Ero un felicissimo possessore di una reflex Nikon FE2 dal 2005 e non credevo si potesse avere di meglio in quel genere di fotocamera. Per un periodo pensai di procurarmi una professionale Nikon F3, molto bella, disegnata da Giugiaro, del costo anche doppio rispetto alle semi-professionali FE/FE2 nel mercato dell’usato. Ma presto scoprii che non avevo molto da invidiare ad i possessori di F3. Ero abituato all’uso di una meccanica Nikon manuale quale la FM che era stata in famiglia dalla metà degli anni 70, quindi ero molto affezionato a quel tipo di macchine. La FE2 aveva anche un minimo di automatismi che tornavano molto utili in certe occasioni e continuava ad essere così a buon mercato che pensai davvero di acquistare un corpo macchina di scorta. Avvenne mentre cercavo invece un obbiettivo “normale” per la FE2. Avevo già un Serie E 135 mm ed un 28 mm AI. Trovai un eccezionale 50 mm AI f/1.8 “attaccato” ad una Nikon FE alla modica cifra di 100e, più spedizione dalla Germania. Era stata usata da un fotografo tedesco, tenuta in modo impeccabile (anche l’obbiettivo). Il pulsante per sbloccare la ghiera delle sensibilità ISO rimaneva premuto; risolsi con un goccia di antiruggine. Per il resto è una macchina che, se non fosse per il valore affettivo della FE2, riterrei il corpo principale, visto che certe sue caratteristiche sono persino preferibili a quelel del modello che la aggiornò nel 1983. Come la sorella più giovane, la Nikon FE è una macchina indistruttibile, di grande precisione e versatilità. Potrebbe convenire comprarne anche un’altra per stare più tranquilli negli anni!
A cominciare dal 1977 con la macchina da amatore evoluto Nikon FM, ci fu una completa rivoluzione dell’intera linea SLR (Single Lens Reflex) della Nikon. Il nome originale dal 1917 era Nippon Kogaku (= Ottica Giapponese), divenne Nikon dal 1946 per l’unione con la parola Ikon, per riferimento all’omonima macchina della Zeiss; un altro omaggio alla casa tedesca è il nome degli obbiettivi Nikkor (per puro caso, nikko = luce del sole), che terminano in “r” come Tessar, Sonnar, Planar. Nikko era il nome originale del marchio che dal 1932 divenne il prestigioso Nikkor. Dal 1959 Nikon smise la produzione delle sue famose macchine a telemetro e si concentrò sulle SLR, definite come Nikon Serie F. Per 30 anni furono le macchine fotografiche più diffuse tra i professionisti e non, fino alla fine della produzione delle macchine a pellicola nel 2006 con l’ultima della serie, la Nikon F6, definita da alcuni la migliore macchina a pellicola mai costruita.
Gli anni 70 e 80 erano un’epoca di intensa competizione tra le maggiori case produttrici di macchine fotografiche SLR: Nikon, Canon, Pentax ed Olympus. Tra il 1975 ed il 1985 ci fu un deciso allontanamento dai corpi macchina meccanici manuali in metallo pesante verso corpi più compatti che integravano circuiti elettronici automatici. Inoltre, le varie marche si superavano l’un l’altra a ripetizione grazie alla continua evoluzione tecnologica che permetteva di aggiungere funzioni automatiche sempre più nuove. L’industra cercava di espandersi al di fuori del mercato saturo dei professionisti high-end rivolgendosi alla massa di fotografi amatoriali che non vedevano l’ora di elevarsi al di sopra delle compatte a telemetro ed entrare nel mercato delle più versatili macchine reflex, intimiditi però dalla complessità delle operazioni.
Sebbene la Nikon godesse di una stima estremamente elevata presso i fotografi professionisti grazie alla Nikon F2, questa era troppo pesante, costosa e complicata per la maggior parte degli amatori e dei principianti.
La Nikon scelse di adottare uno standard insolitamente alto per le sue reflex amatoriali. Della nuova serie Nikon F mantennero le parti in lega ad alta resistenza, gli ingranaggi metallici, i cuscinetti meccanici e i contatti elettrici placcati in oro, il tutto con tolleranze precisissime e per la maggior parte assemblato a mano. Come risultato, la Nikon FE resisteva in condizioni in cui tutte le altre reflex amatoriali della concorrenza avrebbero ceduto. Un prezzo più alto era considerato accettabile vista l’impressionante durabilità.
La Nikon FE aveva un design conservativo rispetto alle sue concorrenti. Può essere descritta come una gemella della Nikon FM meccanica con l’aggiunta dell’elettronica di precisione. Le sue radici erano rivelate dalla sua capacità di funzionare senza batterie, sebbene in forma piuttosto limitata: controllo manuale completamente meccanico, senza esposimetro, con solo due velocità dell’otturatore disponibili: 1/90esimo di secondo, descritto come M90 e la posa B (= Bulb, in cui l’otturatore rimane aperto finché schiacciamo il pulsante di scatto).
