Samurai

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Immaginarli comunemente come guerrieri ce ne fa cogliere solo una parte della loro rigorosa formazione.  La cultura letteraria era il complemento dell’arte della guerra. L’espressione “il pennello e la spada” si addice a molti di loro. I più intellettuali elaborarono una visione del mondo che trova la sua collocazione tra le grandi correnti della filosofia giapponese. I samurai furono sottili psicologi, oltre che filosofi della politica. Il mito cinematografico, alquanto dozzinale, che li ritrae in duelli micidiali in cui uno ne abbatte una trentina, è solo un pregiudizio, una distorsione da sfatare.

Samurai è una parola complessa, di antica derivazione. Saburau, il verbo da cui deriva, indica il servizio prestato dall’attendente di un aristocratico. A costoro fu poi permesso di portare armi, promuovendoli guardie del corpo. A partire dal XII secolo, il termine samurai caratterizzava le fazioni medie e superiori della classe guerriera. Le origini del primo samurai Takeru Yamato si perdono nel mito tanto che il suo cognome coincide con il nome antico del Giappone.*

In un certo senso l’Aikido è, insieme agli altri Budo quali il Judo, il Karatedo, il Kendo, il Jodo, il Kyudo, lo Iaido, ecc., l’eredità che i Samurai hanno lasciato a tutto il mondo: grazie alla continua pratica in forma non nociva di tecniche nate per distruggere un avversario, si può ricercare il controllo della naturale aggressività dell’uomo indirizzandola a fini costruttivi, approfondendo nel contempo lo spirito e temprando la mente ed il corpo.

*Da “Lo Spirito del Giappone”, di Leonardo Vittorio Arena

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