Per cominciare ricordo che sono un geologo, non un fisico nucleare, ma un po’ di basi per capire e divulgare ce le ho anche io. Ci tengo a farlo perché da persona di scienza ci tengo a chiarire per me e per altri il reale funzionamento di certi fenomeni naturali a precindere dalle loro applicazioni tecnologiche. Quindi vediamo di chiarire cos’è l’energia nucleare: in natura si osservano 4 tipi di energia, l’energia elettromagnetica, l’energia gravitazionale, l’energia nucleare debole e l’energia nucleare forte. Le prime due possiamo sperimentarle nella vita di tutti i giorni. La luce stessa è espressione dell’energia elettromagnetica ma anche le connessioni wifi e le onde radio. Le energie nucleari sono meno visibili perché agiscono all’interno degli atomi.
La materia è fatta di atomi di elementi diversi combinati tra loro a formare composti. Una atomo è costituito da particelle subatomiche come i protoni ed i neutroni, ammassati nel nucleo, e gli elettroni che orbitano attorno al nucleo a grande distanza e velocità. Gli elettoni hanno massa tracurabile rispetto ai protoni e ai neutroni. Hanno una carica elettrica negativa, mentre i protoni hanno una carica positiva. I neutroni si chiamano così perché non hanno carica (in realtà sono costituiti da un protone ed un elettrone, quindi la carica viene annullata).
Ogni elemento ha le sue caratteristiche tipiche dovute al numero di protoni presenti nel suo nucleo: dimmi quanti protoni hai e ti dirò chi sei. L’idrogeno ha un solo protone, l’elio ne ha 2, l’ossigeno 8, il carbonio 6, l’oro 79, l’uranio 92. Ma pensate che i protoni, avendo tutti carica positiva, dovrebbero respingersi. Come fanno a stare tutti assieme in un nucleo atomico? In effetti normalmente si respingerebbero ma a distanze piccolissime (un milionesimo di milionesimo di millimetro = 10-12 mm) entrano in gioco le forze di attrazione che tengono assieme il nucleo atomico. Avvicinare protoni a tal punto è una cosa che può accadere solo nel nucleo delle stelle o per le enormi energie che si creano quando esplodono come supernove (si chiama fusione nucleare). E’ così che si sono formati tutti gli atomi, anche quelli di cui siamo composti noi stessi.
I neutroni sono più o meno dello stesso numero di protoni ma esistono alcuni atomi dello stesso elemento che ne hanno di più o di meno – essi vengono chiamati isotopi. Facciamo un esempio: il carbonio abbiamo detto che ha 6 protoni nel nucleo. Normalmente ci si aspetterebbe che avesse anche 6 neutroni, per un totale di 12 che chiamiamo peso atomico del carbonio (nello specifico del “carbonio 12” = 12C). Ma in natura non tutti gli atomi di carbonio sono fatti uguali, qualcuno (1 su mille miliardi) arriva ad avere 8 neutroni per un totale di 14 particelle nel nucleo; il carbonio 14 (14C) è radiattivo: uno dei neutroni perde l’elettrone che contiene trasformandosi in un protone. Quindi il numero atomico passa da 6 a 7, trasformando l’atomo in azoto (14N). Questa trasformazione rilascia energia sotto forma di onde elettromagnetiche ad alta frequenza (come la luce ma a frequenze ben superiori tanto che non le vediamo e, come i raggi X, ci attraversano). Siamo fatti di carbonio e una percentuale di esso è 14C.
I neutroni sono lì nel nucleo perché aggiungendo massa elettricamente neutra aiutano a tenerlo stabile, cioè a non far sfuggire protoni. Ma non sempre ci riescono ed è proprio quello che accade ai nuclei più grossi, quelli con più di 83 protoni: perdono protoni trasformandosi quindi in un elemento diverso. L’uranio, per 92 protoni nel nucleo ha 146 neutroni (92+146=238U). L’uranio 238 è il più diffuso in natura ed è instabile, decade lentamente perdendo due protoni e due neutroni, trasformandosi quindi un un atomo che ha 90 protoni nel nucleo, il torio (234Th). Pensate che una massa di uranio 238 ci mette più di 4 miliardi di anni a trasformarsi per metà in torio. Quindi la sua radioattività (l’energia che emette naturalmente traformandosi) è piuttosto bassa, fa parte del fondo naturale di radioattività della Terra, con cui si è sviluppata ed evoluta la vita. E’ assolutamente innocua. Anzi, ci riscalda: oltre il 40% del calore interno della Terra (mediamente la temperatura aumenta di 30°C al km di profondità) è dovuto al decadimento dell’uranio – il nostro pianeta si mantiene caldo con l’energia nucleare!
