Elena Gabrielli ha iniziato la pratica dell’Aikido nel 1970 presso l’Aikikai d’Italia sotto la supervisione del Maestro Hiroshi Tada, IX dan dell’Aikikai di Tokyo. Formatasi alla scuola del Maestro Motokage Kawamukai, VI dan dell’Aikikai di Tokyo, nel corso degli anni ha praticato con Maestri di riconosciuta levatura internazionale. Si dedica all’insegnamento dell’Aikido dal 1975. Dal 1993 segue il Maestro Christian Tissier, VII dan dell’Aikikai di Tokyo, da cui riceve nel 2007 il VI dan Uisp/Ado. Autrice del libro L’Aikido Possibile, ed. Il Calamaio, 2000 (fuori stampa), dal 2007 è socio fondatore e dirigente nazionale del Progetto Aiki. Questa intervista ha avuto luogo nel 2005.
Simona Zamboni: Stile di Aikido? (non so in che altro modo mettere…questa domanda)
Elena Gabrielli: Chiarissima la domanda. Credo, però, che non essendoci state divisioni, né la nascita di scuole diverse alle origini , nell’Aikido non si possa parlare di scuole o di stili.
Lo “stile” diventa quello personale di un insegnante e naturalmente più ha valore l’insegnante più acquista credibilità e valenza il gruppo che lo segue esprimendo una modalità di pratica dalle caratteristiche specifiche e significative.
Si potrebbe dire lo stile Tada, lo stile Tamura, lo stile Tissier e così via fino ad arrivare al “modello Giuditta” ma non credo sia questo il significato di stile in un’arte marziale.
Da quanti anni pratichi?
Pratico da 35 anni
Come ti sei avvicinata a questa disciplina?
Desideravo praticare un’arte marziale, ma la scelta di praticare Aikido è stata puramente casuale. Ero veramente molto giovane e l’Aikido o un’altra arte marziale sarebbe stato lo stesso.
Trovi differenze da quando hai iniziato a praticare ad adesso? Ti sembra per esempio che sia meno inusuale che una donna approcci le discipline marziali..?
Sicuramente, come del resto in altri campi, non è più così inusuale che una donna pratichi un’arte marziale.
Un cenno storico a favore delle donne:
La prima apparizione dell’Aikido in Italia si deve alla Sig.na Haru Honoda, allora shodan, scultrice giapponese molto vicina ad O Sensei, che prima ancora dell’arrivo in Italia del M° Kawamukai e del M° Tada poi (1964), si era stabilita per qualche anno a Roma.
Verso la fine degli anni ’60 inizio anni 70, in due diverse organizzazioni: F.I.K (Federazione Italiana Karate) e AIKIKAI (Associazione di cultura tradizionale giapponese) nascevano le prime cinture nere donna italiane: Clara Gamba di Torino (F.I.K.) e Carla Chierchini di Roma (AIKIKAI).
Dagli anni 70 in poi il numero delle donne sul tatami è aumentato notevolmente ed oggi le donne nell’Aikido non sono più così rare come una volta anche se la figura femminile ancora non è pienamente rappresentata.
Trovi facile conciliare la pratica dell’Aikido con la famiglia?
Non facile ma possibile. La donna è stata sempre identificata con le due principali funzioni che si è trovata a svolgere nella vita: moglie e madre. Il fondamento di essere donna sembrerebbe l’ostacolo principale al nascere di un’identità femminile nel campo delle arti marziali.
La donna perché le sia riconosciuto un valore sociale diverso da quello tradizionale, deve affrontare maggiori difficoltà e trovare il tempo da dedicare alla pratica tra impegni casalinghi, familiari e di lavoro.
Il passaggio, ancora in atto, dalla tradizione squisitamente maschile, alla storia di un Aikido femminile, non sarebbe avvenuto se non si fosse potuto contare su una forte volontà ed un grande amore per l’arte da parte delle donne.
Così, quando sono diventata mamma (nel lontano 1982) , un mese dopo la nascita, il mio bambino veniva con me in palestra. Lo allattavo prima di uscire di casa, lo mettevo nel suo bel porta-enfant e insieme affrontavamo il viaggio.
