Il mondo è pieno di appassionati di automobili, ma anche di chi le odia; a questi ultimi non si può dar proprio torto. L’automobile è diventato il simbolo dell’economia capitalistica. Gli Stati sovvenzionano le compagnie automobilistiche in difficoltà, quindi soldi pubblici, di chi paga le tasse, vanno ad aiutare aziende di questo tipo ma altre no. Il giro di interessi attorno alle automobili è gigantesco. Che inquinino le città e causino morti a migliaia all’anno in ogni paese non importa: dell’automobile c’è bisogno e tutti ce l’hanno e, per di più, molti la usano come status symbol. Siamo bombardati da pubblicità di automobili più che di altri prodotti. E la pubblicità è pensata per far nascere in noi il bisogno di avere qualcosa che prima non avevamo. Le case produttrici cercano ancora disperatamente di venderci l’ultimo modello facendoci credere che non possiamo farne a meno. Anche quella delle varie specifiche anti inquinamento Euro 4, 5, 6, ecc. è una manovra per spingere il prodotto nuovo. Eppure molti ne sono appassionati. Anche io, ma con la giusta dose di buon senso…
Mi piace guidare, sapere come va preso bene un certo tipo di curva, come usare l’acceleratore ed il cambio per entrare ed uscirne nel modo più opportuno, conoscere le tecniche di guida che fanno gustare meglio un viaggio sia a chi guida che ai passeggeri. Anche io sono il tipo che non si accontenta di un’auto qualunque. Non per apparire, intendiamoci. Non mi interessa avere un’auto da sogno, costosa, che rappresenti il mio successo economico. Mi piace guidare un’auto che mi dia delle sensazioni particolari, sensazioni che io trovo nelle Alfa Romeo, ma sono possibili anche con altre auto. Non è il blasone che mi attrae, l’auto che tutti si girerebbero a guardare ed ammirare mentre io sono alla guida (è un concetto che mi fa ribrezzo). Cerco il piacere di guida, una cosa mia. Può sembrare un vezzo, una cosa stupida anche, certo non è una prima necessità, ma è uno dei tanti piccoli piaceri della vita che è più salutare non negarsi. Le Alfa Romeo sono sempre state ottime in tenuta di strada e mi danno la sensazione di sicurezza che voglio quando viaggio con la famiglia. Mi piace il piglio sportivo che ne caratterizza la storia, ma anche quella strana sensazione che si ha stando al volante di una Alfa moderna che, anche se non è più quella di una volta, dà comunque l’impressione del ricordo dei modelli del passato. E’ un’auto con la memoria, con una storia tale alle spalle che si respira ancora oggi mentre le si guida. Quando lo faccio sento il profumo degli anni 60/70, quando ero piccolo ed ero affascinato dalle auto di allora, Alfa Romeo su di tutte. Sarà che sto invecchiando e sento la nostalgia dei bei tempi andati. Le Alfa di oggi se li ricordano e mi trasmettono questa sensazione…
L’auto è pensata per viaggiare, non per la città. Il traffico, lo smog, il caos urbano generato dalle automobili è certamente il lato più negativo della civiltà automobilistica moderna. Forse per questo motivo, una sorta di ambientalismo, diciamolo pure, un po’ talebano è contro l’automobile al 100%. Magari queste persone vanno in bicicletta dichiarandosi “no oil” perché individuano nel fenomeno automobilistico il nemico principale dell’ambiente in quanto, bruciando combustibili fossili, le automobili inquinano. E’ vero. I motori a scoppio inquinano eccome, anche quelli a gas naturale come metano e GPL, sebbene in misura minore. Ma quante parti della bicicletta sono fatte di materiali provenienti dal petrolio? E il lubrificante per la catena non viene dal petrolio? I suoi pneumatici? La gomma che ricopre i cavi dei freni e gli stessi ferodi? L’energia impiegata durante il processo di costruzione della biciletta con cosa è stata prodotta? Nessuno può negare che nelle città il problema di inquinamento dovuto ai gas di scarico delle automobili (ed al riscaldamento delle case) sia una cosa davvero seria, che va risolta al più presto per urgenti motivi di salute. L’auto elettrica sarà quasi certamente la soluzione del futuro, ma rimarrà il problema della produzione dell’energia necessaria a ricaricare le batterie. Una volta invecchiate poi, queste batterie andranno dismesse e, si sa, contengono materiali altamente tossici (come pure i pannelli fotovoltaici, per altro). Certo, non ce li respireremo come i gas di scarico, ma non è che l’auto elettrica sia poi così “verde” come si potrebbe pensare ad uno sguardo superficiale. Certo sarebbe meglio della soluzione del motore a scoppio, chi lo nega, e se ne auspica certamente l’avvento.
