Per qualche appassionato del marchio, nei primi anni novanta l’Alfa 155 aveva in qualche modo minato la reputazione della casa del biscione per quel che doveva essere l’aspetto dinamico di una vettura di Arese. La 155 veniva rimproverata, in particolare, di aver completamente abbandonato i canoni sportivi del marchio, per abbracciare una condivisione fin troppo stretta con la Fiat Tempra e la Lancia Dedra (dalle quali derivava).
Il Gruppo Fiat cercò allora di realizzare una sostituta della 155 che potesse ritrovare quelle caratteristiche dinamiche che gli alfisti chiedevano. Niente ritorno della trazione posteriore, comunque, ma certo una vettura che potesse diversificarsi e non poco dalle altre auto medie del gruppo. Si decise di partire dal pianale Tipo II, ma di modificare molte parti in modo da ottenere una massa inferiore (struttura plancia in magnesio) e un comportamento dinamico superiore con sospensioni indipendenti posteriori.
Si arrivò, quindi, a definire il pianale Tipo II rev 3 da condividere con la più piccola 147, la GT e, con sospensioni differenti sia anteriori che posteriori, anche con la Lancia Lybra, che rimarrà nel tempo un’esclusiva Alfa Romeo e sarà esteso alle sole sorelle 147 e Gt. Una piattaforma dotata di sospensioni inedite a quattro ruote indipendenti. Questo fu il compromesso trovato dal Gruppo Fiat, nella speranza di poter tornare a soddisfare quelle che erano le richieste di un mercato molto esigente quale quello che sempre si era rivolto alle vetture Alfa Romeo.
Fu sotto queste linee guida che al Salone di Francoforte del 1997 venne presentata la nuova berlina di segmento D di Arese, la quale ottenne subito un enorme numero di consensi sia da parte degli appassionati del marchio, sia da parte delle riviste specializzate. A riprova di questo, i numeri di vendita sopra ogni aspettativa (90 000 ordini solo nei primi 4 mesi di commercializzazione) e il titolo di Auto dell’anno 1998.
Spot della Alfa Romeo 156 su una laguna di Venezia ghacciata
Prima serie
La 156 è un’auto caratterizzata da una linea particolarmente armoniosa e al tempo stesso aggressiva, che porta la firma di Walter De Silva. La vettura abbandona completamente lo stile spigoloso e a cuneo della 155, in favore di una linea più dolce composta da linee tese e raccordi ad ampio raggio. Una caratteristica particolare è data poi dallo spostamento delle maniglie delle portiere posteriori in una posizione integrata con i finestrini laterali, tale da renderne difficile l’individuazione ad un primo sguardo.
Anche gli interni portano in dote la stessa evoluzione stilistica degli esterni: linee molto morbide caratterizzano l’intera plancia e due grandi elementi circolari costituiscono il cruscotto di fronte al pilota. Tre piccoli strumenti circolari presenti sulla plancia centrale seguono la tradizione della casa. Il volante, inedito, incorpora l’airbag (fino a quel momento di serie solo sulla più lussuosa 164) e, in optional, può avere la corona in radica.
L’ultimo modello della prima serie fu la Limited Edition che si distingueva, oltre che per il particolare colore grigio/azzurro metallizzato, anche per l’interno in pelle nera MOMO, volante e pomello cambio in pelle, strumentazione con fondini neri e cifre arancio, console in carbon look, minigonne e cerchi da 16″ a motivi lenticolari (gli stessi del pack sport) con pneumatici 205/55 R16. È stata prodotta solo nelle motorizzazioni 1,9 Jtd e 1,8 TS nel 2001.
