Le auto di casa – La Grande Punto

Nel 2009 la “febbre” Audi era tornata, avevo passato la Skoda Fabia Wagon a mio padre e avevamo venduto la sua piccola Hyundai così che io potessi acquistare una vecchia Audi da risanare. Le difficoltà furono maggiori del previsto e dopo pochi mesi mi trovai costretto a ricorrere al meccanico di fiducia per trovare un’auto semi nuova da acquistare. Mi propose una Fiat Grande Punto. Riluttante, la provai e rimasi allibito.

Vendetti l’Audi A6 per 2500 euro, calcolando parte dei lavori effettuati come valore aggiunto e presi la Punto 1.3 Multijet Dynamic. Calcolando anche la vendita della Hyundai, ragionai che con 5-6000 euro avevo preso un’auto nuova… ma ancora pagavo le rate della Fabia! (le stupidate si pagano).

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Era perfetta, allestita benissimo, interni di qualità, guida piacevolissima, morbida, una “sciccheria”! Quando presi la Fabia ero partito per cercare una Grande Punto, ma lasciai stare per il prezzo elevato, senza mai provarla. Questa aveva fatto 8600 km in quasi due anni e ancora odorava di nuovo. Per 10.600 euro divenne la nostra nuova auto di famiglia. La mia prima auto italiana.

La Fiat Grande Punto è stata prodotta a partire dal 2005 dopo la presentazione ufficiale avvenuta il 6 settembre dello stesso anno. Nasce come erede della Punto, che però non sostituisce ma va semplicemente ad affiancare. La vettura corrisponde alla terza generazione della serie Punto (infatti in molti paesi continua a essere venduta come Fiat Punto) e l’aggettivo Grande è stato aggiunto al lancio per distinguerla dalla Punto II rimasta in produzione. Oggi è stata sostituita dalla quarta generazione, detta Punto Evo, ma secondo me la linea dellla Grande Punto rimane insuperata.

auto-punto-postLa Grande Punto nasce dal Progetto 199, frutto della collaborazione tra il gruppo torinese e gli americani di General Motors; il telaio di base è stato sviluppato a partire dal 2002 da un team di ingegneri del marchio Fiat ed Opel presso gli stabilimenti di Torino. Il pianale SCCS (acronimo di Small Common Components Systems), che funge da base adotta sospensioni a ruote indipendenti all’avantreno configurate come MacPherson, mentre al retrotreno un più convenzionale schema a ruote interconnesse da un ponte torcente in grado di coniugare bassi costi di produzione e un maggiore spazio per il vano bagagli grazie alle dimensioni compatte di questo schema. L’impianto frenante sfrutta dei dischi autoventilati all’anteriore mentre al posteriore sono disponibili i classici tamburi per le versioni base, mentre le versioni di punta sono equipaggiate anch’esse con dei freni a disco. Su questo telaio la Opel ha progettato anche la quarta generazione di Corsa che ha debuttato nel 2006.

Lunga 4,03 metri la Grande Punto è stata la prima utilitaria di segmento B a superare la soglia dei 4,0 metri di lunghezza, seguita un anno più tardi dalla Peugeot 207. Anche lo spazio interno è stato incrementato del 15% rispetto alla precedente Punto.

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I segni del rinnovamento rispetto alla Punto sono il design frutto del centro stile Italdesign di Giorgetto Giugiaro nel quale sono evidenti l’impostazione della carrozzeria con un frontale più basso (sviluppato per andare incontro ai massimi punteggi nei crash test EuroNCAP e per garantire una protezione maggiore nell’investimento pedoni). La linea appare più sportiva e aerodinamica, senza sostanziali differenze tra la versione a 3 e a 5 porte. Il muso presenta una calandra di vaga ispirazione Maserati che ingloba la mascherina sdoppiata e il logo della casa, i fari anteriori si allungano nei paraurti mentre nella zona inferiore sono presenti dei profili aerodinamici che inglobano i fari fendinebbia. La fiancata della Grande Punto viene evidenziata dai passaruota in rilievo e dalla linea di cintura che sale lungo la zona posteriore conferendo un aspetto molto slanciato all’automobile. Il tutto termina con la zona posteriore caratterizzata dalla ormai classica fanaleria verticale di dimensioni ridotte rispetto alle progenitrici, voluta per incrementare le dimensioni del cofano-baule posteriore in modo da garantire una maggiore accessibilità al bagagliaio (ma vi dirò che il vano bagagli della prima Punto è più grande). Caratteristico è il logo posteriore applicato sul bagagliaio che forma il marchio Punto dove la P iniziale è stata sagomata in modo da formare un pilota al volante ed è stata ribattezzata Mr.Dot (visibile nella foto in basso sul cruscotto).

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Insomma, finalmente la Fiat aveva fatto un’auto così bene da vendere molto in tutta Europa e prendere premi persino in Germania.

Ma poi il 19 novembre arrivò il bimbo, splendido e simpaticissimo. Il primo viaggio nella Grande Punto ci convinse che era troppo piccola. Lo sapevo, ma avevo ceduto alla avvenenza della piccola torinese. Come correre ai ripari?

Un’Audi più moderna? No, con Audi avevo già dato. E poi le ultime Audi sono così di lusso da non piacermi più, A3 a parte, forse. La A4 ha cessato di piacermi con la seconda serie (B6); forse salverei la terza (B7), ma sempre Avant. Ma non ero convinto…

La mia prima auto italiana mi aveva sorpreso per la qualità. Fiat non era più quella di una volta. Anni fa mi sarei vergognato di portare una Fiat, oggi mi sembrava possibile esserne orgogliosi, dato che la tanto bistrattata casa italiana stava salvando e inglobando nientemeno che l’americana Chrysler! Perché non rimanere “in Italia”?

Tra le Fiat mi piace moltissimo la Bravo, degna erede della Ritmo che mi piaceva da ragazzo, ma avrei dovuto rimetterci troppi “euri” oltre alla Punto. Tempo fa mi capitò di portare una Croma che mi lasciò di stucco per le prestazioni del suo 150 cv 1.9 Multijet con cambio a 6 marce. Lo spazio è enorme, l’auto non è bellissima (ma a mia moglie non dispiace) e sarebbe l’ideale per la famiglia. Ma per non rimetterci troppo bisogna prenderla vecchiotta… Vecchio per vecchio, valutai anche la Stilo Station Wagon, che per qualche strano motivo mi affascinava nonostante la bruttezza (ma a mia moglie non piace). Nel campo Lancia c’era solo la Lybra Station Wagon che poteva avere i requisiti, ma ha un aspetto troppo antico…

Allora perché non togliermi uno sfizio? Il sogno di bambino? Ora che le auto italiane erano tornate ad essere sinonimo di qualità, perché non cedere alla passione e passare all’Alfa Romeo?

La splendida 159 Sportwagon era fuori discussione, troppo cara anche usata. Ma la 156 era ormai abbordabile e ancora bellissima tutt’oggi, forse anche di più. Iniziai sognando la Crosswagon, visto che vivevamo in campagna, ma si vendevano ancora care e la loro manutenzione è ovviamente più impegnativa.

Mi rivolsi al solito meccanico di Montefiascone: destino? Aveva, guarda caso, una Alfa 156 Sportwagon 1.9 JTD Distinctive del 2004 (seconda serie), nera e con 135.000 km, tanti ma certificati da lui stesso, che l’ha sempre avuta in cura. Il sogno stava per diventare realtà…

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