Intervista a Minoru Inaba (2000)

inaba_hitori02Minoru Inaba è il maggiore esponente odierno del Kashima Shin Ryu Kenjutsu, lo stile di spada giapponese studiato da molti allievi di Morihei Ueshiba, tra cui Seigo Yamaguchi. Tramite i grandi maestri francesi il Kashima è studiato molto in alcune scuole di Aikido anche in Italia, anche se appositamente adattato allo studio dell’Aikido. Il maestro Inaba studiò Aikido da Seigo Yamaguchi e lo insegna oggi affianco al Kenjutsu ai suoi allievi. Un’intervista che aiuta a capire il legame tra le due discipline e perché l’Aikiken di Christian Tissier sia una diretta derivazione del Kashima Shin Ryu (ndr).
AJ: L’Aikido non ha gare agonistiche, quindi qual è lo scopo dell’allenamento? Come decidiamo l’obbiettivo?
Inaba Sensei: fu il Maestro Morihei Ueshiba a suggerirlo, l’Aikido non doveva avere competizioni. Una spiegazione potrebbe essere che non vogliamo che ci sia un campione o un “numero uno”. E’ più importante che ciascuno raggiunga il proprio livello più alto.
Ma a pensarci meglio, forse non è questa la vera ragione. Le vere arti marziali non si preoccupano di vittoria o sconfitta, ma del tipo di combattimento che ognuno di noi può fare. Molto tempo fa, se si perdeva una competizione la cosa era molto vergognosa, si trattava di vincere o morire. Questo era particolarmente vero nei combattimenti con la spada. Ora forse lo è con le armi da fuoco; come si combatte contro un’arma da fuoco?
Mi chiedo quanto sarebbero efficaci le arti marziali ”sportive” in un vero combattimento. Negli sport si decide prima dove e quando combattere. Ma se vinci quanto questo influenzerà la vita di tutti i giorni? Non si può dire se sia davevro meglio o peggio avere delle competizioni o no. Al limite si potrebbe dire che sono un’attività sportiva divertente.
Penso di essere d’accordo con l’evitare le competizioni in Aikido. Se abbiamo una gara in un certo giorno, in un certo posto ad una certa ora, ci prepariamo per quella gara, ma nella vita reale non sappiamo quando dovremo combattere per la sopravvivenza. Se ci si prepara per una gara, a volte si rischia di dimenticare che la vita è imprevedibile.
Anche se non ci si prepara a competizioni, bisognerebbe sempre sentirsi in ogni momento come se dovessimo andare in gara. E’ importante mantenere questo atteggiamento. Questo è tipico dello spirito marziale. Se ci abituiamo a pensare che siamo sempre sul campo di battaglia, saremo sempre pronti.
Organizzando competizioni si dimentica questa sensazione. Detto questo, credo che a volte le gare in certe situazioni funzionino. Per farne esperienza va bene qualunque sport. Potrebbe essere quello che vogliamo davvero fare, ma c’è un importante rovescio della medaglia nella competizione. Nel Kendo moderno si portano delle armature e gli atleti si muovono molto bene con esse. Ma senza di esse a volte non riescono nemmeno afar nulla. Se avessero spade di legno o spade vere non credo riuscirebbero a combattere.
Il rovescio della medaglia di non avere competizioni è che si perde la tensione associata alla gara. Persa quella bisognerebbe però provare a riportare la stessa sensazione nell’allenamento di Aikido.
Quelli preoccupati di non avere gare in Aikido sono quelli per cui l’Aikido è tutto. Il Samurai giapponese sapeva bene che una sola tecnica non era abbastanza per il campo di battaglia. Bisognava conoscerne almeno tre o quattro. Nelle vere arti marziali non esiste la parola abbastanza.
Una battaglia non ha regole. Se non hai una spada devi combattere senza. Magari qualcuno ti sparerà da lontano; non si può mica dire “per favore combattiamo con le regole dell’Aikido, io ho studiato quello!”

Lei ha detto che in una battaglia reale non si può essere puntigliosi su particolari regole od una particolare arte marziale.
Le tecniche delle arti marziali sono strumenti di combattimento. Bisogna sapere che un attacco non ha dei limiti. Pensiamo ad una battaglia reale. In battaglia lo scopo è di sopraffare la potenza dell’avversario. Anche se perdiamo il combattimento ma abbiamo ancora lo spirito combattivo, il nostro avversario continuerà a combattere. Lo scopo di un combattimento è quello di conquistare lo spirito combattivo dell’avversario. Non è così che pratichiamo l’Aikido? Utilizziamo delle tecniche finché l’avversario non si arrende. Quando l’avversario perde lo spirito combattivo allora la battaglia è finita. ma a volte alcuni non lo perdono mai. Sono gli yusha (persone coraggiose). E’ per questo che in battaglia si uccide qualcuno o si muore. Uccidere qualcuno senza che ce ne sia la necessità è molto grave. Se l’avversario perde lo spirito combattvo e si arrende, la via delle arti marziali giapponesi è di fermare la battaglia.
