Un magma non cristallizza in un colpo solo: man mano che la cristallizzazione continua mentre la temperatura si abbassa, si formano minerali diversi, genericamente prima quelli a contenuto metallico (che hanno maggior temperatura di fusione) poi quelli a contenuto alcalino ed infine il quarzo. Quando si sono formati dei cristalli, il resto del materiale fuso ha cambiato composizione. Con questo meccanismo un magma si può trasformare in diversi tipi nel periodo in cui lentamente cristallizza in roccia (differenziazione per cristallizzazione frazionata ed assimilazione). Il magma primordiale è quello basaltico. E’ composto mediamente da Pirosseni e Plagioclasi ma può avere più o meno silice o alluminio, oltre che più o meno potassio. A seconda della composizione iniziale esistono tre serie basaltiche principali: la serie pacifica parte da basalti toleitici (ricchi in silice) e può arrivare a magmi sovrasaturi in silice (cioè formano un po’ di quarzo quando solidificano); la serie atlantica comprende basalti alcalini che non arrivano a diventare magmi ricchi in silice; la serie mediterranea, con basalti ricchi in potassio che portano a magmi sottosaturi in silice, contenenti perciò olivina.
Abbiamo visto come un basalto sia composto quasi al 50% di Plagioclasio labradoritico e 50% di Pirosseno monoclino. In altri casi possono esserci anche Olivina e Pirosseno rombico. Nei fusi magmatici sono presenti elementi che tendono a concentrarsi durante la cristallizzazione frazionata perché hanno difficoltà ad entrare negli spazi dei reticoli cristallini preposti ad ospitare cationi. Il motivo può essere semplicemente la loro dimensione ma anche la loro carica elettronica, la valenza, che li rende incompatibili. Cationi quali potassio, rubidio, cesio, stronzio e bario hanno un raggio ionico troppo grande ed entrano con difficoltà nei reticoli silicatici. Essi sono detti Large-Ion Litophile Elements (LILE) e risultano quindi essere rari nelle rocce della litosfera. Cationi con valenze incompatibili sono invece zirconio, niobio, afnio, torio, uranio e tantalio, oltre alle cosiddette terre rare (REE=Rare Earth Elements); si tratta degli HFSE (High Field Strength Elements), o elementi ad alta carica elettronica.
Le due famiglie principali di basalti sono i “toleitici” e gli “alcalini”. Un po’ più rari sono i basalti ricchi in allumina (high-alumina basalts), di composizione intermedia. I basalti toleitici sono sovrasaturi in silice, gli alcalini ne sono sottosaturi e contengono quindi Olivina e Nefelina (il quarzo è assente). Gli high-alumina basalt hanno più del 17% di Al2O3. Dai basalti toleitici possono derivare i magmi riolitici; dai basalti alcalini si può arrivare alle fonoliti. Alcuni basalti toleitici, essendo tipici delle dorsali medioceaniche vengono definiti MORB (Mid Ocean Ridge Basalts) e sono a basso contenuto di elementi incompatibili. Quello eruttato dalle isole vulcaniche lontane dai margini continentali viene definito OIB (Ocean Island Basalt), ed è di solito associato a catene vulcaniche “time-progressive” (vulcansimo intraplacca). Questa nomenclatura è ritenuta da molti fuorviante perché alcuni basalti eruttati lungo dorsali oceaniche o lontano dai margini di placca presentano caratteristiche anche comuni.
Le varie composizioni di rocce ignee sono rappresentabili con un diagramma a 4 elementi, un rombo detto Diagramma di Streckeisen. In cima al rombo abbiamo il Quarzo (Q); a sinistra gli alcali (A) sodio, potassio e K-Feldspato (quindi anche il Plagioclasio Albite); a destra troviamo il Plagioclasio anortitico (P); il vertice in basso è occupato dai cosiddetti Feldspatoidi (F), ossia i termini sottosaturi quali la Nefelina e la Leucite. Si utilizza un diagramma per le rocce effusive ed uno per le eruttive. Ad esempio, sul vertice del Quarzo abbiamo il 100% di quarzo e 0% di Feldspati; a metà strada tra il vertice del quarzo e la base del triangolo che compone la parte alta del diagramma, avremo una roccia che contiene il 50% di quarzo ed il 50% di Feldspati, e così via. La base di detto triangolo, la linea che unisce i vertici A — P, è la linea di saturazione dela silice: al di sopra, in sovrasaturazione, appaiono i primi cristalli di quarzo, via via più presenti man mano che ci si sposta verso il vertice Q. Al di sotto siamo in regime di sottosaturazione e non c’è abbastanza quarzo per formare solo i cristalli di Albite, Ortoclasio (K-Feldspato) e Anortite: appariranno così anche Leucite, Kalsilite, Nefelina, Melilite, nonché Olivine, in misura sempre maggiore avvicinandosi al vertice F.
Ecco quindi che i basalti (ed i loro corrispettivi intrusivi, i gabbri) si trovano proprio su questa linea dal lato del Plagioclasio anortitico, presente al 50% trattandosi di Labradorite. I basalti cadono a cavallo della linea di saturazione perché i toleitici possono contenere quarzo, gli olivinici ne sono un po’ poveri. Le andesiti (ed i loro corrispettivi termini intrusivi dioriti) sono più ricche in Feldspati ed il Plagioclasio è più sodico (è l’Andesina, appunto). La cosa è sempre più spinta per le latiti/monzoniti, fino alle trachiti/sieniti.
