Sono geologo quasi per caso. Mi iscrissi all’Università La Sapienza di Roma per fare fisica perché ero stato un ragazzino appassionato di astronomia, sempre con la testa non tra le nuvole, ma peggio, tra le stelle. Alle superiori il mio professore di matematica e fisica, Gabriele Rago, mi faceva sognare mondi paralleli, quarta dimensione e viaggi nel tempo. Il suo genio mi ha permesso di formare una mentalità scientifica e di imparare a pensare a modo mio ed anche in modo diverso. Senza di lui non ce l’avrei fatta a laurearmi in una materia scientifica. Dopo la laurea lo cercai per ringraziarlo, anche se appena iscritto all’università dovetti presto mettere “i piedi a terra” e constatare di aver sbagliato scelta; fu così che “ripiegai” su Geologia, una materia comunque scientifica di cui allora non avevo mai sentito parlare, consigliato da altri che avevano fatto il mio stesso “errore”.
All’inizio ebbi notevoli difficoltà ad addentrarmi nella materia che ancora non sentivo propriamente mia. Andavo avanti per inerzia senza farmi troppi problemi. Ma dentro di me serpeggiava comunque la sensazione di essermi arreso troppo presto e non essere diventato un astrofisico. Ma dopo un paio d’anni di studio poco entusiastico cominciai a seguire i corsi che cambiarono il mio modo di vedere. Maurizio Parotto è un professore con il dono della didattica. La sua sconfinata passione per la geologia trasudava in modo contagioso dalle sue lezioni. Mi entrava direttamente dentro. Alla fine dell’ora ero dispiaciuto e attendevo con ansia la lezione successiva per vedere come sarebbe andata a finire. Sembrava di essere in un documentario di Quark. Ero catturato! Quelle lezioni mi facevano sentire come se ogni giorno facessi una nuova emozionante scoperta. Sentivo l’impulso di raccontarlo ad altri. Sognavo un giorno di diventare un insegnante capace come lui.
Conservo ancora gelosamente gli appunti di quelle lezioni. Anche nelle esercitazioni sul terreno la passione che mi ha trasmesso mi ha permesso di far parte di quei geologi che, armati di bussola, lente e martello, si incamminano sui sentieri alla ricerca delle tracce che narrano la storia geologica del posto. Quelle lezioni indimenticabili mi hanno fatto desiderare di poter un giorno anche’io insegnare geologia, introdurre alla materia persone che vi si avvicinano per la prima volta, tramettendo loro la mia stessa passione, riuscire ad aprire loro gli occhi su un pianeta vivo, che cambia nel tempo geologico, cosa che solo un geologo riesce a percepire.
Un anno dopo ebbi una “crisi mistica”. Niente di quello che seguivo poteva paragonarsi alle emozionanti lezioni/documentario dell’anno precedente. In particolare si cominciavano a delineare le prospettive di lavoro offerte dal tipo di corsi che stavo seguendo, tutte materie cosiddette applicative, legate all’edilizia o alla idrogeologia, che non mi affascinavano molto. Il dubbio che mi tormentava di più era che avessi sbagliato tutto, che non mi sarebbe mai piaciuto il lavoro del geologo, visto che sembrava dovessi comunque occuparmi di materie tecniche legate alle costruzioni: se lo avessi saputo, mai avrei scelto geologia. La geologia che avevo imparato ad amare l’anno prima era una scienza e per quello ne ero stato affascinato. Che fare? L’unico corso che manteneva viva in me una certa fiamma era quello di geologia strutturale tenuto dal compianto Renato Funiciello, grande amico di Parotto. Analizzare le deformazioni della crosta terrestre, le pieghe, le faglie mi sembrava in ottima continuità con quello che tanto mi aveva appassionato l’anno prima.
Scoprii che i geologi strutturali lavorano anche per compagnie petrolifere, dove le loro conoscenze risultavano fondamentali nell’individuazione delle strutture geologiche che intrappolano gli idrocarburi nel sottosuolo. Scoprii di essere particolarmente affascinato dalla tettonica e dalla possibilità un giorno di lavorare in una compagnia di esplorazione per la ricerca di idrocarburi. Non tanto per il petrolio ed il gas in particolare, quanto per la qualità degli studi geologici che la ricerca di idrocarburi comporta. E se non fosse per la collaborazione con le compagnie petrolifere, gran parte della ricerca universitaria non potrebbe esserci. La disponibilità di dati di sottosuolo da pozzi e sismica che hanno le compagnie petrolifere è oro per la ricerca scientifica che mai potrebbe permettersi tali investimenti in denaro. Si tratta di conoscenze che poi si tramutano ad esempio in mappe del rischio sismico o idrogeologico, o geologico in genere, evidentemente utilissime alla comunità. Lo scambio tra ricerca ed industria in questo ambito è tra i più fruttuosi ed essenziali.
Mi laureai nel 1991 con una tesi in geologia strutturale con il professor Funiciello sognando un giorno di poter trovare un lavoro in questo ambito.
Alcuni insegnanti mi hanno fatto sognare. Quel sogno me lo porto dentro ancora oggi e mi ha sostenuto nei lunghi anni di disoccupazione e di lavoretti vari che sono seguiti alla mia laurea. Senza quel sogno avrei mollato e chissà cosa avrei fatto nella vita. Invece ho tenuto duro, non ho mai smesso di sognare, continuando a rileggere quei libri e quegli appunti che mi avevano fatto appassionare alla Geologia. Facendo altri lavori vedevo sempre più allontanarsi la Geologia e non ci stavo. Rinfrescavo la memoria, scrivevo appunti miei, inviavo curriculum. Ma era difficile trovare qualcosa al di fuori del campo dell’edilizia, un campo per cui non ho mai provato un minimo di interesse. Dopo il mio primo lavoro geologico di una certa rilevanza ebbi l’occasione di lavorare per anni nella stessa università dove erano i miei professori di allora. Ero rientrato nel “sogno” e non riuscivo a crederci. Ebbi l’occasione di insegnare un po’ di geologia sul terreno, spingendo gli studenti ad usare la loro testa mentre osservavano il paesaggio o un affioramento. Ma le università italiane sono quel che sono. I professori non sono mai valutati per le loro capacità didattiche o su quanto dedichino all’insegnamento. Conta solo la ricerca, nonché essere al posto giusto nel momento giusto, con le persone giuste. Non c’era posto per me. Il sogno di insegnare lo porto ancora con me, nel cassetto, magari un giorno all’estero…
Ho lavorato per qualche anno in una piccola compagnia petrolifera. Peccato perché la cosa è durata poco: un certo ambientalismo becero e talebano, la filosofia “nimby” e la scelleratezza dei nostri amministratori sta facendo sì che gli investitori esteri siano sempre più sfiduciati nel nostro paese col risultato che ho dovuto smettere di fare il geologo… ottimo lavoro, Italia!