“No Oil” è probabilmente anche una dichiarazione di essere contro gli sporchi interessi di odiose multinazionali del petrolio che fanno miliardi sfruttando i paesi più poveri a scapito dell’ambiente. Però è anche vero che esistono normali aziende, a dimensione familiare o poco più, che lavorano nello stesso campo in modo del tutto onesto, nel rispetto dell’ambiente (sembra assurdo, ma non è una contraddizione), contribuendo alla fornitura energetica del proprio paese (il verdissimo gas metano viene trovato e prodotto dalle stesse compagnie), creando lavoro e benessere non solo per i dirigenti. Del resto immagino che nessuno di noi vorrebbe tornare ad utilizzare i poveri cavalli (le associazioni animalistiche si rivolterebbero ed a ragione) o la legna da ardere per riscaldare casa (già le foreste pluviali vengono martoriate abbastanza e i camini inquinano ben più del metano). Usare la bicicletta in città è la cosa più intelligente, magari senza ingenui adesivi “no oil”, tanto l’asfalto, gli pneumatici, molti indumenti, i caschi, le protesi, i CD, i vinili, i computer, i televisori, gli smartphone, e tanto altro sono chiaramente “oil”. Che poi sia estremamente necessario, oserei dire urgente, affiancare forme alternative di energia a quelle fossili mi sembra innegabile. Quello che mi sconvolge è semmai l’idea che si possa davvero diventare “no oil” dall’anno prossimo. Gran parte degli oggetti che utilizziamo tutti i giorni sparirebbero, andremmo a letto al tramonto per svegliarci all’alba, avremmo davvero tanto freddo d’inverno e molte persone morirebbero per mancanza di adeguate cure.
Non si può negare che avere un’auto al giorno d’oggi sia per molti abbastanza necessario. Certo, per chi vive in città, usufruendo di mezzi pubblici, car-sharing, bici, taxi, ecc. se ne potrebbe fare a meno: in caso di viaggio basta noleggiarne una. Ma non vedo perché demonizzare chi vuole (o magari deve) avere un’auto propria. Se tra questi c’è chi non si accontenta di un’auto qualunque, ma vuole averne una che per le sue caratterisitche gli si addice di più, non ci trovo niente di male. L’importante, come sempre, è non esagerare. Adorare la propria auto come fosse la cosa più preziosa che esiste è sicuramente fuori luogo. Si tratta pur sempre di un oggetto inanimato, per quanto possa sicuramente presentare diversi simbolismi e significati che vanno ben oltre la semplice ingegneria meccanica. Non dormire sogni tranquilli perché l’auto è parcheggiata in strada e chissà cosa può succederle durante la notte è forse segno di qualche squilibrio. Averne cura per passione, entro certi limiti, credo, non dovrebbe preoccupare molto. Una attenta manutenzione ordinaria non è un segno di mania, ma è importantissima perché coinvolge problemi di sicurezza per se stessi e gli altri, nonché di investimento economico (più la curi, più dura).