Visto sul diagramma QAPF, un granito è una sienite ricca in quarzo; una granodiorite, roccia alla quale corrisponde la composizione media della crosta continentale, è una via di mezzo tra andesite e granito, con le stesse percentuali di quarzo, ma con composizione dei feldspati meno alcalina e più calcica.
Durante la cristallizzazione frazionata, man mano che il magma si raffredda, i termini a più alta temperatura di fusione cristallizzano prima e si separano dal fuso, lasciando un magma con una composizione diversa: i minerali che cristallizzano prima sono in genere quelli sottosaturi come le Olivine, i Pirosseni, i Plagioclasi più calcici. Il tutto è ben descritto nel diagramma a destra, la Serie di Bowen: da un lato abbiamo i minerali ferromagnesiaci, i cui primi termini a cristallizzare sono Olivine e Pirosseni; poi è la volta di Anfiboli e Biotite; parallelamente cristallizza la serie dei Plagioclasi dal calcico al sodico; in basso, ultimi a cristallizzare dopo questi, nell’ordine: Ortoclasio, Muscovite e quarzo. Il magma che raffreddandosi perde i componenti a più alto punto di fusione, risulta quindi via via più ricco in silice. Il primo passo è quello di ottenere un magma di tipo andesitico (o dioritico). Un fuso riolitico ha genericamente il 20-40% in più di quarzo di un basalto. Per ottenere questa composizione, un basalto deve frazionarsi 20-30 volte. Ma non è detto che il frazionamento faccia diventare sempre un basalto una riolite: se la silice non è sufficiente, si arriva semplicemente a delle sature trachiti/sieniti. E’ questo il caso dei basalti toleitici, da cui deriva una famiglia di rocce nota come “Serie Pacifica“; dai basalti alcalini deriva una famiglia di rocce chiamata “Serie Atlantica“. La “Serie Mediterranea” è una famiglia particolare di rocce che deriva da basalti alcalino-potassici. E’ così povera in silice in partenza, che più in là delle fonoliti non può andare (vedi diagramma in alto). La serie che dai basalti porta alle fonoliti è tipica delle dorsali oceaniche. Lungo il margine pacifico i magmi probabilmente reagiscono con le rocce crostali che attraversano, più ricche in silice essendo di tipo continentale; infatti in molte serie evolutive l’assimilazione di rocce circostanti si aggiunge al normale processo di cristallizzazione frazionata.
I magmi riolitici hanno un punto di fusione attorno agli 800°C ed una viscosità maggiore dei basalti. Il contenuto d’acqua arriva al 10%, il che può abbassare il punto di fusione a 600°C se la pressione si alza. Quindi i basalti, meno viscosi, possono arrivare più facilmente alla superficie, mentre i fusi riolitici cristallizzano nel sottosuolo come batoliti granitici (vedi diagramma in alto). I basalti si originano genericamente durante fenomeni di depressurizzazione, come la tettonica distensiva tipica delle dorsali medio oceaniche; i graniti invece sono generati con le alte pressioni coinvolte nei processi orogenetici. I basalti sono comuni nella crosta oceanica, la cui composizione media gli si avvicina molto; i graniti sono tipici della sola crosta continentale, che mediamente si avvicina di più alla composizione dioritica-granodioritica.
Per quel che riguarda il mantello, si è speculato per una composizione molto ricca in Olivina, in quanto xenoliti ritrovati nelle lave kimberlitiche, da condotti vulcanici così profondi che si ritiene provengano dal mantello superiore, mostravano composizioni peridotitiche, una roccia quasi esclusivamente composta da Olivina. La densità della peridotite è di circa 3,3 g/cm3, comparabile con quella del mantello superiore misurata sismicamente. L’ipotesi di Thomas H. Jordan del MIT (oggi alla USC) vede una composizione del mantello con il 60% di Olivina, 12% Pirosseno rombico, 15% Pirosseno monoclino, 13% Granato. Una roccia così formata viene chiamata “lherzolite a granati”. La porzione fatta di Olivine e Pirosseno rombico (72%) sarebbe la parte peridotitica. Il Pirosseno monoclino a quelle profondità potrebbe essere l’Onfacite, la cui composizione corrisponde ad una miscela Diopside+Giadeite. Si trova spesso associato al Granato in una roccia metamorfica nota come eclogite (in basso). In altre parola una lherzolite a granati che comporrebbe il mantello secondo Jordan corrisponde ad una associazione di peridotiti ed eclogiti.
L’eclogite ha una composizione chimica identica a quella dei basalti. Granato ed Onfacite sono stabili solo ad alte pressioni e temperature. Qualora un settore della litosfera fosse sottoposto a tettonica distensiva, il calo di pressione li renderebbe instabili e se ipoteticamente fondessero totalmente, formerebbero un magma basaltico. Dato che non è cosa comune che un’eclogite fonda al 100%, i fusi basaltici sono ritenuti provenire dalla fusione parziale delle peridotiti, quindi da quel 72% della composizione del mantello, secondo il modello di Jordan, e solo in piccola percentuale dalla fusione parziale dell’eclogite.