La mia prima reazione di fronte alle disposizioni è stata di incomprensione. Mi chiedevo: “Perché sta succedendo a noi? Se ci sentiamo in buona salute, perché dobbiamo restare a casa? Siamo convinti che coloro che praticano le arti marziali siano sani nel corpo e nello spirito: perché dunque non abbiamo più il diritto di lavorare?”.
Mi sono posto queste domande per un giorno o due; poi, passato il primo istinto che mi induceva a rifiutare questa situazione (che a me, come a molti altri, sembrava stupida), ho iniziato a riflettere.