Ma c’è altro. Molto altro. L’auto è simbolo di viaggio, di avventura, di libertà. Forse la moto lo è ancora più intensamente, ma anche l’automobile può esserlo in modo importante. Normalmente gli imprenditori che si sono avventurati nella produzione automobilistica lo hanno fatto per passione, non solo per guadagnare soldi. Oggi l’automobile è il risultato di una profonda sinergia tra diverse professionalità che vanno dalla tecnologia all’arte. I designer fanno in modo che l’auto diventi un oggetto di rilevanza sociale, certo, una moda, ma è necessaria una qualche abilità artistica per concepire un modello che risulti poi bello da vedere secondo la sensibilità comune. Non a caso tra i più famosi designer di automobili si annoverano molti italiani quali Giugiaro, Pininfarina, Bertone. L’ingegneria meccanica, forse in modo più spinto prima dell’avvento dell’elettronica, ha spesso trovato soluzioni geniali al problema dell’efficienza dei motori o dell’assetto delle automobili. Alla fine il risultato è un prodotto che unisce estetica, funzionalità, sicurezza, piacere di guida, tecnologie di provenienza diversa (elettronica, informatica, idraulica, meccanica, aerodinamica), il tutto nel rispetto di certi canoni economici che ne facciano un progetto realizzabile concretamente. Ci vogliono anni, impegno, competenza. Alla fine si potrebbe anche rispettare il lavoro che richiede tutto questo, a partire dagli operai che realizzano l’assemblaggio (che magari non si potranno mai permettere una delle auto che assemblano, specie se lavorano per la Ferrari). Il problema è sempre il troppo: le aziende devono guadagnare sempre di più. Non ho mai capito perché ogni anno il fatturato deve aumentare. Non può essere “più o meno simile” agli anni precedenti? Oscillare attorno ad una media, senza gridare al disastro se si abbassa, non è possibile? Perché le aziende devono guadagnare sempre di più? Non ci si può accontentare di guadagni più o meno costanti? Quanto si può crescere sempre più? Prima o poi si raggiungerà un limite! E così via con le “idee nuove”, quelle che fanno sentire la gente inadeguata se non cambia o aggiorna il prodotto. Le auto inquinano? Facciamone di nuove, meno inquinanti, e forniamo una buona ragione alla gente per comprarle al posto di quelle che hanno già. Ma si inquina di più acquistando un’auto nuova ogni due anni, mettendo in circolazione modelli sempre aggiornati che inquinano sempre meno, o mantenendo un’auto più inquinante per 10 anni limitando il processo di costruzione di auto nuove, che richiede grandissime risorse energetiche ed inquina quindi anche esso? Dubbio amletico. Non ho la risposta, non so se qualcuno ce l’abbia, ma è bene rifletterci per esserne consapevoli.
Chi inquina più di una supercar? Non mi hanno mai davvero appassionato le auto che oggi vengono così definite. Fin da piccolo ero attratto delle auto “normail”, quelle di tutti i giorni. Certo, le supercar sono la prova di cosa si può fare in campo automobilistico con un progetto senza compromessi. In Italia siamo sempre stati maestri in questo, siamo il paese di Ferrari, Lamborghini, Maserati. Poi magari si è portati a vedere queste auto come il capriccio di gente ricchissima, gli unici che se le possono permettere infischiandosi pure degli aumenti dei costi del carburante. Quindi si è pensato di mettere supertasse su auto molto potenti senza contare che poi magari, anche se ricconi, molti dei loro acquirenti si sarebbero rivolti a cose meno costose, affossando un settore che in Italia ancora funzionava bene, in cui chi ci rimette davvero sono i soliti poveracci che lavorano come impiegati ed operai nelle case costruttrici costrette a ricorrere a tagli dolorosi a causa della contrazione del mercato.
Le cose non sono mai bianche o nere. Vogliamo mettere i SUV? A me non piacciono, per me non hanno alcun senso ed è verissimo che siano una moda, uno status symbol, un ibrido tra station wagon e fuoristrada, né adatti ad andare davvero “off-road”, né a tenere bene la strada come automobili “normali” (baricentro troppo alto). Ma prima di sparare giudizi contro chi si fa il macchinone e consuma volumi esagerati di preziosi carburanti inquinando ben più di auto di taglia media, pensiamo che magari le motivazioni della scelta di un SUV possano anche essere la paura dopo un incidente e quindi la voglia di sentirsi più al sicuro in caso di impatto. Non capisco assolutamente la ragione di esistere delle Hummer, ma non ho mai amato le auto piccole, non per le dimensioni in sé (e ce ne è di stupende a partire dalla mitica 500), semmai proprio per ragioni di sicurezza percepita (ed effettiva!): un conto è essere tamponati da una berlina mentre si è alla guida di una Land Rover, un conto se si è in una Micra (lo dice il nome stesso…)!
