Dopo il terremoto dell’Emilia del 2012 i media hanno dato largo spazio alle supposizioni, paure e congetture riguardanti le possibili responsabilità delle attività legate ad estrazione di idrocarburi nella Pianura Padana. Il risalto è stato tale che la Regione Emilia Romagna decise di incaricare una commissione di esperti per chiarire l’accaduto. Fece molto scalpore il fatto che il rapporto della commissione fu reso pubblico solo dopo due mesi dalla conclusione dei lavori, cosa che non fece altro che alimentare i dubbi su come in realtà stessero le cose.
Per riassumere, la commissione ICHESE (rapporto scaricabile qui) aveva concluso così (pagina 195): “La Commissione ritiene altamente improbabile che le attività di sfruttamento di idrocarburi a Mirandola e di fluidi geotermici a Casaglia possano aver prodotto una variazione di sforzo sufficiente a generare un evento sismico “indotto”. L’attuale stato delle conoscenze e l’interpretazione di tutte le informazioni raccolte ed elaborate non permettono di escludere, ma neanche di provare, la possibilità che le azioni inerenti lo sfruttamento di idrocarburi nella concessione di Mirandola possano aver contribuito a “innescare” l’attività sismica del 2012 in Emilia.”
La frase “…non permettono di escludere…” fu messa molto in risalto e generò un notevole caos mediatico.
In realtà, a voler leggere il rapporto con serenità e razionalità, la commissione non riteneva che lo sfruttamento dei vicini campi potesse aver indotto il terremoto in questione, ma non aveva essa stessa creato un modello fisico atto ad interpretare i dati disponibili e comprovare questa loro affermazione. Di qui la frase “…non permettono di escludere“, ossia, “non abbiamo creato un modello fisico, quindi questa carenza non ci permette di escludere scientificamente…” La commissione lo ha quindi auspicato per il futuro.
Gli studi auspicati dalla commissione ICHESE sono poi stati affidati al gruppo di esperti denominato Laboratorio Cavone, composto da ricercatori con curriculum che ne risaltavano l’esperienza nel campo della sismicità indotta o innescata, provenienti da università per lo più dagli Stati Uniti (tra cui il celebre MIT), dove la sismicità indotta è più diffusa, quindi ben studiata (in Italia è la prima volta che se ne parla davvero perché è rarissimo che si verifichi qualcosa di imputabile a questo fenomeno). Gli studi del Lab Cavone, scaricabili qui, hanno escluso che le attività dell’omonimo campo possano aver innescato i terremoti del maggio 2012.
Già nella conclusione del sommario, a pagina 7, ultimo capoverso, si legge che “non esistono ragioni fisiche per sospettare che le variazioni di pressione agli ipocentri associate con la produzione o l’iniezione a Cavone potessero aver innescato la sequenza del Maggio 2012“. Il testo poi spiega nel dettaglio le procedure eseguite per le simulazioni e le modellazioni effettuate.
Il nostro INGV ha poi pubblicato un documento con cui validava al 100% lo studio del Lab Cavone, approvandone le scelte progettuali, i modelli, i calcoli, ecc. (basta leggere l’ultima pagina).
In particolare, gli scienziati sottolineano come gli eventi sismici seguano la cosiddetta “Legge di Coulomb” che tirano in ballo a pagina 65 del rapporto conclusivo del Lab Cavone:
τ = μ(σ – P)
dove μ è la tangente dell’angolo di attrito, τ è lo sforzo di taglio e σ è quello normale; P è la pressione dei fluidi nei pori della roccia.
Gli esperti spiegano come, secondo la formula, le estrazioni, che diminuiscono P, aumentano τ, cioè lo sforzo di taglio necessario a far muovere la faglia; le iniezioni, aumentando P, diminuiscono lo sforzo necessario al movimento – quindi le estrazioni agiscono in senso stabilizzante sulla faglia (ritardante); le iniezioni invece favoriscono il movimento (effetto anticipante).
La cosa importante da capire bene però, e da sottolineare, è che questo è il principio fisico, ma per poter ottenere in realtà gli effetti da esso descritti bisogna avere delle grandezze sufficienti ad innescare davvero il movimento – i volumi di fluidi in gioco nei giacimenti italiani non sono sufficienti ad innescare terremoti.
