Per diversi motivi posso dire che il 2016 è stato l’anno più brutto della mia vita. E’ cominciato con la perdita del lavoro dei miei sogni, quello per cui tanto avevo combattuto e dopo tanto tempo ottenuto con immensa soddisfazione (la cosa era maturata mesi prima ma gennaio 2016 è stato l’ultimo mese di lavoro). Verso la fine dell’anno orribile è scomparso il fratello giovane di mio padre, 10 anni in meno, quello che pensavo mi avrebbe ricordato mio padre quando non ci sarebbe stato più, invece… Con la sua chitarra mia sorella ed io avevamo cominciato da piccoli a sperimentare. Qualche mese prima avevo cominciato a suonare col gruppo cover di cui ancora faccio parte ed il 30 dicembre dello stesso anno muore improvvisamente l’altro chitarrista. Amara conclusione di un anno già piuttosto ricco di brutti eventi. Ma è stato l’anno in cui ho ripreso a suonare la chitarra ed ho comprato la mia attuale Stratocaster, chitarra che sognavo fin da piccolo. Ho voglia quindi di fare un bilancio di quell’anno.
Difronte a eventi ben più gravi la perdita del mio lavoro non è certo una vera tragedia. Me la sono vista brutta perché a poco più di 50 anni non è facile ritrovare un lavoro in Italia, anche perché l’ambiente in cui lavoravo era comunque in forte recessione. La cosa che mi ha sfiancato di più era l’idea di quanto avessi lottato per arrivare dove ero arrivato, quanto avessi penato in passato per non perdere di vista la meta, di quante energie avessi investito nel raggiungerla per poi vedermela sfuggire così, come un tappeto sfilato da sotto i piedi con uno strattone. Ma non voglio parlare del mio lavoro. Questo post è per la musica.
E’ stata una brutta esperienza rimanere disoccupato con un bambino piccolo da mantenere. Diciamo che quando ho conosciuto mia moglie lei era imprenditrice e io ricercatore. Siamo finiti lei in un call center ed io in una fabbrica. Ma appena perso il lavoro lei stessa, capendo forse che era in gioco il mio equilibrio mentale, mi ha spinto ad accettare l’invito di un amico che mi aveva ripetuto spesso della possibilità di unirmi ad un suo gruppo cover per suonare. Ricordo l’impatto che la sola idea ebbe su di me. Fu come se un fuoco nascosto sotto la brace, mai spento davvero, si stesse riaccendendo. Qualcosa stava soffiando sulla brace e il fuoco da li a poco sarebbe divampato irresistibilmente. Negli ultimi 20 anni circa la mia vera essenza si esprimeva pienamente sul tatami, quando praticavo Aikido, un’arte marizale che avevo scoperto per caso e che mi aveva letteralmente fulminato. Ma il grosso colpo subito dalla perdita del lavoro doveva aver incrinato qualcosa. Forse da quelle fratture stava riemergendo il fuoco della musica, un po’ come il magma che lentamente si fa strada verso la superficie.
Fin da piccolo cantavo, anche prima di imparare a leggere e scrivere. Io e mia sorella ci divertivamo ad imparare testi a memoria per cantarli in due. Fu lei a scoprire la chitarra di nostro zio, a casa dei nonni un pomeriggio. Mi mostrò come aveva notato che premendo le corde in diversi punti della tastiera si ottenevano note diverse. Lo zio ci vide interessati e ci disegnò un piccolo prontuario con i primi accordi e ci regalò quella vecchia chitarra. Non riuscivo a smettere di sperimentare. Anche mio padre conosceva un po’ di accordi base e ci aiutava agli inizi ad imparare. Era stato lui a comprare quella chitarra mentre era militare. Era tornata in famiglia e io e mia sorella sviluppammo su di essa i tipici calli da chitarrista sui polpastrelli nella mano sinistra: vecchia chitarra con vecchie corde metalliche – eravamo massacrati!
Ricordo bene come, seduto a terra accanto al registratore a cassette, cercavo di trovare ad orecchio l’accordo giusto con cui iniziava uno dei brani che cantavo normalmente con mia sorella. Ci volle molto a trovare quel primo accordo. Poi per il secondo fu ancora un duro lavoro, e così via… Pian piano cominciavo a capirne la logica e dopo un po’ avevamo una base musicale su cui cantare! Era incredibile poter suonare e cantare allo stesso tempo! Avevo poco più di 11 anni.
Era un periodo in cui si stava all’aperto con gli amici a giocare e una chitarra per cantare tutti assieme era genericamente benvenuta. Anche qualche altro amico suonava e dopo un po’ ci venne l’idea che sarebbe stato opportuno dividerci i compiti. Io mi presi la responsabilità di cominciare a capire come si fanno gli assoli. L’altro amico non osava andare oltre gli accordi. Proponemmo a mia sorella invece di imparare le parti di basso. Fu la fine della vecchia chitarra, su cui montammo le corde da basso causando lo scollamento del ponte. Mio padre capì che era il momento di fornirci degli strumenti più degni e ci regalò una chitarra elettrica ed un basso con amplificatore in comune. Io sognavo la Stratocaster e non ero nella pelle perché la mia nuova chtarra ne era una perfetta imitazione! Il regalo più bello di sempre! Col tempo, aggiungendo un batterista, avremmo messo su una piccola band in cui suonavamo le cover dei brani che ci piacevano e registrvamo le cassette che conservo ancora, niente di più.