Lo 0,7% dell’uranio in natura è costituito dal suo isotopo 235U, che con tre neutroni in meno è un po’ più radiattivo dell’uranio 238. Ma non tanto da causarci problemi. E’ un’altra sua caratteristica che ci permette invece di usarlo per generare energia. E’ l’unico elemento “fissile” in natura, cioè che, se bombardiamo il suo nucleo con neutroni, questo tende a spezzarsi in diverse parti. Quello dell’uranio 238 non ne vuol sapere, anzi, il neutrone è benvenuto nel suo nucleo, lo assorbe e diventa 239U! Quando un nucleo atomico si divide (fissione nucleare) emette energia ed è questa l’energia nucleare di cui tanto si parla.
Riassumendo: l’uranio presente in natura è quasi tutto 238U. Decade radiattivamente in maniera molto lenta (fra oltre 4 miliardi di anni una barra di di uranio sarà diventata per metà torio). Quindi se prendiamo una barra di uranio e la usiamo come fermacarte sulla nostra scrivania, non ci succede niente di particolare. Diverso è il discorso se ne respirassimo le poveri in miniera, sono tossiche come quelle di altri metalli non radioattivi, ma l’uranio si fissa nelle ossa e rimane lì a decadere, ad emettere radiazioni – non è bello. Ma così, inerte sulla scrivania, danni non ne fa. Emetterà piccole particelle dei suoi prodotti di decadimento, tra cui il radon ad esempio, un gas inodore e più pesante dell’aria che invece è ben più pericoloso negli scantinati e seminterrati di case in aree vulcaniche, ma non vedo la gente strapparsi i capelli per questo. Diciamo che è comunque sconsigliabile tenerlo in casa come fermacarte perché può sempre cadere, rompersi, creando schegge e polveri che è bene che non vengano inalate o ingerite – ma era per dare l’idea…
Comunque, lo 0,7% di quella barra sarà formato da 235U. Se vogliamo utilizzare questa barra in una centrale nucleare per creare energia dobbiamo innescare un processo detto reazione a catena: bombardiamo la barra con neutroni nella speranza di beccare quanti più possibili nuclei di 235U. Certo che con lo 0,7% che ce n’è in media dentro non sarà facile. Infatti non succederebbe niente (e quando li becchi!?). Bisogna arricchire l’uranio di 235U, più di quanto se ne trovi normalmente in natura. Una volta “aggiunto” più 235U alla nostra barra (fino a circa 3-5%, togliendolo ad una altra massa di uranio che diventarà quindi “impoverito”, cioè quasi 238U puro, la possibilità di “beccare” i suoi nuclei aumenta. Per ogni nucleo di 235U che viene frantumato ci sarà anche un bel numero di neutroni che scappano in giro ed ognuno di essi avrà una buona probabilità di urtare un altro nucleo di 235U e così via – se la percentuale di 235U è quella giusta, si forma quindi una reazione a catena che una volta innescata non si fermerà fino all’esaurimento di 235U (finché non calerà sotto la percentuale tale da matenere la reazione a catena). A questo punto la nostra barra sarà radiattiva sia finché dura la reazione ma anche dopo perché molti degli elementi (le scorie) prodotti rompendo gli atomi di 235U continueranno a decadere e ad essere quindi radiattivi, sebbene solo per qualche anno o decina di anni. Ce n’è solo uno problematico, il plutonio (elemento radiattivo che esiste proprio perché generato in questo modo), per cui ci vogliono secoli e va quindi smaltito isolandolo adeguatamente o riutilizzato. Oggi abbiamo la tecnologia per riciclare il plutonio, è anch’esso fissile quindi può innescare reazioni a catena: possiamo rimetterlo nel ciclo evitando il problema dello smaltimento (verrebbe così fissionato in elementi con decadimento più breve quindi meglio gestibili, autoalimentando la fissione con uno dei suoi stessi prodotti di scarto).
