Era il 1993. Ero laureato da due anni e disoccupato (anzi, lavoravo in un negozio di strumenti musicali ma non vedevo l’ora di cambiare). Mio padre andò in pensione e con la buonauscita pensò di cambiare auto visto che la Renault 14 era con noi dal 1982! Iniziava la ricerca della nuova berlina di famiglia. Il dubbio era: nuova od usata? Io ero per il mercato usato che, con un po’ di fortuna, avrebbe permesso di ottenere un’auto superiore a parità di spesa.
In passato il mio mito era sempre stata l’Alfa Romeo. Ma a quel tempo l’acquisizione Fiat aveva generato il progetto 155, di derivazione Tipo/Tempra, auto Fiat che detestavo. Le italiane in genere a quel tempo non brillavano. A me piaceva molto la Lancia Dedra, che avevamo provato grazie a un amico di mio padre che ce la prestava in caso di viaggi. Ma era opinione generale che fosse molto difettosa, un acquisto non consigliabile.
Insomma, il panorama italiano lasciava a desiderare. Dal canto mio, affievolita la passione per le Alfa, che assieme alle altre italiane diventavano sempre più spigolose e bruttine, tenevo d’occhio una prestigiosa casa tedesca, che preferivo alla troppo blasonata Mercedes e alla ostentante BMW. L’Audi era nota per la qualità delle sue sobrie (allora) auto ma fino al 90 non brillavano per estetica. Trovavo molto elegante e accattivante il simobolo Audi dei 4 cerchi. La storia della casa tedesca partiva dal 1909, quando il fondatore August Horch, estromesso dalla propria azienda omonima, si trovò a doverne impiantare un’altra senza poter utilizzare il suo nome. Il nipote seminarista propose di utilizzare il nome di famiglia tradotto in latino: horch in tedesco significa “ascolta”; in latino diventa “audi” (imperativo del verbo “audire”). Dopo la crisi degli anni 20 l’Audi venne assorbita dalla DKW e dopo un po’ anche la Horch e la Wanderer decisero di unirsi al sodalizio, che divenne Auto Union. Questa venne acquistata dal gruppo Daimler-Benz nel 1958 e poi ceduta nel 1964 alla Volkswagen. L’amministratore del gruppo tedesco dichiarò che sognava di farne l’Alfa Romeo di Germania.
Dal 1972 iniziò la produzione dell’Audi 80, il cui nome deriva dagli 80 cv di potenza del primo modello, denominato B1. Nel 78 uscì la B2, che cambiò la carrozzeria con una più grande, ma la meccanica rimase la stessa. Le linee erano spigolose come spesso succedeva negli anni 80, ma nell’86 ci fu la svolta. L’Audi 80 B3 cambia tutto dal punto di vista estetico: la nuova carrozzeria è aerodinamica, con coda corta e frontale arrotondato, gli interni erano moderni, anche se meno spaziosi dei precedenti. Fu un grosso successo specie per il pubblico giovane che poteva permettersela. Non era inaccessibile come le Audi di oggi. La giudicai come l’auto più bella prodotta in quegli anni e la elessi ad auto dei miei sogni in luogo delle Alfa. Nel 1991 arriva la quarta serie Audi 80, un restyling della B3. Il muso era completamente rinnovato e la coda era stata ridisegnata per aumentare lo spazio nel vano bagagli. Il risultato, ai miei occhi, era una meraviglia! L’Audi 80 B4 divenne per me l’auto più bella in commercio in quegli anni. Questa è la pubblicità che mi colpì molto all’epoca:
L’idea di un’auto così sicura da permettere di godere dell’ascolto di musica classica guidando sotto la pioggia in una strada di campagna mi colpì molto. La pubblicità comunicava un senso di protezione ed intimità che probabilmente all’epoca non possedevo ma ricercavo. Sicuramente un messaggio azzeccato, almeno nel mio caso. Non esistono più Audi così. L’Audi 80 aveva classe. Le Audi odierne sono troppo lussuose, snob, presuntuose, oserei dire antipatiche…
La nostra famiglia, per puro caso, non aveva mai avuto auto italiane, mai auto nuove, solo usate, scelte in base all’occasione che capitava. Nella ricerca della sostituta dell’ormai storica Renault 14, le auto tedesche ci attiravano molto, ma costavano anche molto. La VW Passat o l’Audi 80 B3 erano accessibili solo usate. Alla cifra che mio padre voleva spendere, inizialmente una dozzina di milioni, si poteva ottenere una Opel Vectra. Sul nuovo si poteva solo cercare di arrivare ad una Seat Toledo, già nel gruppo VW allora. Ma in realtà di milioni ce ne sarebbero voluti una ventina. A quella cifra si poteva avere l’Audi 80 B4 usata, l’auto più bella di allora. Mio padre trovò un’occasione del 1992, di uno splendido verde acqua, il miglior colore della gamma, con soli 35.000 Km, impianto stereo e climatizzatore automatico Diavia. Una regina della strada che entrò amatissima in famiglia per 22 milioni circa.
Era la prima volta che potevo guidare un’auto che sognavo. Ci rimasi affezionato per tredici (13!) lunghi anni e ancora oggi mi fa un certo effetto quando ne vedo una per strada.
La tondeggiante Audi 80 B4 parcheggiata di fronte alla prima casa che ho condiviso con mia moglie (allora non eravamo sposati). La sensazione di protezione ed intimità divenne reale nel 2005 nelle campagne sacrofanesi, a nord di Roma.
