Quando ero tutto Linux e OpenOffice e lavoravo all’università tra fior di ricercatori e menti aperte, ho provato ad applicare alla realtà il fare a meno dello strapotere di Microsoft. Niente Windows, niente Office! Linux e OpenOffice funzionavano a meraviglia. Esportavo in formato Microsoft se necessario. Outlook? No, Thunderbird era fantastico. E chi ha bisogno di Internet Explorer quando Firefox è sempre stato nettamente superiore?
Consegnai una relazione scritta in OpenOffice salvata in formato Word, l’odiato “.doc”! Io che mi curavo di allegare sempre documenti in formato RTF, che non costringeva il ricevente ad acquistare MS Office per poterlo leggere, in accordo con la migliore etica del software libero. Il ricercatore in questione, che aveva una versione vecchia di Word mentre il mio Open Office era aggiornatissimo, mi imprecava contro perché doveva reimpaginare tutto: “anch’io so’ comunista ma che figura ce famo co’ questi? l professionisti seri lavorano con Word!” Non
ero io in difetto, era lui che aveva il software non aggiornato, la versione più recente di Word avrebbe aperto bene il file, come avevo verificato prima di spedirlo. Eppure mi sono preso io la lavata di testa, che mi illudevo di poter fare la rivoluzione informatica cominciando da me stesso, come le rivoluzioni andrebbero davvero fatte. No, io ero il sognatore infantile, le persone serie usano MS Office.
Qualche tempo dopo comprai un Mac, come facevano una volta gli “alternativi“: IBM e Microsoft erano i giganti da combattere acquistando prodotti Apple (think different!). Non me lo ero mai potuto permettere in passato. Quando ero alla scuola superiore mi ero invaghito dell’informatica e cominciai a comprare una enciclopedia sull’argomento, a fascicoli settimanali in edicola, roba di altri tempi! Poco dopo mio padre mi fornì di computer: un Commodore 64. Feci i prmi esperimenti ma alla fine mi iscrissi a Geologia. Quando si trattò di lavorare alla tesi fu chiaro che sarebbe servito un computer vero. A Geologia tutti avevano i Macintosh, ma costavano un occhio della testa. Fui costretto al DOS e quando uscì Windows lo volli usare a tutti i costi perché ci si poteva lavorare come sul Mac, con mouse, finestre e tendine. Anni dopo, stufo di “crash”, virus e problemi vari, disinstallai Windows dal mio laptop e lo sostituii con Linux; al lavoro creai una partizione Linux sul computer dell’università (dove da anni ormai tutti si erano convertiti ai PC per ordine del Ministero) e lavorai con quello per un bel po’.
Stufo di scontrarmi contro i muri di gomma dell’ormai affermato standard “sai usare il computer = sai usare MS Office”, stanco di lottare contro i mulini a vento, decisi il grande passo e mi comprai finalmente un bel MacBook, ormai diventato abbordabile.
Sperimentai un senso di rilassamento mai provato prima. Niente più problemi di configurazione, niente più assalti di hacker, spyware, virus vari, niente più malfunzionamenti (ci sono, ma nessun paragone con Windows). Il paradiso dell’informatica! Neanche sembrava di stare a lavorare. Ora sì che capivo l’entusiasmo degli utenti Apple, ma come al solito la qualità si paga. Un notebook PC oggi può costare anche 3-400e, ma se si vogliono gli stessi componenti di qualità utilizzati sui Mac, i prezzi si equivalgono. A parità di prezzo, un notebook PC può avere anche il doppio della memoria o il doppio di spazio di archiviazione, anche il doppio di porte USB, ecc., ma la qualità complessiva sarà sempre al massimo comparabile nella stessa fascia di prezzo. Un informatico “smanettone”, un hacker, preferirà usare Windows, ma forse ancora di più Linux, un sistema aperto e personalizzabile, molto più malleabile e “creativo” dal punto di vista informatico.
Ma non dimentichiamo che il cuore del sistema operativo Apple è un vero e proprio Unix, il primo sistema sistema operativo al mondo, solido, stabile, orientato alle reti, con comandi potenti tanto quali quelli di Linux, che è nato proprio ad immagine e somiglianza di Unix. Quindi, chi ne ha voglia, può usare il Mac come un qualunque Unix.