A volte nelle antiche battaglie giapponesi, alcuni dichiaravano di arrendersi ma poi attaccavano l’avversario e lo sconfiggevano. Poi nella storia del Giappone le regole sono cambiate in modo naturale, sviluppando la fiducia tra avversari.
I Samurai venivano dalle stesse radici. A volte dovevano combattersi, ma sapevano di essere simili e quindi rispettavano lo spirito combattivo di ciascun altro. Questa situazione creava un certo tipo di combattimenti. Queste sono le radici del “Bushido”. Credo che questa sensazione rimanga ancora oggi nelle arti marziali.
Quando perdiamo, come trattiamo noi stessi?
Bisogna conoscere la differenza tra Jutsu e Do. Do ha a che fare con il nostro stile di vita. Jutsu è la tecnica di combattimento. Non si può prendere sul serio solo il Jutsu. Quando si scopre il Do, allora si può trovare anche il Jutsu. Lo si vede chiaramente. Potrete anche scoprire il modo in cui potrete allenarvi. Troverete qualcosa che vi interessa e lo prenderete sul serio. Nel momento che avrete trovato quello che vi interessa, vedrete chiaramente la via marziale. Capirete molte cose più chiaramente – le persone, la società, ecc. Facendo così otterrete un equilibrio tra Jutsu e Do. Se non capite queste basi fondamentali delle arti mariziali, non potete neanche parlarne. Oggi il Budo è molto diffuso nei paesi occidentali, ma il termine “arti marziali” è inteso solo come “tecnica”. Ma questo è solo la metà del significato della parola “Budo”.
Se poi la parola “Budo” diventa popolare ovunque, la gente ne capirà solo la metà del significato.
La premessa del Budo è che ogni cosa che vive alla fine morirà. Capirete che avendo una vita limitata dovremo pensar bene a come utilizzarla. Abbiamo circa 30 anni per fare qualcosa di buono nella nostra vita e metà del tempo lo passiamo dormendo. Poi dobbiamo anche pensare a mangiare, ecc. Quindi quanto tempo ci resta per creare una vita pura? Il tempo è limitato. Se non ci si pensa seriamente si rischia di sprecare la nostra vita.
Il mio tempo è molto importante. Prima bisogna convincersi di questo, poi si può pensare a cos’è l’Aikido. Se credete che non sia importante dovreste smettere e cercare qualcos’altro, qualcosa che sia importante per voi.
Se cercate il vero significato dell’Aikido e cercate un insegnante, una volta trovata la persona giusta dovrete lavorare duramente per il vostro obbiettivo. Non siate ambivalenti, allenatevi seriamente. se non lo fate sprecate solo tempo.
In Aikido non ci sono gare. Come stabiliamo gli scopi dell’allenamento?
Si, non abbiamo gare. E’ stata un’idea di Morihei Ueshiba. Una spiegazione è che in Aikido non vogliamo campionati e “numeri uno”. Più che lottare per diventare il “migliore”, l’enfasi è sull’automigliramento e il raggiungimento del pieno potenziale umano. E questo è un discorso.
A livello più profondo, non penso che l’assenza di competizione sia per non avere un “numero uno”. La cosa importante nella battaglia della vita è che tipo di combattimento possiamo portare avanti.
Come è stato i lsuo primo incontro con le arti marziali?

Il famoso Maestro del Kashima Shin-ryu Michiyuki Kunii

inaba_kuniiPenso sia stato quando vidi per la prima volta la spada del Maestro Michiyuki Kunii del Kashima Shin-ryu. All’inizio, anche se ero iscritto al suo dojo, non riuscivo a farmi insegnare niente da lui. Un giorno di pioggia non c’era nessuno, solo io e lui. Mi disse “Prendi una spada”, e mi fece una lezione molto dettagliata. Quando cercai di colpirlo con un kesagiri, sentii che il momento che aspettavo da tempo era arrivato e provai pura comprensione dall’interno del mio corpo. Credo che la spada abbia qualcosa che ci ricorda dello spirito giapponese.
Poco prima che ciò accadesse, avevo cominciato ad allenarmi all’Hombu Dojo dell’Aikikai. C’era un insegnante diverso ogni giorno. Non mi fissavo su un solo maestro, ma ogni tanto Morihei Ueshiba veniva a parlarci. Ho imparato molto da lui.
Uno studente veterano del maestro Ueshiba, il Maestro Seigo Yamaguchi, aveva dei movimenti molto morbidi. Era molto popolare per i suoi movimenti fluidi ed eleganti. Presi delle lezioni individuali e studiai i suoi movimenti e le sue idee. Così la mia mente e il mio corpo erano pronti per studiare col Maestro Kunii. A quel punto le mie sensazioni e il mio timing erano perfetti e fu per questo che riuscii a sviluppare quella comprensione profonda.
Quando cominciò a studiare all’Aikikai di Tokyo?
Alla fine del 1962, a dicembre del mio terzo anno di scuola superiore.
Ho praticato nuoto fino alle scuole medie e non ho fatto più nulla fino alle superiori. Non mi sentivo in gran forma e volevo recuperare. Avevo un amico che viveva vicino all’Aikikai a Shinjuku che mi invitò ad andare insieme. Ci andai quindi solo per curiosità.