Anni dopo comprai una Paul Reed Smith invece del mio sogno Stratocaster. La tenni per tantissimo tempo ma la suonavo raramente. Ormai suonavo solo per conto mio, chitarra acustica e voce, per sfogarmi quando avevo tempo. Di rado sfoderavo l’elettrica per suonare dietro ai dischi o a volte su delle basi costruite al computer. Ancora più di rado capitava di suonare con qualcun altro ma ormai la musica eseguita dal vivo era un ricordo del passato. Regalammo i nostri vecchi strumenti ai cugini, i figli dello zio per cui tutto era iniziato.
La mia prima chitarra elettrica è sparita, non si sa che fine abbia fatto. Il basso invece era rimasto nella stanza dei cugini, ormai anche loro padri di famiglia che avevano del tutto abbandonato ogni velleità musicale. Accade spesso che suonare rimanga un ricordo di gioventù. Io non ho mai davvero smesso, il fuoco non si è spento, era solo un po’ soffocato. Come è giusto che sia, ho utilizzato un evento brutto della mia vita per riscoprirlo e fare in modo che mi aiutasse nel gestire l’impatto negativo. Gennaio era stato l’ultimo mese di lavoro e febbraio il primo con la mia nuova band di attempati.
All’arrivo dell’estate fummo in grado di fare una prima esibizione davanti ad amici e parenti. Verso la fine dell’anno, in visita dallo zio ormai malato da tempo, scoprimmo che il basso che era stato di mia sorella era ancora lì in un angolo e mai lo avevamo notato prima. Fu emozionante per lei riunirsi a quello strumento. Ma purtroppo fu l’ultima volta che vidi mio zio. Il 24 dicembre sera uno dei miei cugini mi avvisa della brutta notizia. Io e mia sorella passammo con nostro padre il giorno di Natale al funerale del fratello giovane, quello che avrebbe dovuto sopravvivergli per un po’. Che periodo triste… e non era finita.
Il 17 dicembre avevo suonato con la mia nuova band in un ristorante. La mia prima volta dal vivo. Emozionante! Non faccio in tempo a rallegrarmi che neanche una settimana dopo scompare lo zio per cui tutta questa musica era cominciata. Un’altra settimana in più e scompare l’altro chitarrista, davvero inaspettatamente. Fu un brutto colpo per la band. Poteva finire tutto. In realtà pian piano abbiamo ripreso col subentro di un altro chitarrista. Abbiamo organizzato un concento in ricordo dell’amico scomparso. Un evento indimenticabile, col figlio a cantare con noi e gli altri gruppi amici a precederci sul palco. La cosa ha saldato il nostro legame. Ed io avrei persino trovato lavoro dopo qualche anno, assunto dall’altro chitarrista che aveva smesso da un po’ di accompagnarci.
Il 2016 era iniziato male ed era finito peggio. Era solo il primo di un 3-4 anni di difficoltà economiche, che non sono del tutto finite perché lo strascico dei debiti accumulati si è propagato nel futuro. Non erano finite neanche le tragedie perché a febbraio dell’anno dopo un incidente stradale avrebbe portato via il giovane figlio di un amico che non frequentavo da tempo. Un ragazzo appena divenuto padre, morto appena dopo aver visto la fliglia appena nata. Questa sì, una vera tragedia. Inconcepibile. Ho rivisto il mio amico qualche mese dopo i funerali strazianti. Grande forza d’animo. Mi ha detto di aver cominciato a suonare la chitarra…
Sono cose che ti fanno rimettere la tua vita nella giusta proporzione. Il pessimo 2016 mi aveva tolto il lavoro e due persone care. Ma è la vita. Lo spettacolo continua. Deve farlo. Nello stesso anno ho ritrovato la mia vera essenza, la musica suonata, eseguita da me. E in quel periodo buio con la chitarra ho mantenuto la luce accesa; quell’anno ho potuto vedere crescere mio figlio tutti i giorni, cosa che non avrei putoto fare se fossi stato al lavoro. Suono in due band ora. Ho un lavoro. Le difficoltà ci sono e la musica aiuta ad affrontarle. La cosa mi ha cambiato. Ero un aikidoka convinto ma qualcosa si è spezzato e forse ha consentito a quello che sono veramente di riemergere. Oggi quindi, vigilia di Natale, faccio gli auguri ai miei cugini che esattamente 6 anni fa avevano perso il padre che mi aveva iniziato alla chitarra ancor prima che loro nascessero.