Le mie origini aikidoistiche dovrebbero essere note a chi segue questo blog. Forse qualcuno sa anche che c’è stata una rottura con le mie origini da qualche anno, non voluta da me, ma secondo alcuni da me causata per aver continuato ad invitare a Roma Philippe Gouttard per il suo consueto stage di primavera dopo che il mio dojo di provenienza, che lo organizzava ormai da circa un decennio, ha deciso di non invitarlo mai più. Cosa è successo? Nella mia opinione si è trattato di una impossibilità di comunicazione durata un paio di decenni ed esplosa in occasione di una sessione dan Aikikai tenuta da Philippe Gouttard in occasione del suo ultimo stage in quel dojo.
Il mio insegnante di Aikido, colui che mi ha fatto appassionare a questa splendida arte, lo conoscevo da ben prima di iniziare ad allenarmi con lui. Come ho già detto in altri post, Valter Francia è stato un amico per anni, poi è diventato anche il mio istruttore. Lui e la sua famiglia sono sempre stati vicino alla mia, abitando su due piani adiacenti dello stesso palazzo. Ho visto nascere suo figlio, i miei genitori gli hanno fatto da nonni. Siamo tutti ancora affezionati a tutti loro anche se non ci frequentiamo più come prima, anche se non ci sentiamo più, come succede a moltissime relazioni di amicizia, specialmente nelle grandi città e con la vita frenetica della modernità. Ma qui si tratta davvero di fenomeni di incomprensione, che accadono facilmente quando si hanno sensibilità diverse. Secondo me è come se due radioamatori cercassero di parlarsi su frequenze diverse. Per quanto si spieghino, l’altro non potrà mai capire. Forse dovrei parlare di lingue diverse, perché qui si tratta pure di capire la mentalità di altri paesi, seppur vicini culturalmente ma pur sempre diversi.
Io ci ho messo gli anni, ma alla fine ho capito da dove è cominciato tutto. Il mio esame fallito con Philippe Gouttard.
Era un po’ che avevo deciso che il mio prossimo esame lo avrei sostenuto con Philippe Gouttard. Valter si era dichiarato d’accordo e Philippe ci disse che quando sarebbe arrivato il tempo mi avrebbe esaminato assieme a Valter. Chiesi a Philippe di decidere lui, avrei voluto tentare il passaggio quando Philippe mi avrebbe ritenuto pronto; rispose che, quando l’avessi voluto, avrebbe avuto piacere di esaminarmi a Follonica, durante il suo consueto stage estivo in Italia.
La regola generale dell’Aikido nel mondo è che i dan si possono conseguire dopo un periodo di anni di allenamento almeno uguale al dan da conseguire. Con l’avvento in Italia dei gradi Aikikai giapponesi direttamente dall’Hombu Dojo senza passare per l’Aikikai d’Italia, io ero come molti nella situazione di avere già il mio grado nazionale e di cercarne il riconoscimento da Tokyo in un secondo momento. Si trattava solo del 1° dan e, tramite il Progetto Aiki, di cui faccio parte, ottenni il riconoscimento del grado di shodan Aikikai tramite Christian Tissier, datato circa un anno dopo il mio reale conseguimento in Italia. Così funzionò col mio secondo dan, dato nel Progetto Aiki e riconosciuto automaticamente da Philippe Gouttard circa un anno dopo, non appena egli aveva ottenuto la delega speciale per farlo da parte dell’Hombu Dojo. Quindi si cominciò a parlare del mio 3° dan. Insistevo a voler attendere Philippe. Valter spingeva perché lo facessi col Progetto Aiki perché ad aspettare Philippe altri mi sarebbero passati avanti. Io ero irremovibile. Attesi la decisione di Philippe Gouttard.
Insegnavo da un paio di anni e non mi allenavo più da Valter da allora, tranne qualche visita sporadica. Nell’agosto 2012 si sentiva dire che Philippe Gouttard avrebbe esaminato qualcuno durante lo stage di Follonica, così come aveva fatto l’anno prima (bocciando entrambi i candidati). Ero curioso di vedere come fosse un esame di Philippe, dato che prima o poi sarebbe toccato a me.
Da qualche tempo io e Valter affittavamo un appartamento in comune per la settimana dello stage di Follonica, così che anche le nostre famiglie potessero godere di una settimana di mare. Era consuetudine che Philippe venisse a pranzo da noi un giorno, così che si facessero quattro chiacchiere e si organizzasse lo stage di Roma della primavera successiva. Quell’anno si parlò anche di esami dan.