Si porta spesso ad esempio la sismicità indotta su un grosso giacimento in Uzbekistan tra il 1974 ed il 1994 con magnitudo tra 4,2 e 7 causata dal disequilibrio isostatico dovuto alla sottrazione di massa (la litosfera si riadatta al minore peso). Si sono però estratti 456 GSmc di gas (miliardi di metri cubi standard), mentre in Italia si parla di medie tra 9-32 GSmc (nel mondo si può arrivare a migliaia); per l’olio, abbiamo riserve valutabili nell’ordine di 100-200 Mbo (Cavone circa 20 Mbo); sebbene Tempa Rossa e Val d’Agri siano stimate ad oltre 400 Mbo, nel mondo si arriva a decine di migliaia…
Le simulazioni utilizzate dal Lab Cavone hanno calcolato che il terremoto del 12 maggio ha generato uno sforzo di Coulomb di 5-7 bar sulla faglia del terremoto del 29 maggio, che quindi sarebbe stato innescato dalla prima scossa. A Cavone però si produceva più che iniettare, quindi la pressione sulla faglia del terremoto del 29/5 sarebbe diminuita, ritardandolo. Ma il punto è che la variazione degli sforzi di Coulomb dovuta all’attività di Cavone in quel periodo, calcolata per un ipocentro a 5 km di profondità, ammonta a meno di un millibar, cioè inferiore all’effetto delle maree e delle variazioni di pressione atmosferiche!
Riassumendo, eventi sismici possono essere innescati od indotti da attività estrattive o di iniezione per tre principali motivi:
- il disequilibrio isostatico causato dalla sottrazione o aggiunta di massa;
- gli effetti poroelastici dovuti al ridimensionamento dei pori dopo la sottrazione o aggiunta di fluidi;
- l’intensa fratturazione (fracking) operata per estrarre olio o gas da formazioni impermeabili (shale)
Ma in Italia non esistono le condizioni per cui si possano verificare eventi sismici indotti o innescati:
- in Italia non si fa fracking (non ci sono formazioni geologiche sfruttabili ed è proibito per legge),
- i disequilibri isostatici sono irrisori a causa delle dimensioni dei nostri giacimenti,
- gli effetti poroelastici sono notevoli su rocce ad alta permeabilità e compattabilità, compartimentati da faglie, con formazioni rigide al tetto ed al letto – non è la situazione dei giacimenti italiani.
Infatti, come già accennato, all’estero si parla da anni di sismicità indotta; in Italia no (almeno non prima del 2012): c’era solo un caso sospetto nel nostro paese, il terremoto di Caviaga, ridimensionato a normale attività sismica da una recente ricerca. Per il resto ci sono circa 70 casi sospetti al mondo, lo 0,1% dell’attività totale. Va aggiunto che non tutti i grandi giacimenti del mondo hanno dato problemi di sismicità indotta.
Esiste un recente studio che evidenzia la mancanza di correlazione tra grossi giacimenti di gas e forte attività sismica: in poche parole, se l’attività sismica è forte, il giacimento è intensamente fratturato ed il gas sfugge via. Ergo: se trovo un grosso giacimento è probabile che la zona non sia ad alta sismicità = nelle zone ad alta sismicità sarà difficile trovare dei grandi giacimenti di gas.
Per quel che riguarda le attività estrattive in Italia, si può stare tranquilli anche perché negli anni 60-80 erano davvero molto intense, più di oggi e più di quanto lo potrebbero essere se davvero volessimo sfruttare il nostro sottosuolo. In quegli anni i nostri territori non hanno subito chissà quali danni, i prodotti agro-alimentari che il mondo ci invidia sono rimasti di altissima qualità, non c’è ragione di temere che possano peggiorare per una ripresa delle estrazioni. Incidenti devastanti non sono mai avvenuti (non facciamo paragoni col Golfo del Messico perché pure questi sono improponibili anche solo in ragione delle dimensioni dei giacimenti). Il turismo non ha mai sofferto dalle attività estrattive negli anni 60-80, perché dovrebbe farlo ora che sono inferiori? Insomma, non c’è un assalto ai nostri territori, le richieste sono ben inferiori a quello che si è fatto nel passato, una intensa attività con cui abbiamo convissuto senza problemi. In più, rispetto al passato, le tecnologie sono diventate più sofisticate, quindi sicure, le leggi italiane riguardo la protezione dell’ambiente sono le più stringenti e all’avanguardia d’Europa e forse del mondo.