Una volta si usava uranio non arricchito nelle centrali. Il problema è che ad esso piacciono i neutroni e, se questi non sono abbastanza energetici, cioè veloci, li assorbe senza farsi spezzare. Ma se i neutroni sono troppo veloci si rischia che non urtino i nuclei attraversando la massa di uranio indenni. Questo vuol dire che rimarrebbero meno neutroni disponibili nella speranza che becchino i pochi nuclei fissili di 235U di un uranio non arricchito. Si usava rallentare alla velocità ideale i neutroni facendoli passare attraverso un materiale con poca capacità di assorbimento di neutroni, in modo da non perderne troppi nel tentativo di moderare la loro velocità. Il “moderatore”, appunto, era l’acqua pesante. L’acqua è composta di idrogeno ed ossigeno (H2O). L’idrogeno ha un solo protone e normalmente un solo neutrone. Un suo isotopo ha 2 neutroni ed è chiamato deuterio. L’acqua pesante è fatta con questo tipo di idrogeno (D2O) e quindi, avendo già un neutrone in eccesso, difficilmente ne assorbe altri. In questo modo abbassava l’assorbimento totale di neutroni del sistema permettendo l’uso di uranio non arricchito. Ma è difficile e costoso isolare l’acqua pesante dall’acqua normale, quindi oggi si preferisce arricchire l’uranio.
L’uranio impoverito è invece un metallo molto resistente e viene usato per armamenti, missili, proiettili, rivestimenti di carri armati. Essendo ad alto tenore di 238U (perché è impoverito di 235U) è persino un po’ meno radiattivo. Quindi quello che rimane dal processo di arricchimento può venire utilizzato così. Chiaramente, se si è colpiti da un proiettile o da una scheggia di uranio impoverito, alcune particelle di uranio possono rimanere in circolazione nel corpo e creare danni alla salute mentre decadono, seppure lentamente.
Una delle idee che ci facciamo normalmente è che questi siano problemi delle nazioni che hanno centrali nucleari. No. E’ un problma di qualunque nazione in cui si fa medicina nucleare e ricerche di fisica nucleare. Queste attività, fondamentali anche solo se si pensa alla salute, alle diagnosi che permettono, generano scorie nucleari radiattive che vanno smaltite. Quindi anche l’Italia le sta smaltendo da decenni, da quando in ospedale possiamo fare la scintigrafia (ci iniettano un materiale radiattivo che una volta in circolo si vede benissimo nelle lastre). I prodotti del decadimento continuano a decadere a loro volta e vanno riciclati (riutilizzati finché continuano ad emettere) o smaltiti (isolati in contenitori appositi). Non si tratta né di quantitativi impossibili, né di tecnologie particolarmente complesse. E sono decenni che si fa normalmente, senza che la cosa abbia causato danni alla salute o all’ambiente.
Un’altra idea fuorviante che si crea nelle teste se non conosciamo bene l’argomento è quella di equiparare una centrale nucleare ad una bomba atomica. Già è difficile innescare nell’uranio una reazione a catena che permetta la generazione di energia sufficiente a far girare una turbina di una centrale. Per avere una reazione a catena che generi tanta energia da esplodere come una bomba bisogna arricchire l’uranio del suo isotopo 235 ben di più di quanto lo si faccia per le centrali nucleari! Ci vogliono percentuali di 235U oltre il 90% contro il 3-5% che serve per una centrale. Ben altro lavoro e spesa! In altre parole, una barra di uranio arricchito per uso in centrale nucleare non potrebbe mai farcela ad esplodere, non ha abbastanza 235U. Costruire centrali nucleari e costruire bombe atomiche sono due tecnologie diverse che hanno in comune l’uso dell’uranio 235; il processo di arricchimento è lo stesso e chi ha questa tecnologia la può anche usare per arricchire l’uranio a livello “weapon-grade”. Ma una centrale nucleare non potrà mai esplodere in una esplosione nucleare.