Praticavo lì due o tre volte a settimana ma non seriamente. Feci conoscenza con Kazushige Shimada. Aveva una vasta conoscenza del Budo.
Tramite lui ebbi modo di conoscere molta altra gente e divenni più serio nel mio impegno in Aikido. Shimada conosceva la vera essenza delle arti marziali e mi disse che se volevo studiare Aikido, Yamaguchi era un il maestro da scegliere. Fu lui a protarmi al dojo privato del Maestro Yamaguchi..
Mi disse anche che per la spada il Maestro Kunii era il migliore e avrei dovuto imparare da lui. Al dojo del Maestro Kunii ci andamma io, lui e il Maestro Shigeho Tanaka.
Che lavoro ha fatto dopo la laurea alla Meiji University?
Mio padre aveva una piccola compagnia che produceva strumenti per l’affilatura di metallo e legno. Ci si aspettava che prendessi il suo posto, perciò studiai ingegneria. Ma la cosa non mi interessava, non avrei potuto dare il meglio. Avevo già studiato Aikido e incontrato il Maestro Kunii. La sua personalità mi impressionò moltissimo ed ero ossessionato dallo stile di spada del Kenjutsu Kashima.
Shimada, il Maestro Tanaka ed io avevamo lettere di presentazione del filosofo shintoista Ashizu Sensei ed entrammo tutti al dojo del Maestro Kunii Sensei. Questi aveva molto rispetto del Maestro Ashizu e ci trattò molto bene. Morì un anno e mezzo dopo che ebbimo iniziato.
Il Maestro Kunii non era in buona salute. Ci pensavamo spesso quando andavamo al dojo e temevamo sempre che ogni giorno di allenamento sarebbe stato l’ultimo. Lasciai stare la scuola e lo studio e mi allenai soltanto. A volte capitava di avere esami o stage e di non poter andare al dojo del Maestro per un’intera settimana. Una volta mi mandò una lettera per sapere perché non ero andato. Pensavo spesso al mio Maestro che diventava sempre più debole e mi diventava sempre più difficile prendermi del tempo libero. Ci andavo quasi tutti i giorni.
Ecco perché ho finito per rinunciare al lavoro di famiglia per scegliere il Budo. Se avessi lavorato per mio padre non avrei potuto dare il massimo. On ero bravo con gli affari e il management. Parlai con il Maestro Ashizu e con Shimada del mio futuro lavorativo e mi dissero che se avessi scelto il Budo avrei dovuto conoscere il combattimento reale. Ma dissero anche che se avessi studiato all’estero avrei potuto rimanere ferito o morire, e tutto sarebbe finito lì. In Giappone avrei potuto entrare nella Polizia anti sommossa ed imparare qualcosa del combattimento reale. Così entrai subito in Polizia.
Mi feci esperienza durante i disordini del 1970 e ritenni che fosse abbastanza. Pensai di dover studiare poi lo spirito giapponese, quindi lo Shinto. Cominciai a collaborare con un settimanale dal nome “Jinja Shinpo.” Era piccolo ma era un opinion leader dell’epoca sullo spirito del Giappone. Ero l’autista/segretario/scrittore del Maestro Ashizu. Quello era il mio lavoro mentre studiavo Shinto.
Quando fu pronto lo Shiseikan Dojo (il dojo presso il tempio Meiji) insegnò lì?
Si, a cominciare dall’ottobre del 1973.
inaba_bujinzuDi solito si utilizzano le parole “budo” e”bujutsu” indifferentemente. Come potremmo distinguerle?
Guardando questa immagine (a sinistra) vedete le radici del Bu giapponese. Risale a prima della guerra. Il famoso artista giapponese Insho Domoto la donò a Kashihara Jingu. Ritrae un guerriero che potrebbe anche essere l’imperatore Jingu. Con la sua mano destra offre un albero e nell’altra ha un arco. Al suo fianco è una spada.
Il significato dell’immagine ha a che fare con “fare di Yamato (Giappone) una nazione prospera e assicurarsi la felicità ed il nutrimento per il suo popolo”. Questo è lo scopo dell’immagine, perciò il soggetto ha un albero nella mano. Se vuoi fare della legna devi prima avere un albero. Il primo pianta un albero, altri ne portano un altro e si offrono di aiutare a piantarlo. Presto ci sarà una foresta ed una divinità potrà andarla ad abitare. Questa era l’idea di Iwasaka Himorogi. Devi avere uno scopo e lavorare per questo anche se puoi reallizzare solo una piccola cosa. Questo è molto importante.
Se trovi un ostacolo nel raggiungere il tuo scopo devi combattere per superarlo. Questo significa l’immagine. Anche se non ti piace combattere lo farai per la giustizia.
Bisogna avere l’attitudine mentale di chi è pronto a “gettar via la vita” in ogni momento. Ma la tecnica dell’arco non ti dice cosa devi fare. Ognuno di noi deve trovare il suo modo. Non si può confondere il Bujutsu (la tecnica) con il Budo (la via). Se li si confonde, ogni sforzo nella ricerca della verità sarà inutile.
