Al contrario che sotto le catene continentali, la Moho sotto le dorsali oceaniche è poco profonda, fino ad arrivare a sparire in corrispondenza della valle di rift che si trova all’interno di esse (in basso).
Nel 1960 Beno Gutenberg osservò che le onde di taglio (le “onde S”) rallentano bruscamente, sia al di sotto degli oceani che sotto le catene montuose, ad una profondità superiore a quella della Moho (anche 100 – 200 km, per scendere però a zero nelle zone di rift oceanico). Fu battezzata come zona a bassa velocità (LVZ = Low Velocity Zone), interpretata come una zona parzialmente fusa (basta l’1%) nella parte superiore del mantello. Essendo la zona a bassa velocità osservabile in tutto il pianeta, fu per essa coniato il termine “astenosfera”; la porzione del mantello al di sopra di essa, detta “lid” (mantello superiore o sub-crostale), forma, insieme alla sovrastante crosta, la “litosfera” (in basso).
Quindi, accanto ad un limite chimico, composizionale (Chemical Boundary Layer = CBL), tra crosta e mantello, ne esiste uno meccanico (Mechanical Boundary Layer = MBL) che definisce l’astenosfera abbastanza bene sotto la litosfera oceanica e sotto quella delle catene montuose.
La percentuale più alta del calore interno della Terra è fornita dal decadimento degli elementi radioattivi: le particelle alfa e i raggi gamma che vengono emessi, attraversando le rocce di mantello e crosta urtano con le strutture cristalline nei minerali che le compongono trasformando la loro energia in energia termica. In media, la temperatura interna della Terra cresce di 30°C al km di profondità; la pressione litostatica si aggira attorno ai 4 kbar per km.
Al livello della astenosfera, tra i 100 e 250 km circa, le condizioni di pressione e temperatura fanno si che le rocce del mantello siano parzialmente fuse, rendendolo una sostanza di una consistenza simile a quella del dentifricio. Questo era originalmente considerato il motore della tettonica delle placche: il materiale alla base della astenosfera, essendo più caldo si espande, diminuisce la sua densità e ciò lo porta a risalire rispetto al materiale più denso che invece si fa da parte per scendere lateralmente. Si creerebbero così dei movimenti convettivi che farebbero risalire materiale astenosferico che una volta in superficie si raffredda e ridiscende lateralmente mentre altro materiale più caldo risale. Dove le placche sprofondano di nuovo nell’astenosfera avvengono i processi di subduzione e la loro evidenza superficiale sono le fosse oceaniche.
Teorie più moderne vedono le placche stesse ed i loro processi tettonici come il fattore che innesca i moti convettivi nel mantello superiore. Don L. Anderson, (1933-2014) della Caltech University, nel suo libro The New Theory of Earth, riporta la fisica nella geologia e mostra come le placche litosferiche siano la porzione superficiale, fredda e solida, delle celle convettive.
Le instabilità all’interno delle placche stesse guidano i processi convettivi dato che la Terra è un sistema raffreddato dall’alto, più che riscaldato dal basso. Le forze che muovono le placche sono per lo più gravitative e sono dovute a: la creazione di nuova litosfera presso le dorsali medio oceaniche (ridge push), alle tensioni interne alla placca dovute al raffreddamento e sprofondamento nelle fosse oceaniche (slab pull) e alla stessa slab suction che vi ha luogo. Le placche stesse sono quindi il motore dei cicli convettivi nella astenosfera, nel mantello superiore. Il gradiente termico laterale, non quello verticale, controlla i moti convettivi; il raffreddamento del mantello è controllato dalla litosfera.
In parole povere, la placca che si è allontanata molto dalla dorsale diventa sempre più fredda e pesante. Ad un certo punto perderà la capacità di galleggiamento sulla astenosfera e comincerà a sprofondare, causando la rottura in superficie che creerà il nuovo margine convergente e la placca entrerà in subduzione. Reimmergendosi nel mantello la placca innesca il moto convettivo discendente in quella zona, cosa che spinge il materiale del mantello superiore a salire in corrispondenza della dorsale alle spalle della placca, dove si è creato nuovo spazio. Tutto ciò contribuisce a creare una forte anisotropia laterale nel mantello: zone che hanno subito subduzione o rifting nel passato geologico avranno caratteristiche chimico fisiche e reologiche diverse da zone meno coinvolte. Queste variazione orizzontali, non solo quelle verticali (mantello stratificato) aiutano a spiegare fenomeni che magari era prima difficile far rientrare nel quadro della Tettonica delle Placche.
Sotto le zone continentali stabili, dette cratoni, non è ben chiara la presenza di una astenosfera. Thomas H. Jordan, uno studente di dottorato di Anderson, proponendo una ipotesi di composizione mineralogica del mantello superiore, suggerisce che al di sotto dei cratoni stabili il mantello sia impoverito della sua frazione basaltica e che questo renda stabile la base dei cratoni, da lui chiamata “tettosfera”, una zona che viene traslata coerentemente durante il movimento della placca. Il mantello impoverito di basalto sarebbe invece ricco di ioni che per dimensioni e proprietà fisico-chimiche non sono adatti ad entrare nei reticoli cristallini tipici dei minerali delle rocce (Large Ion Lithophile = LIL), rendendo la tettosfera resistente alla distruzione da parte di moti convettivi.