Valter Francia, 3° dan, è l’istruttore del Sakitama Dojo di Roma dal 1999. Nel 1982 l’interesse per le arti marziali lo porta a praticare il Karate (di cui a tutt’oggi è Insegnante Tecnico IV dan FILJKAM). Nel 1990 affascinato dai movimenti fluidi e armoniosi dell’Aikido, ne intraprende la pratica sotto la guida del M° Roberto Martucci, attualmente V Dan UISP-ADO. Attraverso numerosi stages, segue la linea dei maestri giapponesi Tamura, VIII dan, e Kawamukai, VI dan ell’Aikikai di Tokyo. Nel 1993, l’ncontro con i Maestri francesi Christian Tissier, VII Dan e Philippe Gouttard VI Dan dell’Aikikai di Tokyo, segna profondamente la sua pratica e a tutt’oggi segue il loro percorso tecnico.
Questa intervista è in realtà il riassunto di varie chiacchierate sull’Aikido ed è stata realizzata in origine per una rivista interna al dojo Sakitama.
Ho praticato Aikido con lui al Sakitama fino al 2010.
Pasquale Robustini: Valter, come ti sei avvicinato alle arti marziali?
Valter Francia: Avevo circa 18 anni, già ero insieme alla mia attuale moglie, Isabella, che praticava Karate col compianto amico e Maestro Paolo Tosti all’interno di una associazione culturale di cui era presidente. Un bel giorno, quasi per scherzo, ho deciso di sfidare il maestro, non convinto della efficacia delle arti marziali…
PR: E come è andata?
VF: Beh, mi ha buttato giù… Mi ha chiesto di attaccarlo in qualche modo e io non riuscivo a prenderlo. Poi mi sono ritrovato a terra.
PR: Da lì l’interesse per le arti marziali allora?
VF: Si. Un po’ alla volta ho cominciato ad appassionarmi e a praticare insieme a mia moglie, allora la mia ragazza. Ci siamo iscritti alla palestra del Maestro Claudio Mentuccia della Wado Ryu e siamo andati avanti di pari passo. In seguito abbiamo conseguito il 1° dan FITAK con il Maestro Alberto Schiavoni.
PR: Quando poi hai scoperto l’Aikido? A che punto eri con il Karate?
VF: Da un po’ cominciavo a sentire il bisogno di fare qualcosa di diverso. Con Isabella abbiamo conosciuto il Maestro Roberto Milletti, che aveva creato una sua scuola, detta ShinJitsu Ryu (scuola della tecnica del pensiero, n.d.r). E’ stato interessante, ci allenavamo all’aperto, su delle travi di legno bendati, meditavamo, cercavamo la tranquillità interiore. Usavamo dei sacchetti di sabbia per protezione su cui potevamo portare dei colpi reali, non controllati.
PR: E come è andata poi? Non siete rimasti lì evidentemente…
VF: No, abbiamo ripreso poi il Wado Ryu con il mitico Maestro Nino Teutonico. Io gareggiavo, ero arrivato anche alle semifinali regionali. Poi ho mandato giù l’avversario ed hanno deciso che ero da squalificare…
PR: Perché?
VF: Nei combattimenti di Karate non si può affondare il colpo, altrimenti è finita. I colpi di Karate sono studiati per essere definitivi, non si può portarli davvero in gara, bisogna imparare a controllarli, altrimenti ti squalificano. In realtà io non feci altro che parare il suo colpo con il mio braccio, portando avanti il mio pugno per scaricare la sua energia. Lui è venuto avanti con il corpo e lo ha preso in pieno naso… E’ andata così, pazienza, è passato tanto tempo…
PR: Ed è stato uno dei motivi che ti hanno spinto a cercare altro?
VF: Beh, non proprio per quello, ma comunque avevo cominciato a stancarmi delle gare ed avevo conosciuto un allenatore che continuamente, ad ogni combattimento, mi mandava a terra con un Ashi Barai (spazzata). Sapevo tanto sulle linee, i colpi, il controllo, ma non sapevo cadere. Mi chiedevo come fare ad imparare.
PR: Ed hai cercato un’altra arte marziale?
VF: Ho valutato il Ju Jitsu per le cadute, ma la palestra che mi piaceva, quella della Polizia a Tor Di Quinto, era troppo lontana da casa e sarebbe stato troppo difficile raggiungerla dato che a quei tempi non avevo un’auto propria.
Avevo anche pensato al Kung Fu, ero andato presso una palestra della scuola di Cangelosi ma non mi hanno permesso di assistere alla lezione…
PR: Potevi fare una prova?
VF: Si, ma volevo prima vedere, non me lo hanno permesso e non sono più tornato.