Spot pubblicitario della Alfa Romeo 156: sportività evoluta
Il Model Year 2002 (restyling) propone numerose novità, a livello di estetica, equipaggiamenti e motorizzazioni. Per quanto riguarda gli interni, Alfa Romeo cerca di sopperire alle richieste dei clienti, i quali avevano avvertito un livello di qualità inferiore rispetto al resto dell’auto. Viene quindi modificata leggermente la parte centrale della plancia che, in alto, si arricchisce del computer multifunzione di bordo. Viene allargata anche la disponibilità di colori. Numerosi optional vengono aggiunti: nuovi servizi di infotainment (denominati Connect e Connect Nav), l’impianto stereo Bose e un nuovo sistema di climatizzazione automatica bi-zona. Viene infine adottato un nuovo volante (provvisto di tasti per il controllo per l’impianto stereo) il quale, per le versioni dotate di cambio Selespeed, sostituisce i tasti sulle razze con delle levette (meglio conosciute come paddles).
Gli esterni sono caratterizzati dai consueti paraurti della serie precedente, ma completamente in tinta con la carrozzeria, al pari degli specchietti retrovisori. Sparisce la serratura del baule nascosta dietro lo stemma. Sono inoltre disponibili dei nuovi fari allo xeno.
Seconda serie
Nel fine giugno 2003 entra poi in scena la II serie della 156, la quale viene sottoposta ad un massiccio restyling ed introduce ulteriori innovazioni e aggiornamenti. In questo caso, la linea esterna subisce una serie di modifiche ad opera di Giorgetto Giugiaro[8], che anticipano, in qualche forma, quella che sarà il design della successiva 159 (affidata allo stesso designer). Le linee morbide che caratterizzavano la serie precedente vengono sostituite da nuovi tratti leggermente spigolosi e più sportivi. Nel 2004 viene presentata anche l’Alfa 156 Crosswagon, una versione crossover con trazione integrale e carrozzeria rialzata da terra con vistose protezioni per il fuoristrada.
La guidabilità è, come da tradizione Alfa Romeo, di prim’ordine, grazie a una elevata resistenza torsionale e a un intelligente schema di sospensioni, con una soluzione a quadrilatero alto (derivata dalle corse) all’anteriore e MacPherson per il posteriore. Tale soluzione permette di ridurre l’effetto di sottosterzo grazie a una certa azione autosterzante delle ruote posteriori. Se la tenuta e la stabilità ne beneficiano, non si può dire altrettanto del diametro minimo di sterzata, decisamente ampio e quindi scomodo in manovra.
Spot pubbilicitario Alfa Romeo 156 seconda serie (restyling di Giugiaro)
La berlina fu offerta sul mercato con la sola trazione anteriore con motore trasversale, ma dal 2003, in concomitanza con il restyling di Giugiaro, furono introdotte due versioni della Sportwagon a trazione integrale Q4 abbinata al motore Multijet da 150 cavalli, una con caratterizzazione più stradale, l’altra, denominata Crosswagon, con una certa vocazione “fuoristradistica”, grazie alla presenza di un assetto rialzato, a protezioni sotto la scocca e sotto i paraurti. Tali veicoli si basano su uno schema di trazione integrale a 3 differenziali, di cui il centrale è di tipo Torsen C. La coppia motrice viene trasmessa al 58% all’asse posteriore in condizioni di aderenza ideale. È lecito dire che le versioni Q4 della 156 furono introdotte anche a scopo di studiare il nuovo sistema di trazione integrale, per perfezionarlo in vista del lancio, di lì a breve, della sostituta 159.
Disponibili su alcune versioni i sistemi VDC e ASR, mentre su alcune motorizzazioni erano presenti di serie.
Di particolare rilevanza è l’uso, per la prima volta su un modello di grande serie, di componenti di assemblaggio in magnesio. Sono infatti realizzati in questo materiale la traversa di supporto della plancia, l’anima metallica dello sterzo, ed il telaio dei sedili anteriori.
Malgrado questo, la qualità complessiva dell’assemblaggio della vettura prodotta negli stabilimenti di Pomigliano d’Arco (NA), non sempre ha saputo soddisfare le richieste degli acquirenti, complici disallineamenti evidenti e giochi eccessivi tra le parti sia esterne che interne.