Con l’Audi 80 ho tantissimi ricordi. Era un’auto stupenda ma anche di una qualità che non avevamo mai sperimentato prima. Neanche la cilindrata duemila era mai stata sperimentata in famiglia, ma i consumi non erano poi così elevati, era il 2.0 litri più economico in circolazione e nel mio primo viaggio calcolai 12,6 km con un litro a pieno carico in autostrada con climatizzatore inserito. La manutenzione all’inizio fu pesante, finché non trovammo un meccanico onesto.
Tornare a casa dopo il lavoro, casa mia e della mia compagna, con la mia auto dei sogni e parcheggirla lì, accanto…
Nel 1998 ebbi il mio primo incarico da geologo professionista e, visto che l’auto la usavo sempre io, decidemmo di intestarla a me in modo da poterne scaricare le spese. Quindi dal 1999 la mitica Audi 80 divenne la mia prima auto. E fu anche quella del mio primo (e unico, devo precisare) tamponamento. Stavo raggiungendo degli amici a cena in un weekend di luglio ed era in corso il tipico temporale estivo romano. Nel fermarmi ad un semaforo non notai che ero sui binari del tram. L’Audi non si fermò, né sterzò. Urtai una Golf che si era arrestata davanti a me, senza farle un graffio. La mia era un po’ ammaccata davanti ma non pensai fosse grave. Dopo la cena non potei ripartire perché doveva esserci una perdita al radiatore e non riuscivo a riempirlo di liquido. La lasciai lì nel weekend, davanti ad una assistenza ufficiale Audi/VW. La mattina del lunedì scoprii che era il posto da dove era uscita appena venduta. Ma scoprii anche che il danno ammontava a circa 5 milioni! Mi dovetti sedere per riprendermi dal colpo…
Ottenni un prestito da una banca e la feci riparare dalla casa madre, che mi garantiva la perfezione del lavoro. Era il 1998 e decisi che, visto il notevole esborso, sarebbe dovuta restare in servizio attivo per molto, davvero molto tempo ancora…!
Nel frattempo mio padre aveva preso una Renault 19 Chamade 1.4 verde scuro dallo stesso zio della R14 e si accontentò così. Io mi godevo un’auto per cui non riuscivo razionalmente a spiegare l’attaccamento. Pensai che forse, impossibilitato ad avere una casa mia, ancora costretto per motivi economici a vivere con i miei (dopo il primo lavoro da libero professionista diventai un precario universitario), mi sentissi a casa, con la mia privacy, solo nella mia Audi 80. Ricordo che molte volte, quando cadevo in depressione per la mancanza di denaro, di indipendenza, di donne, ecc, prendevo la bella Audi 80 e mi facevo un giro per Roma ascoltando del buon rock a notte fonda.
Beh, non è proprio un bel ricordo, ma le cose sarebbero presto migliorate: nel 2004 feci un’esperienza di lavoro negli USA e conobbi quella che oggi è mia moglie. La nostra storia iniziò proprio a New York e passeggiando innamorati attorno a Central Park vidi, incredulo, un’Audi 80 identica alla mia, parcheggiata davanti ad una tipica palazzina della 93esima strada. Così raccontai alla mia nuova ragazza del mio “altro” amore (si fa per dire, ovviamente…). Al rientro a Roma ci si affezionò anche lei. Sapendo che avrei viaggiato molto per vedere la mia ragazza, dato che viveva a Montefiascone (VT), feci installare un impianto GPL per risparmiare col carburante.
Un’Audi 80 identica alla mia fotografata in una strada di New York nel 2004. Quando siamo tornati nel 2007 per sposarci era ancora lì…
Con la mia Audi 80 mi trasferii nella nostra prima casa da conviventi nelle campagne attorno a Sacrofano, a nord di Roma. La mattina del 2 luglio 2005 la caricai con tutte le mie cose e partii felicissimo per la campagna, verso una vita nuova. Questo invece è proprio un bel ricordo! Era bello vederla parcheggiata davanti la nostra casa (le prime 3 foto della pagina). Mi dava una sensazione di intimità, non so perché. Mi piaceva molto quando a guidarla era la mia compagna. Non significava solo il piacere di condividere con lei un bene di mio possesso; non so, un’auto non sempre è solo un pezzo di ferro con quattro ruote che ti serve per spostarti. In qualche modo è parte della tua vita e per qualche inspiegabile e assurdo motivo, ti accompagna nelle esperienze di vita e ci resti legato quasi come se fosse un essere vivente (quasi).L’Audi 80 era considerata un “polmone” nella versione che avevo io, la 66 Kw, oggettivamente pochi per quella massa, ed il sistema frenante era decisamente sottodimensionato, costringendoci spesso a sostituire pasticche, dischi, tamburi e ferodi! Ma di contro, il motore non molto spinto avrebbe avuto una lunga vita. Era un 1984 cc ad iniezione meccanica singlepoint (2.0i) ed aveva una marmitta catalitica, tra le prime di serie per legge, essendo uscita nel 92. La carrozzeria, dalle linee per me ancora oggi bellissime, era solidissima, garantita 10 anni contro la corrosione.
Nel 94 fu sostituita dalla prima A4 (B5), che non aveva il fascino della 80; nessuna Audi l’ha più avuto…
Nel 2006 la bella Audi aveva più di 260.000 km e le spese cominciavano a farsi sentire. Sarebbe arrivato il tempo di sostituire frizione e sospensioni. A che prezzo? Valeva la pena continuare a tenerla in vita cambiando parti ogni volta? A volte, ripensandoci, mi piacerebbe che avessi deciso così, ma invece cominciai a pensare, per la prima volta, ad un’auto nuova…
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Fonte: Wikipedia