In palestra mio figlio era accanto al tatami, vicino a me e finita la lezione mi seguiva nello spogliatoio dove, dopo essermi fatta la doccia, lo allattavo di nuovo, lo cambiavo…e insieme si ritornava a casa.
Con questo spirito, è continuata la mia vita di donna praticante.
Chi ti conosce pensa che sei un’originale? o una fanatica?
Pratico da così tanto tempo, che l’Aikido è un elemento della mia vita così come il mio essere mamma, impiegata, amica, conoscente o collega. Chi mi conosce, quindi, non considera un fatto a se l’Aikido , motivo di stima o di biasimo, ma semplicemente il mio modo di vivere.
Quante volte pratichi durante la settimana? E rispetto all’inizio, pratichi più ore o meno ore?
Pratico dalle due alle tre volte a settimana, dalle tre alle sei ore. Rispetto all’inizio sicuramente meno. Sia per sopraggiunti impegni da adulta, sia per raggiunti limiti d’età.
Cosa ti interessa nella tua pratica attuale e come pensi che cambierà nel futuro?
Conoscere il conoscibile dell’Aikido. Scoprire movimenti che nascono nuovi come se l’Aikido si rinnovasse ogni giorno. Ritrovarmi sul tatami, ogni volta, con il desiderio di praticare. A come cambierà in futuro non ci vorrei pensare.
Ci sono tante donne nella tua associazione/centro etc?
Non ci sono moltissime donne. Circa nella percentuale del 30%, ma la partecipazione femminile è sicuramente in aumento rispetto agli anni precedenti.
Si dice che lAikido sia particolarmente adatto alle donne, secondo te è vero? e se è vero perché. Se ritieni questo un luogo comune infondato mi piacerebbe sapere perché?
Sì, sono d’accordo sul ritenere che l’Aikido sia particolarmente adatto alle donne. Tra le arti marziali, l’Aikido è quella che più di ogni altra realizza quel principio filosofico ed etico che solo teoricamente tutte le altre arti marziali professano: il principio della non resistenza. In questa ottica le diversità fisiche intese come forza muscolare o massa corporea, vengono assorbite ed annullate dal gesto tecnico. L’Aikido è espressione di duttilità, elasticità, armonia, caratteristiche sicuramente femminili. Inoltre la donna non ha da dimostrare la propria virilità ed in questo senso è libera da un condizionamento che, alla fine, risulta limitante per l’uomo.
LAikido prevede il contatto fisico tra uomo e donna, trovi che questa abitudine migliori il rapporto uomo — donna. O che altro implicazioni pensi che abbia?
L’Aikido come il gioco tra bambini, come il ballo, come altre attività sportive non individuali prevede il contatto fisico cioè si esprime anche attraverso la fisicità.
Ma non credo che, in particolare e grazie a questo aspetto, l’Aikido migliori il rapporto uomo/donna. Certamente l’Aikido aiuta a conoscere meglio il proprio corpo, a comprendere meglio se stessi e gli altri, a diventare persone migliori. In questo senso i rapporti tra sessi diversi, spesso conflittuali, certamente ne avranno giovamento.
Il fatto evidente di essere una minoranza ( le donne) sul tatami fa scattare meccanismi di complicità oppure di rivalità? Ad esempio bisogna dimostrare di essere le migliori non solo agli uomini, ma anche alle altre donne presenti sul tatami)?
Ho sempre pensato che sul tatami non ci siano donne o uomini ma semplicemente persone unite da un comune interesse e dal desidero di affrontare un percorso di ricerca personale. Nel passato, per diverse condizioni storico – culturali e per l’esigua presenza di donne, una donna sul tatami era considerata al di fuori del normale, un’eccezione, una specie di fenomeno. Oggi, la crescita del numero delle praticanti, gli scambi di esperienze ed il lavoro in comune, stanno sicuramente contribuendo a scalzare i vecchi retaggi.
Sul tappeto preferisci lavorare con un uomo o con una donna o è uguale?
Naturalmente con un bell’uomo. Tornando seria: non fa differenza o almeno la preferenza non scaturisce dal sesso, ma dalle sensazioni che può trasmettermi la persona con cui lavoro.
Se dovessi definire gli esami come li considereresti rispetto al percorso della tua pratica?
Un momento di confronto, una prova con se stessi, il debutto in società.