Da sottolineare la principale innovazione portata dalla 156, per la quale essa passerà alla storia dell’automobile: l’introduzione, per la prima volta al mondo nel 1997, e in contemporanea con la Mercedes-Benz (in quanto il brevetto apparteneva al Gruppo Fiat ed era stato messo a punto assieme al Politecnico di Bari, ma per le cartolarizzazioni fu venduto alla Bosch) Classe C, del motore turbodiesel a iniezione diretta common rail, una vera rivoluzione nella tecnologia motoristica, in seguito impiegata da tutte le case automobilistiche.
Spot della Alfa Romeo 156 Crosswagon Q4: alzate i vostri standard
La storia del common rail è una storia molto italiana ed il “padre” di questo sistema è considerato il fisico barese Mario Ricco (all’epoca direttore del Centro Ricerche Alimentazione Motori Elasis). Ed infatti mentre la parte elettronica è stata sviluppata dal Centro Ricerche Fiat di Orbassano e dai centri Magneti Marelli di Torino e Bologna, l’iniettore, la pompa ed il regolatore di pressione (in pratica il “cuore” del sistema common rail) sono stati sviluppati proprio dal Centro Ricerche Alimentazione Motori Elasis di Bari (centro ricerche del Gruppo Fiat). Ed ancora oggi è a Bari, nella zona industriale, lo stabilimento della Bosch che produce le pompe ad alta pressione per tutto il mercato europeo.
Nel 2002, inoltre, la 156 ha introdotto per le motorizzazioni diesel la tecnologia Multijet (associata a una distribuzione a quattro valvole per cilindro) che permette iniezioni di gasolio multiple per ogni combustione, migliorando prestazioni e consumi.
Sul versante dei motori a benzina, sempre nel 2002 Alfa Romeo sostituisce il classico 2.0 Twin Spark (che rispetto al precedente 2.0 16V della 155 aveva adottato un sistema di collettori a lunghezza variabile arrivando a 155 cavalli) con il nuovissimo 2.0 JTS (Jet Thrust Stoichiometric) a iniezione diretta, capace di sviluppare 165 cavalli e 210 N•m di coppia massima, ottenendo un netto risparmio sui consumi rispetto al precedente motore, che però alla guida appare più appagante, anche a causa del più avanzato stato di sviluppo del precedente Twin Spark.
Per quanto riguarda il top di gamma l’innovazione lascia posto alla tradizione. Si trovano infatti due versioni del propulsore V6 Busso (dal nome del suo progettista, Giuseppe Busso), che montato proprio su 156, oltre che sull’Alfa Romeo 147 concluse trent’anni di onorata carriera: un 2.5 da 192 cavalli e il 3.2 montato sulla 156 GTA da 250 cavalli, che si può dire il canto del cigno di questo 6 cilindri
La Alfa Romeo 156 è stata utilizzata come gazzella dall’Arma dei Carabinieri, rimpiazzata ora dall’Alfa Romeo 159 sebbene ancora molti esemplari siano tuttora in servizio. La 156 ha accolto con successo l’eredità della 155 nelle competizioni ma è stata l’ultima Alfa Romeo a partecipare a gare.
La concorrenza italiana e tedesca
L’Alfa 156 fu il ritorno del mito. Ispirata alle grandi del passato, fu un enorme successo da subito. Nonostante al trazione fosse ormai anteriore, tornò a far battere il cuore di molti alfisti, alcuni dei quali dimenticarono anche che fosse di casa Fiat. La pur onesta Marea non era avvicinabile in quanto a charme e prestazioni. Queste erano al top come una volta. Sebbene ormai Audi e BMW producessero motori davvero competitivi, la tenuta e l’assetto dell’Alfa Romeo erano rimaste al top della gamma anche con la 155. Ma adesso, nonostante le ottime Audi A4 e BMW serie 3, la più bella berlina media tornava ad essere una italiana, un’Alfa Romeo! Il restyling di Giugiaro aumentò ancora di più la distanza stilistica della 156 dalle concorrenti.
Alfa 156 I
BMW Serie 3 (E46)
Audi A4 (B5-B6)
Alfa 156 II
BMW Serie 3 (E90)
Audi A4 (B7)
Lancia Thesis (segm. E)
Fiat Croma II
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