Era un po’ che mi ronzava in testa questo tema, ma non sapevo bene da che parte cominciare… ehm… ehm… – mi vergogno un po’… 😉
Ma dai! Coraggio! Non è risaputo che l’Aikido è amore? Che l’Aikido è vita? O no?
Quindi cominciamo, sottolineando che non tutte le idee che seguono sono farina del mio sacco, ma si ispirano a riflessioni sul tema fatte da chi di Aikido sa molto più di me…
C’è chi dice: “Perché faccio Aikido? Solo per le ragazze…”. Rafforzando l’ronia con: “Posso toccare tutte le donne che voglio e mi pagano pure per farlo!” Una pratica allettante, pensiero credo condiviso da molti… E si può anche perfettamente rovesciare il discorso a favore dell’altro sesso (figuriamoci per i gay!). Poi aggiungerei che non solo mi pagano …mi ringraziano pure: quando l’insegnante durante l’allenamento passa da te e ti rivolta ben bene sul tatami, l’etichetta vuole appunto che lo ringrazi pure! Con tanto di saluto alla giapponese!
Aikido ha molto a che fare col sesso, a parte la facile analogia della coppia di praticanti che finiscono sdraiati a tappeto sudati ed ansimanti… E poi non si parla di avversario ma sempre di compagno, compagna, partner. Alcuni insegnanti incitano pure allo scambismo, esortando a cambiare partner durante la pratica, sebbene alcune scuole più tradizionaliste impongano di mantenere lo stesso partner per sempre (intendo, per la stessa sessione di allenamento…). Che noia…
A parte gai scherzi, quello che i partner si scambiano (oltre a un po’ di fluidi corporali, dato che si suda parecchio) sono sicuramente i ruoli: il tori, chi si “difende”, esegue la tecnica (yang); uke, chi attacca e subisce la tecnica (yin). Intanto precisiamo che l’uke non subisce ma riceve, concetto più vicino all’etimologia della parola giapponese. In questo modo l’uke allena la sua parte femminile, appunto, riceve – “è” il ruolo femminile.
Si potrebbe fare facile ironia “matrimoniale” maschilista dicendo che la donna attacca e l’uomo si difende, ma non è questo il punto. Il punto è che, scambiandoci i ruoli durante l’allenamento, alleniamo a turno sia la nostra parte femminile, che quella maschile. Come è noto, ogni individuo ha la sua parte del sesso opposto. E’ molto importante esserne coscienti, accettarla e nutrirla, per un corretto equilibrio psicologico. Ed ecco che Aikido aiuta anche in questo. Quando uke, la parte femminile, attacca, deve essere in grado, al momento del contatto, di lasciarsi andare, di “donare” il proprio corpo al tori, dando fiducia piena, esercitandosi a darla (la fiducia, che state pensando!?). A sua volta, il tori deve “dare” all’uke (non “dargliele”): ha la responsabilità del corpo di uke, della sua incolumità. Una cosa che i profani stentano a capire è come e perché uke debba “lasciar fare la tecnica” al tori. Non è un “arrendevole abbandono”, il lavoro di uke è quello più difficile: deve far capire ad un eventuale tori meno esperto che la sua tecnica non sta “funzionando”, non utilizzando la forza per bloccarlo, ma solo per frenarlo, come dice un noto insegnante che tiene molto a questi concetti (e che ringrazio per l’ispirazione). L’analogia che utilizza per chiarire meglio l’idea è quella delle macchine da pesi: se le carichiamo con troppi pesi non riusciamo a muoverle e quindi non possiamo lavorare, non possiamo costruire il nostro corpo. Allo stesso modo, se un grosso uke bloccasse con la sua forza un piccolo tori, magari anche meno esperto, questi non potrebbe lavorare e costruire il suo corpo con l’Aikido.
Immaginate quindi una donna che, alle prese con un uomo poco esperto, lo blocchi subito, congelando qualunque sua “aspirazione”. Non sarebbe meglio invece aiutarlo, frenarne la goffagine per godere assieme della sua crescita? E’ in questo senso che l’uke “dà il suo corpo al partner”, in modo attivo, non passivo. La forza del tori invece deve essere costruttiva, deve aiutare uke ad essere forte, non deve distruggerlo. Il tori non è lì ad eseguire la tecnica per farsi bello/a, proiettando qua e là il malcapitato uke; il tori è al servizio di uke, dovrebbe eseguire la tecnica nel modo che uke gli/le consente, il solo modo per non procurare danni ad uke, danni che in Aikido non appiaono chiari sul momento, ma solo dopo anni ed anni di allenamento non corretto. Il corpo di uke, la sua postura, il suo posizionamento, la sua dinamica durante la tecnica, devono guidare il tori nell’esecuzione, rispettando pienamente la fisiologia del corpo di uke. Del resto tori è al suo servizio. Servire, in giapponese si dice “saburau”, termine da cui deriva “samurai, appunto, colui che serve, si prende cura dell’altro (capite, no?). La tecnica ricevuta deve dare piacere ad uke – noi aikidoka aborriamo la violenza sessuale. Insomma, in certi casi si parla anche di miglioramento della vita sessuale con la pratica dell’Aikido, quindi, che aspettate?
Riconosco che per alcuni possa non essere facile pensare di allenare la parte del sesso opposto durante la pratica, ma non è facile neanche la vita, tanto meno la relazione di coppia, per tornare al discorso. E la storia ci insegna che tra i samurai (come del resto anche nell’antica Grecia e nell’antica Roma) le relazioni tra stessi sessi non erano certo uno scandalo, ma in certi casi virtù.
Quindi alleniamoci pensando che quando siamo uke stiamo nutrendo la nostra parte femminile e quando siamo tori sviluppiamo quella maschile. Diamoci di più agli altri, doniamo il nostro corpo, ne riceveremo beneficio psicofisico. L’allenamento così inteso dovrebbe portarci ad aumentare la nostra sensibilità verso il prossimo, in tutti i sensi: alla semplice presa katatedori dovremmo essere in grado di percepire tutto del nostro partner, il livello come aikidoka, se ha tensioni, problemi, se è timodo/a o no, se ha o meno una mentalità aperta e perché no, persino come fa l’amore, senza bisogno di andarci a letto davvero. Ed ecco che ci possiamo pure rivendere l’Aikido come una pratica per diminuire il tasso di infedeltà… ma non è proprio così che va la cosa… 😉
Anche il nostro stesso corpo fa un lavoro femminile e maschile a seconda delle parti usate: le mani fanno il lavoro femminile, i piedi quello maschile: le mani di tori devono essere in grado di lavorare su uke senza dare dolore, la tecnica deve essere come un abbraccio, che sia un’immobilizzazione od una proiezione. Le mani sono morbide, accarezzano; sono i piedi (le gambe, le anche) ad essere forti, a spingere con energia, consentendo al bacino di venire avanti, di entrare, di fare il lavoro maschile, dando energia, vita.
A questo punto qualcuno potrebbe pensare alle analogie col ballo, in cui i ruoli femminili e maschili sono più chiari. Ma l’allenamento dell’Aikido è ben diverso, è basato su movimenti di combattimento, sebbene in modo tale da non creare danni, bensì benefici. Ed in Aikido i ruoli si invertono periodicamente, consentendo di allenare entrambe le parti, il maschile ed il femminile, nel tentativo di realizzare il completo sviluppo dell’essere umano, nella sua interezza, lavorando su tutto ciò che lo rende tale.