Se dovessi definire l’efficacia nell’Aikido come la definiresti?
Sottile, più difficile da raggiungere rispetto alle altre arti marziali, assoluta. Sempre considerando che …l’efficacia difensiva non dipende dalla conoscenza di un certo numero di tecniche, ma dalla profonda e completa assimilazione di certi principi che diventati parte integrante di un modo di essere, permettono di sapersi muovere nella giusta maniera in ogni circostanza.
Secondo te chi è il maestro e cos’è un insegnante: c’è differenza ?
Pari pari dal libro: *La figura del Maestro permea la storia delle arti marziali. Personaggio misterioso e leggendario, esempio di forza e saggezza, il Sensei (Maestro) dedicava la sua vita allo studio dell’arte e alla ricerca della conoscenza, educando lo spirito ad uno stato di costante attenzione e all’apertura di un altro aspetto di consapevolezza, cercando di fare propria l’essenza più vera dell’arte marziale.
All’insegnante di un’arte marziale ci si rivolge sempre, come fatto culturale acquisito, con l’appellativo di “Maestro”.
Il Maestro è l’insegnante, la guida, il più esperto, anche nella cultura occidentale.
E’ colui che diventato padrone dell’arte, attraverso un grande lavoro personale e una lunga esperienza ed avendo particolari requisiti di capacità, genialità e serietà professionale, è in grado di trasmettere agli altri le sue conoscenze e le sue esperienze.
Abbiamo molti esempi di Maestri d’arte nella nostra cultura: nel teatro, nella pittura, nella scultura, nella musica.
In oriente, però, il Maestro ha una valenza diversa.
Il Maestro d’arti marziali, oltre ad essere un profondo conoscitore dell’arte che pratica, è una persona al di fuori del normale.
E’ chi: per la sua statura morale, per la sua forza interiore, per il suo profondo sapere, non solo dell’arte marziale, ma della vita nella semplicità di tutti i giorni così come nell’assolutezza dei suoi valori, è capace di trasmettere un insegnamento più globale. Il Maestro d’arti marziali è un maestro di vita.
Non è grave chiamare il proprio insegnante maestro, né fa differenza o è da considerare irriverente chiamarlo con il proprio nome. Ogni istruttore sarà il maestro dei propri allievi ma non sempre è il Maestro.*
Quante volte insegni se insegni?
Poiché, a parte gli stage, la mia pratica coincide con l’insegnamento, come la n. 6
Pratichi qualche altra disciplina marziale o la insegni ?
No, ora non più, ho praticato karate.
Si dice che l’Aikido sia molto “femminile se pratichi un’altra disciplina puoi provare a fare qualche confronto?
Come ho detto sopra non pratico altre discipline, anche se in passato ho praticato per diverso tempo karate. Ma, a parte Il pugilato, il calcio, la lotta greco romana e qualche altro sport dove anche volendo sarebbe difficile esprimere la femminilità, credo dipenda molto dalle caratteristiche personali.
Ma in fondo perché ti piace l’Aikido: ti fa sentire una guerriera, ti tiene in forma, hai tanti amici…?
Credo che l’essere guerriera dipenda da una forma mentis, dal percorso di vita e dalle esperienze maturate, indipendentemente dal fatto di praticare un’arte marziale. L’aspetto sociale, il conoscere tante persone, il confrontarsi, i rapporti di amicizia e il benessere derivante dalla pratica sono aspetti importanti e fondamentali di questo mio percorso, ma quello che più mi piace, quello che più mi da energia, vivacità e mi fa apprezzare la pratica è il movimento puro. Il potermi muovere liberamente sul tatami disegnando nello spazio le forme acquisite negli anni e diventate parte integrante del mio modo di esprimermi.
Come ha cambiato la tua vita, se l’ha cambiata e il tuo stile di vita?
Non posso dire che I’Aikido abbia cambiato la mia vita, essendo cresciuta praticando Aikido, nè potrei immaginare come sarebbe stata la mia vita senza.
Tratto da UN PO’ DI AIKIDO AL FEMMINILE – interviste semiserie a delle vere guerriere
di Simona Zamboni – Esame IV DAN – 18 /19 giugno 2005
Leggilo anche su Sakitama Dojo Aikido Magazine n. 17