Col tempo e malgrado la nostra progressione sia più o meno costante, sentiamo sempre di più i nostri maestri dire: “Philippe, devi imparare ad essere vecchio, il tuo lavoro non corrisponde alla tua età reale.” Questo ci rende spesso scettici e tristi, dato che avremmo voluto rispondere: “ma vecchio quanto?” Vecchio come quei vecchi insegnanti o praticanti che non possono più muoversi liberamente, le cui lesioni e problemi corporali impediscono loro di esprimersi come vorrebbero? Ma la verità è che non abbiamo capito quel che volevano dirci o non volevamo capire delle parole che ci sembravano “stupide”, ma che alla lunga si sono rivelate giuste. In effetti, anche se abbiamo sempre voglia di praticare “forte” per restare fedeli ai nostri sogni, il nostro corpo non risponde più così liberamente e con movimenti naturali nel seguire quello che fanno i nostri partner. Alla fine si arriva a subire un qualche infortunio, non gravemente, ma sufficientemente perché questo trauma ci obblighi a cambiare completamente il modo di muoverci e di mobilizzare il nostro partner. Questo ci ha permesso di capire cosa significhi diventare vecchi. Essere vecchi significa accettare di muoversi con più calma e rilassamento. Essere vecchi significa accettare di non poter più fare quello che desideriamo poter fare. Quando siamo sul tatami abbiamo sempre più la sensazione che il nostro corpo non risponderà più alle sollecitazioni dei nostri partner e alle richieste dei nostri insegnanti. Alla fine il nostro corpo risponde ed accetta, solo con meno libertà e spontaneità.
Quando saliamo sul tappeto, abbiamo sempre più la sensazione che non potremo essere all’altezza delle nostre speranze, cioè: “Riuscirà il mio corpo ad accettare qualunque cosa venga dagli altri? Riuscirà il mio corpo a farmi stare tranquillo ed a farmi praticare con piacere così come in passato?” Ebbene si, la risposta è si. Siamo riusciti, alla fine dell’allenamento e delle diverse esperienze vissute, a dare al nostro corpo quella capacità di muoversi e di farlo con altrettanto piacere e desiderio degli anni passati.
Essere vecchi in Aikido non significa certo essere moribondi, ma significa essere un esempio per le generazioni future, significa cercare di mostrar loro cosa si può fare, ma soprattutto cosa non fare, per ottenere che la nostra arte progredisca in longevità ed in una tecnica migliore.
Abbiamo l’audacia di pensare che siamo sulla strada giusta per arrivarci. Sul tatami dobbiamo essere onesti con noi stessi – anche con i nostri partner più giovani, per dar loro quella forza e quella tecnica che permetta loro di andare ancora più lontano in quello che abbiamo desiderato per tutta la nostra vita: essere capaci di muoversi come sempre e con più libertà di prima, senza che il nostro partner si renda conto della nostra età anagrafica. Non c’è niente da dimostrare in Aikido, c’è solo esperienza da condividere, che deve servire a costruire un Aikido più forte, più giusto e più rispettoso del corpo umano.
Essere vecchi in Aikido è così, e soprattutto accettare che gli allievi che vengono da noi da tanto tempo non facciano più quello che noi mostriamo. In effetti, quando aumenta l’età, l’esperienza, quindi la libertà e l’autonomia, ci sembra normale che certi praticanti non seguano più la stessa coreografia, che sviluppino un sistema che sia loro proprio. Sullo stesso kata, vorranno muoversi e far muovere i loro partner in un altro modo. E questo è bene se serve a dare una sensibilità diversa ai molti partner che abbiamo – essi saranno così mobilizzati. (Et cela est bien pour donner une sensibilité différente aux multiples partenaires que ceux –ci auront à mobiliser.)
Philippe Gouttard 8 agosto2014
Ancora grazie a Guillaume per il suo eccellente lavoro di correttore. PG
Traduzione dal francese a cura di Pasquale Robustini