Valter insisteva che i primi esami dan Aikikai di Philippe Gouttard in Italia si tenessero nel suo dojo, in occasione dello stage. Un paio degli allievi, tra cui suo figlio, sarebbero dovuti passare a shodan, un altro paio a nidan. Il sottoscritto sarebbe stato il candidato sandan. Mi apparve subito chiaro che a Philippe non piacesse molto l’idea di fare gli esami nel posto dove era pagato per andare. Oltretutto mi sembrava anche chiaro che non ritenesse maturi alcuni dei ragazzi per un passaggio di grado Hombu Dojo, che secondo Philippe qualcosa più del grado nazionale doveva pur significare. La cosa però non sembrava chiara agli altri, che insistevano che tutti i candidati facessero l’esame. A quel punto Philippe chiese a Valter se mi ritenesse pronto per il 3° dan. Valter sollevò le spalle, in realtà perché non mi vedeva più da tempo. Philippe, che non sapeva, prese la cosa come la solita indecisione di Valter nel dare giudizi, si innervosì e mi disse: “tu dopodomani fai l’esame!” Ero la vittima di un caso di incomunicabilità.
Chi oserebbe contraddire? Non potevo capire che la “sfida” era dimostrare a Valter che magari alcuni dei suoi giovani non erano pronti, bocciando il suo allievo più anziano ad un esame per cui Philippe, conoscendomi ormai bene, sapeva che non ero pronto. La sera prima dell’esame chiesi alcuni consigli tecnici su delle tecniche con cui non ero familiare ad una persona che l’esame da terzo dan con Philippe l’aveva già passato. Successe il putiferio. Quando Philippe ci vide provare a fine allenamento, si avvicinò con aria minacciosa, evidentemente irritato. Anche Valter era lì a discutere di quelle tecniche. Al tempo pensai di aver messo nei guai la persona a cui avevo chiesto consiglio, dato che Philippe lo contraddiceva alquanto infastidito. Invece si era avvicinato irritato da ciò che Valter diceva della tecnica in questione. Philippe gli chiese con voce minacciosa di dimostragli come la avrebbe eseguita. Finì che Philippe gli dimostrò il contrario gettandolo malamente a terra con una presa alla gola, criticando la nostra carenza sulla tecnica e dicendo che il giorno dopo si sarebbe visto agli esami. Si metteva proprio bene…
Eravamo due malcapitati, io ed una ragazza candidata shodan. In qualche modo sentivo che Philippe mi aveva sfidato, ma non avevo compreso i veri motivi allora. Quindi lo sfidai a mio modo: gli chiesi se potevo scegliere qualunque uke per l’esame. Mi disse di sì, così scelsi tre aikidoka francesi che accettarono gentilmente. Pensai che se dovevo fare l’esame col maestro francese, tanto valeva farlo francese al completo.
Come prevedibile, prima dell’allenamento pomeridiano, ci bocciò entrambi. Ci fu prima una certa discussione tra lui e Valter, ma il verdetto rimase quello.
Poi ci allenammo e negli spogliatoi Philippe mi chiese perché non gli avessi detto prima che non mi allenavo più con Valter. Al tempo pensai che fosse perché mi aveva trovato non pronto proprio perché insegnando non mi ero più allenato a dovere. In seguito Philippe mi disse che aveva ammirato molto il mio coraggio nell’essere tornato sul tatami il giorno dopo ed aver completato lo stage nonostante la bocciatura. Non vedo cosa ci sia di coraggioso, davvero. Per me è stato normale: volevo essere esaminato da lui, stimo molto il suo Aikido e se mi respinge all’esame accetto il suo giudizio e continuo ad allenarmi – mi sembra solo coerente, ma lo capisco: normalmente in Italia in Aikido non si boccia agli esami dan; molti, non abituati, se la prendono e non tornano più (come sarebbe successo in futuro, ma non potevo saperlo). Solo parecchio dopo capii la verità o almeno la mia interpretazione di essa. Dovevano succedere altri fatti per farmi aprire gli occhi.
Si avvicinava lo stage di primavera a Roma. Philippe mi scrisse che dall’Hombu Dojo gli avevano detto che io non potevo fare l’esame da terzo dan perché, sebbene fossero passati 3 anni dal mio precedente grado nazionale, a Tokyo richiedevano tre anni da quello giapponese. Poco male, pensai…
Poi mio figlio mi attaccò la varicella salvandomi dal disastro, visto che non potei partecipare allo stage di Philippe a Roma. Ci furono gli esami dan di tutti quelli che Valter aveva voluto candidare, senza ascoltare i pareri di Philippe in merito. Ci fu pure qualche discussione in precedenza, durante il pranzo a casa. Non ero presente, poi ognuno mi raccontò la sua versione dei fatti. L’idea che mi sono fatto io è che, essendosi gli animi ormai esacerbati, gli episodi di incomunicabilità si siano succeduti a cascata peggiorando la situazione e portando i protagonisti con i nervi a fior di pelle al momento dell’esame. Philippe avrebbe voluto bocciarli tutti, avendo visto una serie di errori tecnici inammissibili a livello dan. Ci fu un’aspra discussione con Valter alla fine della quale Philippe accordò di far passare i ragazzi, ma poi prese a spiegare ogni singola cosa che non gli era piaciuta, finendo lo stage anche il giorno dopo su questa linea. Valter, la moglie, gli allievi, i genitori hanno preso tutti la cosa come una grande offesa al dojo intero e hanno completamente interrotto le relazioni con Philippe Gouttard da quel giorno. Altra incomunicabilità.