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Qualche tempo dopo comprai un Mac, come facevano una volta gli “alternativi“: IBM e Microsoft erano i giganti da combattere acquistando prodotti Apple (think different!). Non me lo ero mai potuto permettere in passato. Quando ero alla scuola superiore mi ero invaghito dell’informatica e cominciai a comprare una enciclopedia sull’argomento, a fascicoli settimanali in edicola, roba di altri tempi! Poco dopo mio padre mi fornì di computer: un Commodore 64. Feci i prmi esperimenti ma alla fine mi iscrissi a Geologia. Quando si trattò di lavorare alla tesi fu chiaro che sarebbe servito un computer vero. A Geologia tutti avevano i Macintosh, ma costavano un occhio della testa. Fui costretto al DOS e quando uscì Windows lo volli usare a tutti i costi perché ci si poteva lavorare come sul Mac, con mouse, finestre e tendine. Anni dopo, stufo di “crash”, virus e problemi vari, disinstallai Windows dal mio laptop e lo sostituii con Linux; al lavoro creai una partizione Linux sul computer dell’università (dove da anni ormai tutti si erano convertiti ai PC per ordine del Ministero) e lavorai con quello per un bel po’.
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Sperimentai un senso di rilassamento mai provato prima. Niente più problemi di configurazione, niente più assalti di hacker, spyware, virus vari, niente più malfunzionamenti (ci sono, ma nessun paragone con Windows). Il paradiso dell’informatica! Neanche sembrava di stare a lavorare. Ora sì che capivo l’entusiasmo degli utenti Apple, ma come al solito la qualità si paga. Un notebook PC oggi può costare anche 3-400e, ma se si vogliono gli stessi componenti di qualità utilizzati sui Mac, i prezzi si equivalgono. A parità di prezzo, un notebook PC può avere anche il doppio della memoria o il doppio di spazio di archiviazione, anche il doppio di porte USB, ecc., ma la qualità complessiva sarà sempre al massimo comparabile nella stessa fascia di prezzo. Un informatico “smanettone”, un hacker, preferirà usare Windows, ma forse ancora di più Linux, un sistema aperto e personalizzabile, molto più malleabile e “creativo” dal punto di vista informatico.
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Ed oggi invece Apple è da combattere. Lo strapotere industriale che ha raggiunto da quando a invaso il mercato con iPhone ed iPad dà fastidio. Secondo me, quello che dà più fastidio sono molti dei nuovi utenti Apple, di quelli che si mettono l’adesivo della mela sul cofano dell’auto per distinguersi: sono utente Apple = sono figo. Ed ecco che la mela morsicata, tanto amata da chi pensava diverso negli anni 80-90, da chi si rifiutava di piegarsi alla consuetudine del binomio Windows-Office, è diventata oggi uno status symbol. Una volta l’utente Apple era l’utente Mac. Oggi “basta” un iPhone e si è utenti Apple (tanto te lo danno in comode rate le compagnie telefoniche), ma non è la stessa cosa che usare un Mac, qualcosa che una volta significava ben altro che avere un iPhone od un iPad. Gli artisti prediligevano il Mac, grafici, musicisti, scrittori non avevano tempo
né voglia di combattere con i problemi di Windows. Il computer era uno strumento di lavoro, doveva essere amichevole e non si doveva mettere di traverso durante il processo creativo. A gente di quel tipo non interessava quanta Ram ci fosse dentro, quanto grosso fosse l’hard disk e tanto meno la frequenza di clock del processore. Doveva funzionare e basta, ma in modo semplice. Il Macintosh era tutto questo. Oggi Apple si distingue come l’azienda più proficua al mondo, con bilanci che salverebbero qualunque paese del terzo mondo. Gli utenti Apple sono diventati quegli imbecilli che si accampano di notte davanti allo “store” per accaparrarsi il più presto possibile il nuovo iPhone o iPad. O peggio ancora quelli che mostrano orgogliosi l’ultimo modello di melafonino schifando chi, per motivi suoi ben precisi, ha scelto di comprare un altro tipo di smartphone. Oggi lo strumento che hanno tutti è lo smartphone. Per me si tratta di computer palmari che fanno pure le telefonate e come tali li uso.
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