di Pasquale Robustini e Marco Marini
Lo scorso Dicembre 2008, la città di Roma è stata teatro di un evento da ricordare per l’Aikido in Italia. Il Maestro William Gleason, allora VI dan Aikikai ed allievo del Maestro Seigo Yamaguchi (1924-1996), ha tenuto il suo primo stage di Aikido in Europa.
Durante un pranzo in un ristorante giapponese della capitale abbiamo colto l’occasione per fargli alcune domande, non tanto sul suo percorso nell’Aikido, quanto su argomenti universali quali i princìpi dell’Aiki.
Marco Marini: Cosa è l’Aiki in realtà?
William Gleason: L’Aiki è lo stato di unione tra cielo, uomo e terra. E’ l’unione verticale o spirituale di un individuo con il suo ambiente. Questa condizione è assoluta e perciò non ha né opposti, né contrari. Quando è portato in movimento, diventa ki-ai o yamabiko, l’eco della montagna, come lo chiamava O-Sensei. Questo significa che, mantenendo la propria unità verticale, il ki va da noi verso il nostro partner per poi tornare di nuovo a noi.
MM: E cosa è l’aikido oggi?
WG: Sfortunatamente, l’Aikido oggi ha perso le sue origini o, in altre parole, ha perso l’Aiki. Il Maestro Koichi Tohei ha cercato di porre rimedio a questa situazione creando la Ki-society ma, sfortunatamente questo approccio non ha avuto il successo sperato. Sembra che, nella sua profonda conoscenza, Tohei non si sia reso conto delle difficoltà di apprendimento degli altri.
MM: Dato il panorama delle arti marziali oggi, come possiamo motivare gli studenti ad avvicinarsi all’Aikido?
WG: Ancora una volta, credo che la risposta sia nel riportare l’Aiki nell’Aikido. L’Aikido una volta era una formidabile arte marziale, mentre oggi è poco rispettata come arte di difesa personale da seri praticanti di altre discipline.
Pasquale Robustini: ma sempre parlando dell’efficienza dell’Aikido, molti si preoccupano di come funzioni nel combatimento da strada. Di solito penso che l’Aikido sia efficace sotto altri aspetti, come, per esempio, migliorare la persona, insegnare come usare correttamente il corpo. Si tratta di un “Do” non un “Jutsu”. Cosa ne pensa?
WG: Se l’Aikido è un “Do” deve necessariamente contenere un “Jutsu”. Il “Do” è una disciplina spirituale che ha alla base il “Jutsu”. Se vengono a mancare queste fondamenta, allora non siamo in presenza né di “Do”, né di un “Jutsu”, e non ha nessun valore sia come arte di difesa personale che come svilupppo spirituale.
PR:
MM: Quale è la differenza tra Aikido e Aikijutsu?
WG: L’Aikijutsu oggi sembra essere nella stessa situazione del’Aikido. La sua essenza è stata nascosta per così tanto tempo che non si riesce più a trovarla. Siamo al punto in cui non è più conveniente tramandare la cosa reale perché ormai la gente ha smesso di crederci e non ci investirebbe più denaro.
MM: Può consigliare degli esercizi particolari per sviluppare il Ki, o un tipo particolare di allenamento di Aikido?
WG: Si, ci sono molti tipi di allenamento che possono essere fatti e in realtà si dovrebbe farli. Ad esempio il Chi Kung, che è alla radice di tutte le arti marziali. Il punto è però che nessun allenamento importante si può fare senza lo stretto contatto di un maestro.
MM: Tutti sappiamo della sua esperienza con Seigo Yamaguchi e sappiamo di come fosse considerato un genio, ma ci piacerebbe avere delle impressioni di prima mano, qualcosa che lei ricorda di più, qualche aneddoto…
WG: Nel mio sito potete trovare un intero articolo sulla mia esperienza con il maestro Yamaguchi. Dategli un’occhiata.
PR: In cosa Yamaguchi era, secondo lei, un genio?
WG: chiunque abbia davvero appreso l’essenza dell’Aikido da O-Sensei doveva essere un genio perché egli non spiegava i dettagli dell’arte a nessuno, per quello che ho sentito. Yamaguchi e Tohei, e diversi altri, erano decisamente dei geni delle arti marziali.
MM: Per quel che riguarda il suo dojo, quante lezioni avete? Com’è organizzato? Siete parte di una federazione? In che relazione è con la federazione?
WG: la mia organizzazione, la Shobu Aikido, è membro della “Aikido Schools of Ueshiba” che è diretta dal maestro Saotome. La mia relazione con Saotome risale agli inizi degli anni 70 ed è sicuramento un altro che può essere considerato un genio dell’Aikido. Riguardo il mio dojo, abbiamo lezioni ogni giorno. E’ necessario allenarsi molto se si vuole acquisire una certa padronanza dell’Aikido.
MM: se qualcuno volesse allenarsi con lei come può raggiungerla? E’ possibile fare degli stage settimanali o di mezza settimana?
WG: viaggio molto in America e altrove per insegnare, ma se qualcuno volesse davvero imparare quello che insegno è necessario venire nel mio dojo ed allenarsi per un paio di anni. Senza questo tipo di impegno dubito che si possa afferrare l’Aikido che a me ha richiesto quasi 40 anni di apprendimento.
PR: Fino a quale grado fate esami nella vostra organizzazione? Pensa siano importanti? O pensa sia consigliabile che il maestro o l’insegnante conceda un grado superiore quando ritiene che l’allievo sia pronto?
WG: Ne parlo anche nel mio nuovo libro (Aikido and Words of Power), ma in breve: i gradi oggi non hanno significato. Vengono assegnati più per ragioni politiche che per meriti effettivi ed il criterio dei vari insegnanti è completamente diverso.
PR: E’ virtualmente impossibile assegnare gradi che siano davvero una misura del livello tecnico. Qual è quindi il significato di una cintura nera di Aikido al giorno d’oggi?
WG: Non credo che sia assolutamente impossibile. Basta eliminare la politica e mantenere la propria integrità ed i gradi saranno automaticamente standardizzati.
PR: Quale pensa debba essere la funzione dello Honbu Dojo oggi? E’ importante cercare il loro riconoscimento?
WG: un quartier generale mondiale è quasi una necessità se si vuole avere uno standard dell’Aikido nel mondo. Il problema nasce se il quartier generale cerca di controllare l’Aikido. Un grande leader permette alla gente di crescere con solo un minimo di interferenza.
PR: Un’ultima cosa su Seigo Yamaguchi, per favore. Cosa consigliava per migliorare il proprio Aikido?
WG: Il Maestro Yamaguchi diceva sempre: “mantenete una mentalità da principiante”.
PR-MM: Grazie sensei, grazie per il suo tempo.
Originale in inglese su aikidojournal.com