Quindi lo scopo e la tecnica insieme fanno il budo, vero?
Si. Il “Do” ha uno “scopo.” Se vuoi raggiungerlo hai bisogno della tecnica. E le tecniche di combattimento cambiano ad ogni generazione. Molto tempo fa era l’arco, oggi magari no. Perciò poi è diventato Kendo, Judo, Aikido. Se pensi che l’Aikido sia il migliore il tuo pensiero si ferma lì, hai confuso “Do” e “Jutsu” e stai andando nella direzione sbagliata.
inaba_taijutsu4bLei insegna Aikido e Kashima Shin-ryu allo Shiseikan? Chi studia Aikido segue anche Kashima Shin-ryu?
Si, li insegno entrambi. C’è gente che vuole studiare solo Kashima o solo Aikido, ma di solito chi fa Aikido è anche interessato alla spada. Di solito la provano, ma c’è anche chi vuole fare solo Kashima Shin-ryu e non gli interessa l’Aikido.
Anche a questi io dico sempre di praticare qualche tecnica di Aikido per farsi più morbidi e flessibili, poi possono cominciare col Kashima Shin-ryu.
Quelli che vogliono fare Kashima Shin-ryu di solito leggono molte riviste di arti marziali e si concentrano solo sulla spada. Ma da dove viene la spada? Dalla mente e dal corpo. E come possiamo sviluppare mente e corpo? Non penso che la preparazione possa essere completa senza praticare anche tecniche a mani nude mentre si studia il ‘ken’ (spada).
Come separa od unifica le tecniche di Kashima Shin-ryu ed Aikido?
Per ogni arte insegno le forme base, ma mantengo sempre in mente la flessibilità, non mi faccio intrappolare dalla forma. Allo stesso tempo non trascuro la tecnica.
Nella mia esperienza limitata ho sempre creduto che insegnando la tecnica le cose importanti siano l’autocontrollo, calmare la mente, e l’energia del “ki”.
Non importa come si combatterà, ma prima di combattere bisogna capire la situazione, dove siamo in quel momento, in che situazione siamo. Se si capisce questo, non importa quale tecnica usiamo, le nostre mosse non lavoreranno mai contro il partner.
Detto questo, come possiamo “leggere la situazione”? In realtà, bisogna calmare la mente, capire la situazione, sapere come l’avversario attaccherà e decidere quale sarà la nostra risposta.
Allo stesso tempo, anche se possiamo giudicare la situazione e sapere di quale tecnica abbiamo bisogno, se non pratichiamo non la potremmo comunque utilizzare. E’ per questo che dobbiamo praticare diverse tecniche per tutto il tempo. Calmare la mente, leggere la situazione e scegliere la tecnica appropriata per quella situazione. I movimenti vanno interiorizzati. La pratica del corpo e della mente è altrettanto importante.
Preparate delle situazioni diverse e praticate la tecnica. Calmate la mente e rimanete centrati. Il vostro corpo deve essere morbido, dovete focalizzare la potenza ed usare la tecnica.
Non importa quale stile di arte marziale praticate; tutto ciò che serve nel “Bujutsu” (tecnica) è leggere la situazione, rispondere con morbidezza e focalizzare la potenza quando ne abbiamo maggior bisogno.
Un altro modo di dire “ken” (spada) è “tachi”. Tachi significa “tatsu” (tagliare) ma anche “ketsudan” (decisione). Raccogliete le informazioni e rispondete con calma. Non bisogna valutare erroneamente la direzione in cui andare. Prendete una decisione e focalizzatevi. Un modo di farlo è concentrarsi su una cosa e tagliar fuori tutto il resto. Se la vostra mente non è calma non vi sarà possibile valutare il timing e la distanza.
Molti pensano di non poter usare tecniche “aiki” perché non hanno tanta potenza quanto l’avversario. Allora cominciano ad allenarsi con i pesi. Non possono usare tecniche “aiki” perché non riescono a valutare timing e distanza. Giudicano la situazione in modo scorretto.
Quindi cosa sono “timing” e distanza”? Non si possono misurare con un cronometro od un righello. Ognuno li deve afferrare con la propria intuizione, ma un po’ di tensione ci vuole.
C’è bisogno di pratiche di purificazione (harai) come nello shintoismo. Bisogna pulire la mente come uno specchio. Ci sono molti modi per descrivere come afferrare il timing. Penso che una volta purificati il corpo e la mente allora si possa afferrare il timing.
Comunque, anche se afferrate il timing, se la vostra potenza o energia non è focalizzata non potete fare nulla. Nel corpo umano, l’area in cui focalizzare l’energia è il basso addome (kafuku tanden).
La potenza focalizzata lì è di tipo difensivo; quella che fuoriesce è di tipo offensivo.