Pregiudizi ed esterofilia. Parliamo di auto tedesche. Belle, per carità! I tedeschi sono esigentissimi in fatto di automobili e, di riflesso, le case costruttrici di quel paese sfornano modelli di tutto rispetto, famosi in tutto il mondo per la loro qualità ed affidabilità. Non a caso le prime auto videro la luce in Germania con i marchi Benz, Daimler e Mercedes. Ma sono davvero le migliori? O meglio, sono davvero così inarrivabili da giustificare lo strepitoso successo a danno della produzione locale in un paese come il nostro, noto per i suoi grandi cotruttori di automobili? Diciamo pure che un po’ di colpa ce l’hanno i costruttori nostrani. Certi modelli a bassa affidabilità e “avvenenza”, diciamo così, poco degna di un paese noto in tutto il mondo per il proprio gusto, hanno lasciato molto spazio ai concorrenti stranieri. Ammetto che davanti ad una Fiat Duna o una Alfa Romeo Arna è un po’ difficile parlare di grandezza del design italico… Quando il gruppo Fiat negli anni 90 produceva le Tempra, le Lancia Prisma, le Alfa 145/6 era difficile che il pubblico non notasse le Audi e le BMW, anche le Volkswagen di allora! Purtroppo, anche se le cose sono oggi nettamente cambiate, la sensazione che l’auto italiana sia male assemblata, poco affidabile e duratura, addirittura brutta e troppo costosa per ciò che offre è rimasta diffusa in Europa e nel nostro stesso paese, soprattutto. Molti storcono il muso al solo sentir parlare di Fiat. Evidentemente Duna, Tempra, Tipo, Palio sono difficili da dimenticare. Gli italiani hanno sempre adorato la Volkswagen Golf preferendola spesso ai vari concorrenti nostrani che le si sono avvicendati quali Ritmo, Tipo, Alfa 33, Lancia Delta. Pochi sanno che la prima Golf fu ispirata dalla Fiat 128, che gli ingegneri tedeschi ritenevano il miglior modello di auto medio-piccola dell’epoca. E poi fu disegnata da Giorgetto Giugiaro. La Lancia Delta ha vinto rally in tutta Europa per diversi anni consecutivi. Le caratteristiche dell’Alfa 33 erano di tutto rispetto e mai hanno sfigurato contro la concorrenza tedesca, anzi. Eppure il pregiudizio rimane. La Golf è sempre stata un’ottima auto, non lo nego, ma oggi il made in Italy vanta concorrenti quali Fiat Bravo, la nuova Lancia Delta e la nuova Alfa Romeo Giulietta che mi sembrano nettamente superiori anche se consideriamo solo il design e l’innovazione estetica. Ma la Golf vende di più. La Giulietta è vista come una Bravo ridisegnata anche se non è vero, usano due piattaforme diverse. Le Fiat odierne (così come Lancia e Alfa Romeo) sono assemblate altrettanto bene e sono altrettanto durature ed affidabili. Esistono motori Fiat diesel JTD che rasentano i 400.000 km (!!!) e vanno ancora (e vi ricordo che l’inventore del diesel common rail, oggi utilizzato da tutti, è stato il gruppo Fiat – lasciate perdere che poi il brevetto andò a Bosch). Ma di queste cose si parla solo quando il motore è Mercedes o Voslkwagen. Loro si che sono dei carri armati, dei Panzer indistruttibili. Si pensa ai Fiat e si sorride con sufficienza, poverini, quelli si smontano da soli dopo 50.000 km… La realtà dei fatti è ben diversa. Esistono persone che hanno tribolato moltissimo con nuovissime Audi e BMW. Lo strano fenomeno è che chi acquista queste auto blasonate non si lamenta dei problemi, ha la tendenza a perdonarli o a vederli come casi sfortunati, le eccezioni che confermano la regola, li liquida come irrilevanti, anche perché i costi sostenuti per avere – e riparare – l’auto tedesca sono davvero ingenti. Sono cose che quando succedono ad un’auto italiana (e succedono a tutte le auto) scatenano polemiche: siamo alle solite, sempre cose fatte male, le Fiat sono quelle che sono. Avete mai chiesto a qualcuno con una grossa Audi o BMW quanto paga un regolare tagliando? Beh, aggiungete uno zero a quello di una Alfa Romeo. E stiamo parlando solo di cambio olio e filtri. Ma i possessori di teutoniche non si lamentano e sborsano. Come mai? Purtroppo possedere una Audi o una BMW è ormai uno status symbol. Le persone si sentono speciali nel possederle (che povertà d’animo) e perdonano le magagne liquidandole come dei casi fortuiti anche perché hanno investito grandi quantità di denaro per averle. Se avessero acquistato un’auto del gruppo Fiat, dopo problemi ben meno gravi li avremmo sentiti decretare: mai più auto italiane! Le tedesche si che vanno bene! Questo non aiuta l’economia di un paese in difficoltà. Provate a fare un discorso simile ai francesi!