PR: Pensa, avremmo potuto essere tutti praticanti di KungFu ed avere a che fare col Chi piuttosto che col Ki… Insomma, questo Aikido, come lo hai incontrato?
VF: Un po’ per caso. Nella palestra del Maestro Teutonico, l’Erakles, c’era anche l’Aikido. Le cadute, la sua fluidità, l’armonia, mi hanno colpito ed ho anticipato le lezioni di Karate per poter seguire quelle di Aikido subito dopo, col Maestro Roberto Martucci.
PR: Che scuola seguiva all’epoca Roberto?
VF: Lui era un allievo di Elena Gabrielli, oggi 6° dan, la prima istruttrice donna a Roma. Elena era molto amica del Maestro Kawamukai e quindi seguivano molto la sua linea, che è direttamente a contatto col maestro Tamura. A quel tempo eravamo affiliati alla LIA: Lega Italiana Aikido.
PR: Quindi si può dire che il tuo Aikido, che è anche il nostro, è iniziato sotto gli insegnamenti di due maestri giapponesi, di cui uno, Tamura, è stato a diretto contatto con il fondatore?
VF: Si, seguivamo spesso gli stage del Maestro Tamura all’epoca. Era nettamente più giovane e gli ho visto fare cose che non so spiegarmi, non so come facesse…
PR: Ad esempio?
VF: Beh… si faceva attaccare da più persone intorno a lui e riusciva sempre ad uscirne, non so come, e a proiettarli. Un po’ come si vede farlo a Ueshiba nei vecchi filmati. Una volta mi è capitato che mi chiedesse di afferrargli i polsi. Ho visto girare il dojo intorno a me e mi sono ritrovato a terra, senza sentire nulla, nessuna contrazione, nessuno sforzo da parte sua. Ecco, quello che mi colpiva di lui, era la morbidezza che sentivi, l’estrema efficacia delle sue tecniche. Ed in Suwariwaza (le tecniche da seduti, n.d.r.), cosa che a me è sempre piaciuta molto, era velocissimo. Ora ha 75 anni, è un’altra cosa…
PR: Quindi con Roberto sotto Tamura tramite Kawamukai hai iniziato l’Aikido. Praticamente niente a che fare con l’Aikikai.
VF: No, Roberto Martucci era già fuori dall’Aikikai quando sono arrivato io. Avendo seguito Elena Gabrielli e Kawamukai erano nella LIA dall’inizio.
PR: Quanti anni avevi quando ha preso il 1° dan?
VF: Nel 1997, a 35 anni.
PR: Già seguivate la scuola del Maestro Tissier?
VF: Si. Alcuni dojo di Roma si erano uniti in quella che era allora la Scuola Aikido Roma, il mio maestro Martucci, con i Maestri Caccamo, il suo allievo Marco Marini, Lino Carnin… sarebbe stato un bel gruppo, numeroso, ma purtroppo le cose non sono andate bene e qualche anno fa l’associazione si è sciolta.
Eravamo affiliati alla UISP, che seguiva la linea di Tissier e quindi abbiamo cominciato a seguire i suoi stage e gli insegnamenti di quei maestri che da Torino e Modena portavano a noi quello che imparavano da Tissier.
PR: Era molto diverso allenarsi con questi maestri, con la linea “francese”?
VF: Si. Noi venivamo da un Aikido abbastanza duro, diretto. Mi sono fatto male un po’ di volte durante gli allenamenti a causa di leve portate fino in fondo o proiezioni poco controllate. Comunque continuavo a salire sul tatami, non mi fermavo mai.
Con i francesi si cominciava anche lo studio dell’uke, si pensava alla sua incolumità, a come subire le tecniche senza farsi male.
PR: Bene. Quindi dopo la linea, chiamiamola così, Tamura/Kawamukai avete seguito quella Tissier/Gouttard. Cosa ti piace particolarmente dell’approccio all’Aikido del Maestro Philippe Gouttard?
VF: Sono certo che Gouttard da il massimo sul tatami. Non si risparmia e si allena con tutti, “tocca” un po’ tutti. E’ il suo modo di stare sul tatami, gli sta bene il contatto fisico ma sempre secondo l’Aikido. La sua pratica è un po’ più “vera”, se così si può dire…
PR: Quindi riassumendo, l’Aikido praticato oggi al Sakitama è un po’ più quello di Gouttard, il cui Maestro iniziale è stato Tissier, il cui maestro è stato Yamaguchi, discepolo del Fondatore Morihei Ueshiba.
VF: Si, anche se credo che ognuno poi si costruisca il proprio Aikido. E’ essenziale muoversi, vedere tanti maestri, “toccare” sempre gente diversa. E’ così che ci si forma davvero.
Al Sakitama Dojo nel 2012