Come far fuoriuscire potenza offensiva? La prima cosa da fare è focalizzare la propria potenza nel proprio centro. La potenza offensiva fluirà naturalmente se focalizzate la vostra potenza nel centro. Questa è potenza molto forte (iryoku), è una condizione di energia focalizzata che diventa energia del centro. Nel Budo si usano i termini “bui” ed “iryoku”, no? Ancora più importante è “iwoharu”, che mostra questa potente energia centrata. Non è bene far finta di avere energia (karaibari). Cercate di usare l’energia del basso addome. Potete chiamarla “ki” focalizzato. Se non avete energia a sifficienta state bluffando, dovreste davvero svilupparla. Essa fluirà spontaneamente se imparerete a focalizzarla nel basso addome. Se capite questo punto, capirete come sviluppare il vostro corpo e la vostra mente e in che modo allenarvi.
Se tralasciate questo punto essenziale, penserete solo a vincere e non avrete la forza di mantenervi centrati. Questa potenza non potrà essere rilasciata e sarete distrutti.
Di solito si fanno esercizi per stirare i muscoli della schiena e rilasciare le spalle. Scendete con la vostra attenzione al basso addome. Facendo così troverete il vostro centro e produrrete energia centrata. Se non sviluppate il vostro centro non avrete a disposizione abbastanza ki da proiettare attraverso le dita.
Se spostate l’energia in eccesso dalla parte alta del corpo e allenate la parte bassa del corpo come nel Sumo, se allenate l’energia del basso addome, svilupperete l’energia centrata. Potrete così usare questa potenza quando necessario.
Anche se focalizzate l’energia nell’addome non sarete in grado di spostare immediatamente l’energia nell’area dove la volete. Bisogna riflettere su come potrete muoverla. Dovete pensare a due cose: raccogliere econcentrare l’energia, per poi spostarla dove l’avversario attaccherà. Se avete un’arma, dovete proiettare l’energia attraverso di essa. Se capirete questo punto, saprete come allenarvi e di cosa avete bisogno per svilupparvi. Nel momento in cui incontrate il vostro avversario, focalizzatevi sul vostro addome (hara) e proiettate il ki dove ne avete bisogno. Il risultato sarà quello di spegnere la potenza dell’avversario. Credo sia questa la potenza dell’”aiki”.
E’ per questo che ritengo molto importante sviluppare le fondamenta di mente e corpo. Ciò vale non solo per l’aiki. Nel Karate, quando si colpisce si avanza con un piede. Lo stesso accade nel Kendo e nel Sumo. Io consiglio l’allenamento del Sumo, che ancora comprende l’allenamento di base del corpo per il bujutsu.

inaba_01Tutti allo Shiseikan si allenano spesso al Sumo. Pensa sia una buona cosa trovare il modo di allenarsi in Sumo per sviluppare il basso addome?

Nel Sumo si allenano le gambe e le anche. Attaccando si portano i gomiti giù lungo i fianchi spostando la potenza del basso addome alle mani e alle dita. Nel Kendo si fanno lunghi passi spostando la potenza dal basso addome alla punta della spada. Con questo tipo di allenamento ci si abitua a focalizzare la propria potenza; il nostro ki sarà pieno ed il corpo sviluppato. Se facciamo crescere la mente e lo spirito sviluppando il corpo il ki sarà pieno. Se così fosse, non ci sarebbe da preoccuparsi di essere catturati dal nemico, ci si sentirebbe senza rivali.
Senza abbastanza ki di questo tipo si è colti dal panico, non si sa cosa fare e si diventa rigidi.
In ogni tipo di allenamento bisognerebbe curarsi di sviluppare la potenza del basso addome. Nell’Aikido è l’uke che ha la possibilità di allenarsi meglio in questo. Quando si proietta con forza si utilizza potenza in eccesso e si perde energia dal basso addome. I praticanti di Kendo hanno paura di cadere, perciò cercano di proteggersi in tal senso, diventando un po’ rigidi. Quelli del Karate temono il contrattacco. Ogni arte marziale ha i suoi punti di forza e le sue debolezze, ma l’Aiki non ha paura dei contrattacchi. Se quelli dell’Aiki praticano col ken non hanno paura di cadere.
In questo modo è meglio pensare che l’Aiki ha due significati: uno è l’allenamento delle tecniche aiki; l’altro è la simultanea ricerca della Via (Do) come giapponese.
Questi due concetti sembrano separati, ma se rischiamo la vita in un combattimento, quando usiamo una tecnica mostriamo il nostro stile di vita, il nostro spirito. E’ chiaro che non si possono separare i due punti. Ma d’altro canto la tecnica va preparata separatamente, altrimenti non si può andare più nel profondo. Dobbiamo pensare a questi due concetti separatamente, ma allo stesso tempo sapere che sono intimamente legati.
“Cos’è una Tecnica aiki?”
Se si pensa a cosa sia una tecnica aiki, come facciamo a portare a zero la potenza di un avversario quando la potenza si scontra con la potenza sul campo di battaglia? Portare a zero la potenza di un avversario è il cardine della tecnica aiki. Azzerare l’attacco dell’avversario, portargli via la possibilità di attaccare di nuovo e sopraffare il suo spirito combattivo. Sono cose importanti se si pensa al Jujutsu. Il Daito-ryu usa il termine Aikijujutsu, che è l’espressione corretta. All’inizio l’aiki neutralizza l’attacco dell’avversario, poi si utilizza il Jujutsu per togliergli anche i mezzi con cui attaccare, sconfiggendo così anche il suo spirito combattivo. Per questo lo chiamano Aikijujutsu. Se la tecnica raggiunge un alto livello queste due cose avvengono allo stesso momento. Quando l’avversario attacca viene immediatamente proiettato. E’ questo il livello di un esperto.
