Fender Stratocaster originale mi dava un po’ l’impressione del contatto con un giocattolo di plastica; con tutto l’affetto, è una bella chitarra, ma l’altra era decisamente superiore. Ovviamente la qualità si paga e una chitarra di questo tipo era per me comunque inavvicinabile.
Ma poi sono arrivati i 60 anni e mia moglie ha pensato che il regalo ideale per un traguardo così importante dovesse essere quella chitarra elettrica. Non sono un collezionista di chitarre, ne ho sempre avuta solo una elettrica ed una acustica: lo stretto necessario che mi serve per suonare. Esibendomi anche se raramente dal vivo, una chitarra di riserva è sempre opportuna, nel caso si rompesse una corda o altro. Pensavo ad una chitarra un po’ diversa dalla mia attuale Stratocaster, ma che fosse economica per fungere appunto semplicemente da chitarra di riserva.
È stata sempre un’idea di mia moglie quella di trovare un modo per riuscire ad acquistare quella famosa chitarra che mi aveva così tanto attratto. L’idea fu di far fare una colletta agli amici e ai parenti per il mio 60º compleanno. Hanno partecipato anche ai miei genitori e mia sorella. E alla fine sono arrivato a una cifra che, sebbene lontana da quella necessaria, poteva essere comunque un grosso aiuto. Per lunghe settimane sono stato fortemente indeciso. Spendere così tanto per una chitarra, al mio livello tecnico e nella nostra situazione economica, mi sembrava una follia. Ma mia moglie insisteva che le follie ogni tanto dobbiamo tornare a farle, e che sessant’anni sono una cifra importante, che merita un regalo speciale. Ribattevo che con la cifra accumulata potevo comprare comunque un’altra chitarra della stessa tipologia, certo non di quella qualità, ma comunque adeguata a quello che mi serve. Mia moglie insisteva che dovremmo ogni tanto smettere di accontentarci, cercare la qualità piuttosto che il risparmio, visto che, come si dice, chi più spende meno spende. L’altro problema era che una chitarra di liuteria, autocostruita, costa molto per via dei materiali e della manifattura, ma non ha un grosso prezzo di rivendita, si potrebbe sperare di riuscire a venderla a un 10º o forse a un 20º del prezzo originale. Per questo molti consigliano una chitarra di marca, una Fender, così nel caso si cambiasse idea o fosse necessario la si può rivendere a un prezzo comparabile se non più alto a quello d’acquisto originale. Non riuscivo a decidere.
Così mi sono fatto prestare di nuovo la chitarra per una prova; qualche settimana prima ne avevo provata un’altra ancora, sempre fatta a mano dal mio amico. Spettacolare anch’essa. Poi è capitata una breve vacanza, era una vita che non osavamo, e siamo andati per qualche giorno a Londra. Sono entrato in un negozio di chitarre della celebre Denmark Street, vicino Covent Garden, e ho provato una Strato giapponese e una Fender Custom Shop. Neanche quest’ultima era all’altezza della qualità delle chitarre costruite dal mio amico. Nonostante ciò, avendola in casa e confrontandola direttamente con la mia, nei primi giorni quasi non mi sembrava giustificare la differenza di prezzo, non vedevo cosa potesse davvero mancare di importante alla mia economica Fender Stratocaster rispetto alla costosa Stratocaster di liuteria. Eppure non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso, e soprattutto le mani. Ho cominciato a suonarla sempre di più e man mano ci sono entrato in contatto sempre più profondamente. Uno strumento ti dà delle sensazioni particolari, ognuno è diverso, è una storia a sé stante. Avevo sempre sentito parlare del legame particolare che si crea fra un musicista (ok, nel mio caso sarebbe meglio dire strimpellatore) e il proprio strumento. Quando si trova questa unione è difficile poi separarsene. E così è successo anche a me. Alla fine ho deciso, mia moglie era contenta che finalmente avessi “capito“. Invece di accontentarmi ho puntato alla qualità. Il mio amico mi ha fatto un’offerta di pagamento dilazionato che mi permette senza troppe sofferenze di portarmi a casa uno strumento speciale, lo strumento della vita.
Quando ero ragazzo sognavo la Fender Stratocaster. I miei genitori non potevano permettersi di regalarmene una, ma fecero tutti gli sforzi per regalarmene una copia, perfettamente identica, di cui io mi innamorai follemente a prima vista. Da adulto e padre, in un periodo difficile della mia vita, ho acquistato la mia prima vera Fender Stratocaster. Quando sono andato a ritirarla ho voluto con me sia mio figlio che i miei genitori, in ricordo di quel bellissimo regalo che mi fecero quando ero ragazzo. Ora ho compiuto i sessant’anni, una svolta piuttosto avanzata della vita. I miei genitori, nonché mia sorella, mia moglie e mio figlio, hanno contribuito assieme ad alcuni amici all’acquisto della mia ultima Stratocaster. È sì, perché uno strumento di questa qualità non lo compri per poterlo poi un giorno rivendere o dar via, ma per suonarlo per sempre. La prima chitarra non si scorda mai, ma anche l’ultima è una grossa emozione…