Anche io ho avuto un’auto tedesca. Era un’Audi 80 B4, ossia prodotta tra il 1991 ed il 1995. Era il periodo in cui la concorrenza italiana si chiamava Tempra, Prisma e Alfa 155. Come dicevo prima, era difficile non notare una Audi 80 dalle linee sinuose e tondeggianti rispetto alle italiane spigolose di allora. Ritenevo la linea dell’Audi 80 la più bella in circolazione. Ne acqusitai una usata e la tenni per 13 anni percorrendoci 262.000 km. A quei tempi le Audi non mi davano l’idea di auto di lusso, di status symbol snob e pretestuoso. Oggi non mi piacciono più, sono secondo me esagerate. E sono anche sicuro che una Alfa 159 non ha nulla da invidiare ad un’Audi A4. Forse è la seconda a dover invidiare alla prima una linea accattivante e degna di nota. Persino in versione 4 ruote motrici, la trazione Q4 di Alfa Romeo è per certi versi più avanzata della tanto decantata Quattro dell’Audi, ma provate a dirlo in giro.
Le tedesche in genere mi sembrano noiose rispetto alle italiane. Il problema è che le italiane non ci sono quasi più. La Fiat sta producendo pochissimi modelli con pochissime versioni. La sola Audi produce modelli dalla A1 alla A8 (comprendendo tutti i numeri in mezzo) con motorizzazioni di tutti i tipi. L’Alfa Romeo ha solo Mito e Giulietta. La 159 è fuori produzione e sarà sostituita dalla nuova Giulia solo nel 2015! Questi sono errori che si pagheranno ancora, come si sono pagati quelli dei progetti Tempra/Prisma/155. I potenziali acquirenti non ricorderanno neanche una Alfa Romeo concorrente di Audi A4 e BMW Serie 3. Sono sicuro che la nuova Giulia (che uscirà nel giugno 2015 e con trazione posteriore) sarà spettacolare e superiore alle concorrenti tedesche del futuro, ma è solo futuro. Il mercato cosa farà? Gli italiani la acquisteranno in luogo delle omologhe tedesche? E pensare che quando la VW acquisì Audi nel 1965 dichiarò di volerne fare l’Alfa Romeo di Germania! La dice lunga sul rispetto che avevano della casa italiana. L’Alfa Romeo ha insegnato all’Europa a fare auto, in particolare ai tedeschi. Loro hanno imparato bene ed oggi hanno i mezzi per fare di più. Pensate ad una Audi A7, un grosso coupé 5 porte. L’ultimo coupé Alfa Romeo è stata la Brera, uscita di produzione nel 2010. Se un appassionato di auto sportive volesse un’auto italiana senza arrivare a Maserati o Ferrari, non avrebbe scelta. Mercedes SLK e BMW Serie 3 offorno coupè sportivi a trazione posteriore. Audi ha A5 ed A7 con motorizzazioni di tutto rispetto. Certo, a prezzi esorbitanti, forse esagerati ed ingiustificati (tranne che dal fatto che gli italiani li sborsano volentieri). Coupé sportivi economici sono offerti perfino da Peugeot e Renault! E il gruppo Fiat? Nel 2012 non ha saputo fare di meglio che proporre una Lancia Flavia come copia della Crysler 200. Ovviamente ritirata dal commercio l’anno dopo.
Insomma, se si prendono i modelli omologhi, ad esempio, di Alfa Romeo, Audi e BMW, a parità di motorizzazioni ed allestimenti, non è che le italiane abbiano molto da invidiare. Personalmente le preferisco di gran lunga. La loro affidabilità è pari, se non superiore alle tedesche. Lo stesso vale per la durabilità. Ma non c’è paragone sull’offerta di modelli e motorizzazioni delle case tedesche. Le italiane rimangono vittima del pregiudizio ma si sono cercate i guai da sole, bisogna ammetterlo. Rimane da sperare che con l’acqusizione della Crysler il nuovo gruppo FCA (oltre che a umiliare il glorioso marchio Lancia, che fu di Flavia, Aurelia e Fulvia, utilizzandolo su delle pure Crysler) possa contare su adeguate risorse per rimpinguare il parco auto, davvero troppo risicato al momento, e competere pari a pari con i meritevoli tedeschi. Certo, sarebbe auspicabile un ritorno alle corse con Alfa Romeo, un ritorno della trazione posteriore dei modelli più sportivi, utilizzare motori specifici per Alfa Romeo o motori Maserati come dovrebbe accadere per la Giulia, offrire Giulia e Giulietta in versione anche spider e sprint come in passato. Ricordiamoci che il gruppo Fiat è anche Ferrari e Maserati e magari persino gli italiani capiranno che anche qui sappiamo fare bene le macchine.