Il Jujutsu originale aveva entrambi gli elementi. Se guardiamo all’aiki e al Jujutsu con l’intenzione di perfezionare le tecniche aiki, il punto è ricevere diversi tipi di attacco e azzerare simultaneamente la potenza dell’avversario. Se si pratica solo uno schema di attacco si perde la capacità di applicare le tecniche in modi diversi ed esse diverrano mere forme. Bisogna essere in grado di rispondere a diversi tipi di attacco: lo sfondamento del Sumo, il colpo di Karate e anche il contatto del rugby o del calcio possono essere considerati tipi di attacco. Un affondo di coltello è lo stesso. Bisogna rispondere. Con il passare delel generazioni i tipi di attacco cambiano. Se vi puntano contro una pistola, al momento in cui tirano il grilletto in che modo possiamo rispondere? Anche questa è una situazione in cui l’energia incontra energia. Bisogna pensare alle tecniche aiki ed approfondirle in quella direzione.
C’è un vecchio proverbio che dice “aiki yoroshikarazu”. Significa che se nel Kendo l’avversario assume la posizione di seigan (piedi uniti – ndt) con la punta della spada diretta all’occhio, anche se non volete assumere la sua stessa posizione lo fate automaticamente dandogli un vantaggio. Lo stesso se qualcuno vi attacca usando la boxe vi ritrovate a rispondere col pugilato anche se non lo conoscete. Sie è attratti dall’energia dell’avversario. In questa situazione il proverbio dice “yoroshikarazu”, che significa “non va bene”. E’ una parola che veniva scritta come aiki nel periodo Edo, ma con un kanji differente.
Tesshu Yamaoka della Muto-ryu spiegò questo concetto in un altro modo. Usava la frase “matsu kaze no koto” (il pino nel vento). L’albero del pino è lì ed il vento cerca di buttarlo giù. Il pino cerca di resistere assumendo una certa forma. Sulle spiagge od in montagna i pini assumono forme bellissime. Nel resistere al vento i pini adottano forme diverse. Questo è sicuramente aiki. Ma il vento non vuole certo che il pino faccia così, vuole buttarlo giù e focalizza la sua energia in quel momento. Questo è il potere focalizzante dell’aiki. L’aiki assume significati diversi da diverse prospettive.
In contrasto con lo studio della mera tecnica, pensare al modo in cui vivere o allo scopo del combattimento è “Do” o “Bun”. Ciò comprende anche il pensare a quando combattere o a quando evitare lo scontro.
Noi giapponesi che seguiamo il “Do” siamo fortunati ad avere il “Bushido” come punto di riferimento. Penso che se guardiamo ai nostri predecessori nel Bushido, al modo in cui vivevano, come combattevano, come morivano, possiamo vedere il “Do”. Lo studio sia del “Jutsu” (tecnica) che del “Do” è un mezzo per studiare l’Aikido come arte marziale. Naturalmente, d’altro canto, c’è gente che vede l’Aikido solo come uno sport o come un buon esercizio. Questo è un problema. Fino alla sconfitta del Giappone nella seconda guerra mondiale tutti riconoscevano che la filosofia del Budo era basata sulla cultura tradizionale. Ma la società moderna ha dimenticato il vero significato del Budo. E’ un momento critico per il Budo di tradizione culturale giapponese.
A questo punto penso sia necessario rivedere il concetto di Budo. Per farlo dobbiamo pensare alla relazione che esiste tra le divinità ed il Budo; questo è un punto fondamentale. I giapponesi si sono evoluti per due o tremila anni di storia in cui ci sono state molte guerre. In queste guerre combattevano i Bushi (guerrieri) che diventarono poi le divinità nei templi. La divinità nel tempio rappresenta lo stile di vita ideale per i giapponesi. Insomma, la divinità rappresenta lo stile di vita giapponese e l’essenza della cultura tradizionale.
Le tecniche del Budo sono tecniche di combattimento, ma quello che si combatte in realtà è un problema di mente e spirito. Bisogna studiare il tipo di combattimento effettuato dai Bushi e che tipo di sentimento spirituale avevano a quel tempo.
Questo è la divinità nel tempio. Gli dei guerrieri della mitologia sono Kashima, Katori, Sua e Hachiman. Questo dojo appartiene al tempio Meiji che è dedicato all’imperatore che modernizzò il Giappone, che vinse le guerre con la Cina e con la Russia. Lo scopo del Budo è pensare all’arte marziale della divinità, al suo stile di vita, alla sua essenza spirituale. Perciò c’è bisogno di focalizzare mente e spirito. Solo allora si possono usare le tecniche delle arti marziali nella società moderna.
Se non si preganole divinità, le arti marziali diventano semplici tecniche di combattimento o solo violenza e sopraffazione. Non avrete spirito combattivo e farete solo esercizio. E’ per questo che il Budo è diventato uno sport. Così non eleverà di certo la coscienza nazionale.