Mi riesce difficile capire come si pretenda con forza che un maestro esamini degli allievi e poi ci si inalberi così tanto dopo la sua decisione. Fatto sta che io, per questo ed altri motivi, non smisi di seguire Philippe, che in seguito mi chiese se potevo organizzare io l’evento romano l’anno dopo. Rimasi sorpreso e perplesso. Non avendo un grosso gruppo e tanto meno un dojo abbastanza grande, risposi dapprima che non avrei saputo come fare. Poi mi venne in mente che due anni prima a Follonica, un altro maestro romano aveva chiesto a Valter di organizzare il prossimo stage di Philippe nella capitale insieme, ospitandolo un giorno nel suo dojo. Il rifiuto fu secco, dato che al tempo ci si teneva moltissimo a fregiarsi dello stage di Philippe Gouttard a Roma. Mi fu naturale pensare a quel dojo e Philippe fu d’accordo. E’ per questo che negli ultimi due anni lo stage di Philippe a Roma è stato organizzato lì.
La cosa non andò giù a Valter, moglie e credo anche allievi, visto che nessuno di loro si è mai presentato agli eventi. Da allora non ci sentiamo e vediamo più come una volta, ma non è una cosa che ho voluto io. Del resto non vedo perché se un mio amico litiga con una terzo amico io non debba più frequentare il primo. Perché è stato lui a farmelo conoscere? Mah…
La teoria dice che avrei dovuto dire no perché Philippe avrebbe offeso il mio dojo di provenienza ed il mio insegnante originale. Io non sono di questo parere. Del resto, tutti quelli a cui ho chiesto mi hanno detto che la cosiddetta offesa al dojo e al maestro davanti al pubblico non è stata così percepita dagli altri praticanti. Altro problema di incomunicabilità.
Il mio parere è questo: Philippe Gouttard non avrebbe voluto fare la sessione dan nel dojo che lo pagava per lo stage. Sapeva che si sarebbe parlato alle spalle con argomenti del tipo “gli dà i gradi perché lo pagano” – e lo aveva spiegato chiaramente mesi prima. Invece il dojo ha insistito per farlo in quell’occasione perché la cosa avrebbe dato lustro al dojo stesso. Philippe Gouttard non riteneva pronti alcuni dei ragazzi e non voleva esaminarli, semplicemente perché li riteneva ancora immaturi, troppo giovani per il grado che dovevano conseguire – e lo aveva spiegato mesi prima. Ma il dojo ha insistito a candidarli lo stesso. Il mio esame a sorpresa e la mia bocciatura premeditata erano un messaggio al dojo: se insisti che i tuoi ragazzi sono maturi per un dan Hombu Dojo, come mai il tuo allievo più avanzato do grado non è all’altezza di passare un esame con me? Ma il messaggio non è trapelato – incomunicabilità.
Philippe ha molto apprezzato il mio coraggio a mettermi contro il mio dojo di provenienza e contro la comunità aikidoistica romana. Di nuovo, io non sento di aver avuto coraggio: il mio riferimento in Aikido, colui che ritengo un genio ineguagliato sui tatami di tutto il mondo, mi ha chiesto di organizzare il suo stage a Roma. Si è semplicemente trattato di creare un volantino, prenotare il dojo e fare della pubblicità (anche di trovare uno sponsor, ma sono fortunato in questo).
L’estate dopo il disastro di Roma, prima che Philippe mi chiedesse di organizzargli lo stage, sono andato con tutta la famiglia a trovarlo a casa sua per lo stage di Ferragosto a St. Etienne. Poi ho fatto solo un paio di giorni a Follonica, dove Philippe, riconoscendomi tutti gli sforzi che faccio per seguirlo anche all’estero nonostante abbia una famiglia e con tutti i problemi col mio dojo d’origine, mi disse che per lui ero già un 3° dan, non avrebbe avuto bisogno di esaminarmi ancora – e i soliti cinici diranno che lo ha fatto per farsi invitare poi da me a Roma per lo stage. Sarà… Sono un “puro” e queste cose a me neanche vengono in mente. Alla fine uno poi se lo sente se un titolo è meritato o meno.
Ne fui molto onorato…