Le caratteristiche della FE, volutamente limitate ma molto ben ingegnate, non miravano ad attrarre fotografi occasionali privi di interesse verso velocità di scatto e apertura. Alla Nikon erano convinti che i fotografi amatoriali avanzati non fossero attratti dal miraggio dell’automatismo spinto, ma che piuttosto preferissero la qualità e la precisione più alte possibili.
La Nikon FE vendette bene, anche se non quanto le più popolari ed economiche (anche nella costruzione) reflex ad esposizione automatica del tempo, come la Canon AE-1 (uscita nel 1976) o la Minolta XD7. Il suo design e le sue funzioni erano più simili a delle entusiasmanti contemporanee come la Leica R3. Il tempo ha dato ragione alla scelta della Nikon di preferire la semplicità ai gadget, facendo della FE una macchina forte ed affidabile ancora oggi, tutt’ora ritenuta una delle migliori SLR della sua generazione ed un’ottima occasione nel mercato dell’usato.
All’epoca della sua uscita sul mercato i fotografi inorridivano al pensiero di una macchina che facesse uso dell’elettronica. La storia ha poi dimostrato che la FE ha la stessa affidabilità di qualunque altra Nikon meccanica. Le batterie durano una vita e un’apposita spia avverte con largo anticipo dell’avvenuto esaurimento. Per il resto offre tutto ciò che si può desiderare a parte l’autofocus (spinto molto da Canon con la serie EOS dal 1987) e l’esposizione matrix (nata dalla Nikon FA nel 1983).
La compatibilità con le lenti è pressocché totale (pochissime eccezioni): la Nikon FE può montare tutte le lenti che la Nikon ha costruito a partire dal 1959. Le moderne lenti della serie G possono dare problemi perché vanno usate solo alla minima apertura e senza esposimetro (G = “Gelded”, non hanno la ghiera delle aperture perché nelle moderne macchine è il corpo, non l’obbiettivo a controllare l’apertura del diaframma). Per il resto, tutti gli obbiettivi AF (autofocus) funzionano benissimo ma vanno regolati a mano. Il bello è che la Nikon ha prodotto una serie molto più completa di obbiettivi manuali che AF (come anticipato, fu la Canon a spingere molto sull’autofocus). Gli obbiettivi Nikon più luminosi (e anche quelli più lunghi) sono ancora oggi manuali.
A parte l’ergonomia (chi è abituato alle moderne macchine in lega di magnesio con impugnatura la potrebbe trovare scomoda), l’unico vero problema è leggere l’esposizione in condizione di scarsa illuminazione: la FE ha due lancette per la misura dell’esposizione, una è ferma sulla posizione del tempo di scatto selezionato, l’altra che va collocata su di essa regolando l’apertura per ottenere la giusta esposizione. Il mirino della FE non è illuminato, quindi con poca luce non si vedono bene le lancette. D’altro canto il sistema a lancette è nettamente superiore per precisione a quello del display a led digitali. Scorrendo nell’inquadratura si legge immediatamente e con estrema precisione la variazione dell’esposizione. Nessun display digitale (presente già sulla F3 e sulla FA) è in grado di fare altrettanto.
La semplicità d’uso rispetto a macchine elettroniche più moderne, con pulsanti e menu, è disarmante. Si tratta di maneggiare piacevolmente delle rondelle metalliche che danno la sensazione di estrema precisione ed affidabilità; e non è solo una sensazione… Inoltre fanno solo quello che serve, niente di più.Ad esempio, la rondella a destra del prisma seleziona i tempi di scatto e basta. Fa scatti di 1 stop, da 8 secondi a 1/1000. La si può posizionare su “Auto” per lasciare alla FE il compito di calcolare il tempo di scatto in base all’apertura che abbiamo scelto. La FE lo fa senza soluzione di continuità, qualunque sia il valore adatto secondo l’esposimetro, con una precisione impressionante di parecchie cifre dopo la virgola, da tempi di più di un’ora a 1/4000 di secondo, tempo che manualmente non si può impostare se non su macchine appena più moderne come la FE2 o la FA. Va però detto che tempi così brevi non sono utili a molto (oltre che a consumare le batterie), visto che quasi tutti i movimenti dell’essere umano si “bloccano” già a 1/250 di secondo…Un’altra opzione di questa rondella è segnata come M90. Sta per “Manual” 1/90 di secondo: se le batterie finiscono è l’unica scelta che abbiamo come tempo di scatto e dobbiamo regolare di conseguenza l’apertura senza l’aiuto dell’esposimetro (basta considerare che, se stiamo usando una pellicola da 100 ISO e siamo in piena luce del giorno, l’apertura “buona” è f/16; al cambiare delle condizioni di luce e della sensibilità ISO della pellicola, ci si adatta di conseguenza…). Comunque la FE, diversamente dalla successiva FE2, ha una spia per il controllo delle batterie. Muovendo una piccola levetta verso il basso si accende una luce rossa se le batterie sono a posto. Quando la luce diventa fioca vuol dire che vanno cambiate. E abbiamo abbastanza tempo, magari anche giorni, prima di ritrovarci costretti all’uso della posizione M90 su descritta.
Fonti
|
RisorseIl manuale della Nikon FE
Riparazioni: MPR F.LLI ROSSI – www.mprrossi.it |