Questo è un problema grave. Essenzialmente io sono convinto che il Budo debba comprendere anche le preghiere agli dei a livello fondamentale. Avere un tempio nel dojo è molto importante ma questo non viene mai spiegato. Bisognerebbe farlo con le nuove generazioni. Penso che ne capirebbero il significato e ne sarebbero incoraggiati.
Anche quando insegniamo il Budo a persone da altri paesi dovremmo spiegare perché il dojo ha un tempio. Se non lo facciamo, non credo che potremmo davvero avere coscienza del perché insegnamo Budo.
Mi piacerebbe chederle qualcosa su alcun iaspetti tecnici. Oggi ho osservato i vostri allenamenti. Ho visto che combinate diversi elementi passo per passo. Ma in molti dojo di Aikido succede che a un certo punto arriva l’insegnante, mostra la tecnica e chiede agli studenti di ripeterla. Gli studenti non ne capiscono il significato e si muovono e basta. Finiscono per sudare e cominciare a pensare ad una birra. Non riescono a vedere quali passi siano necessari e come possano migliorare.
Ad esempio, nel Sumo si praticano “teppo,” “shiko,” e “butsukari.” Non usano molta forma o allenamento tecnico, allenano di più le basi. Nel Judo e nel Karate è lo stesso. Solo l’Aikido ripete le tecniche durante l’allenamento. Credo che l’allenamento dell’Aikido non sia organizzato.
0Ogni insegnante ha la sua idea riguardo ciò. Ognuno insegna secondo il proprio punto di vista. Generalmente, penso che il significato del Budo sia diventato confuso. In breve, il Budo ha perso il suo scopo. Ciò significa che si è persa la larga veduta dell’idea di una nazione e di come il popolo giapponese dovrebbe essere. Non c’è uno schema specifico, si fa tutto in maniera vaga.
Anche limitare la discussione all’Aikido, definire l’aiki come semplice tecnica è vago. Perciò molti dicono che l’aiki è amore o armonia. Non dico che sia sbagliato, ma si rischia di perdere di vista l’aspetto marziale dell’aiki e la pratica diventa meno seria. Anche la nozione di come vivere la propria vita, di prendere esempio dal Bushido, è poco chiara.
Dal punto di vista delle arti marziali, il significato delle tecniche aiki non è chiaro. Come allenarsi, come imparare e come allenare la mente? Tutto questo è estremamente vago, quindi tutto diventa accettabile. Secondo me, la cosa importante è concentrare il pensiero su cosa sia l’aiki e su cosa dovremmo fare e faremo, che tipo di allenamento dovremmo praticare, ecc.
Nel Budo esiste la convinzione che le azioni di una persona debbano coincidere con le sue parole; ciò vale anche nella vita di tutti i giorni. Se qualcuno dice che questo è ciò che il “Do” dovrebbe essere, allora quella persona deve essere la prima a mettere la cosa in pratica. Le parole prive di azioni non hanno potere e non influenzeranno nessuno.
Se dite che il “Do” giapponese deve essere in un certo modo è molto importante metterlo anche in pratica. In Giappone lo spirito tradizionale del Budo fu distrutto dopo la Seconda guerra mondiale. I valori del combattere e dello spirito marziale vennero rifiutati in quanto contrari alla pace. Così sono passati cinquanta o sessant’anni. Per cinquant’anni dopo la guerra i giapponesi non hanno gestito la loro nazione in modo indipendente. Per questo la gente non ha forza di volonta e uno spirito indipendente. Il Giappone non può crearsi una strategia difensiva. Come faremo a sviluppare i nostri tratti fondamentali? Dobbiamo tornare alle basi delle arti marziali. Il significato del Budo è che ogni nazione sviluppa il suo spirito di indipendenza. In un Budojo (dojo di arti marziali) si insegna lo spirito delle arti marziali a delle persone in un contesto sociale. Se questi dojo rispettano il loro ruolo, lo spirito delle arti marziali si diffonderà in tutto il paese. Se ciò accadrà, credo che lo spirito si solleverà e la società si stabilizzerà.
E’ così, anche se il normale allenamento ripete solo la forma, non ci si dovrebbe lamentare ma bisognerebbe avere uno scopo e trovare il modo di allenarsi?
Si. E in quel caso come capire cosa fare? Bisogna chedersi seriamente cosa sia il tipo di Aikido che pratichiamo. Nel Budo c’è bisogno di una certa tensione. Ciò comincia prima col pensare al timing, come ho detto prima. Gli esseri umani vivono una sola volta, il tempo è limitato, ma da lì inseguiamo l’eternità.
Se non ce ne rendiamo conto, o non ci importa del timing, tutto ci apparirà confuso e sfocato. Se la gente non si preoccupa del suo tempo non gli importerà neanche di quello degli altri e non manterrà le promesse. Se si pensa alla vita e al tempo si manterrà la giusta quantità di tensione nella vita di tutti i giorni; allo stesso tempo, nel dojo in cui praticate le tecniche marziali legate alla vita e alla morte, svilupperete una sensazione di tensione. Queste sono le basi della sensibilità delle arti marziali e l’allenamento del dojo e la vita ordinaria diventeranno la stessa cosa.
La frase “il tempo è denaro” è un’idea straniera, molto americana. Ma l’idea de “il tempo è vita” è molto importante. Significa “Sono molto giovane ed ho molti anni davanti”. Anche se si pensa questo si può morire domani. Bisognerebbe conservare questa tensione e dirsi “La mia vita è limitata”. Se pensiamo alla nostra vita in questi termini mentre facciamo qualunque cosa come pure studiare Aikido, ci chiederemo “Cosa è, qual è la verità, è importante questo, è qualcosa in cui voglio investire il mio prezioso tempo?” Così penso saremmo capaci di scoprire qual è la verità. Se ci lamentiamo degli altri significa che nel profondo dipendiamo da essi. Se qualcosa non ci va bene ci lamentiamo dando la colpa ad altri.
Penso che l’allenamento dell’Aikido sia molto complicato rispetto ad altre arti marziali. Ad esempio, nel Sumo si capisce se si è in grado o meno molto presto. Nel Karate, se si evita un attacco ma si è colpiti lo stesso si capisce che non si è ancora preparati abbastanza. In Aikido è molto più difficile capire questa cosa.
Anche questo è un problema. Come misurare la potenza di un avversario e la nostra tecnica, la nostra potenza? Sono cose che qui stabiliamo ad ogni tecnica che utilizziamo. Dobbiamo capirlo momento per momento. Se ci sforziamo molto di pensarlo, credo possiamo capire il nostro avversario nella nostra mente pura, conoscere noi stessi e migliorarci. Inoltre se guardiamo all’Aikido, che non ha una lunga storia da questo punto di vista, si potrebbe dire che non è un’arte completa. Ma se qualcosa non basta si può aggiungere dell’altro per rimediare.
Bisogna studiare gli attacchi di altre arti marziali ed inserirli in un serio allenamento perché ciò influenzerà il modo in cui pensate al combattimento. Comunque il punto è come reagiremmo in un combattimento. Bisogna riflettere su cosa sia davvero un combattimento, cosa serva in quel momento e allenarsi in questo tutti i giorni. E’ l’unico modo. La vita è una battaglia continua. Nella battaglia della vita ognuno deve trovare la propria strada e creare la propria tecnica per praticare il proprio “Do”. E’ per questo che studiamo le tecniche marziali che abbiamo ora e nel frattempo impariamo il Budo. Se si imparano le forme delle tecniche marziali che abbiamo ora e questo ci fa perdere indipendenza e creatività, vuol dire che abbiamo confuso le nostre priorità. La cultura non progredirà. In realtà, quando prendiamo la nostra strada, dobbiamo creare nuove tecniche marziali, abbiamo bisogno di nuovi metodi. Nella ricerca del significato del Budo nascerà la nostra capacità di creare nuove tecniche marziali. E’ qui che sta la creatività del Budo e del Bujutsu.
E’ così che di solito comincia la ricerca della via nella pratica di tutti i giorni. Ma per cercare la via e provare a metterla in pratica bisogna creare nuove tecniche. Quindi esiste una correlazione tra  “Do” and “Jutsu”. Diventerà più profonda e crescerà.


da Aikido Journal n.120
Traduzione dal giapponese all’inglese a cura di Osamu & Karen Sekiguchi


Il Maestro Minoru Inaba è stato a lungo direttore del Meiji Jingu Shiseikan di Tokyo (oggi tenuto dal suo allievo Takashi Araia), dove insegna sia Aikido che Kashima Shinryu Kenjutsu. Il tempio Meiji Jingu fu edificato nel 1920 in memoria dell’Imperatore Meiji ed è uno dei più importanti templi shinto in Giappone. Lo Shiseikan dojo presso il Meiji Jingu fu fondato nel 1973 allo scopo di promuovere l’educazione tramite le arti marziali tradizionali come il Kyudo (tiro con l’arco giapponese), il Judo, il Kendo e l’Aikido.

La Kashima Shinryu è una delle più antiche scuole di arti marziali giapponesi (koryu), sviluppatasi durante il turbolento periodo medievale del Giappone; i suoi insegnamenti sono ritenuti il cuore delle arti marziali giapponesi. Kunii Zen’ya, il 18° caposcuola del Kashima Shinryu, morto nel 1966, lo rivitalizzò. Inaba sensei fu uno dei suoi studenti, ma studiò per anni Aikido col grande Seigo Yamaguchi.

La spada giapponese è molto utile a sviluppare movimenti rilassati e chiaramente focalizzati con potenza e precisione. E’ anche ottima per sviluppare un buon “ma-ai” – la valutazione della distanza corretta, nonché un timing accurato. Lo studio del Kashima Shinryu Kenjutsu è quindi un ottimo complemento agli studi di Aikido per chi è interessato ai suoi aspetti di Budo. Il Maestro Inaba detiene il grado di 8° dan Aikikai.


Traduzione dall’inglese a cura di Pasquale Robustini