Nata all’inizio degli anni Sessanta col compito di sostituire la Giulietta, la Giulia ne riprendeva lo schema meccanico di base. Il motore a quattro cilindri di scuola aeronautica, con distribuzione bialbero e costruzione interamente in alluminio. Rispetto a quello della sua progenitrice c’era, oltre all’incremento di cilindrata da 1290 a 1570cc, l’importante innovazione delle valvole di scarico raffreddate al sodio (in pratica le valvole erano cave e la cavità stessa conteneva granuli di sodio, che trasportavano il calore dal fungo verso lo stelo). Le sospensioni anteriori avevano uno schema particolarmente sportivo a quadrilateri sovrapposti, mentre il retrotreno, pur utilizzando la classica e un po’ conservatrice soluzione a ponte rigido, fu reso più efficace spostando gli attacchi di molle e ammortizzatori dai semiassi ai bracci longitudinali, mantenendo la scatola del differenziale in alluminio e evolvendo il disegno del braccio superiore di controllo dello scuotimento laterale.La trasmissione era manuale a cinque rapporti, mentre i freni erano a tamburo con gli anteriori a 3 ganasce e tamburi in alluminio alettato, sostituiti in seguito da un impianto a 4 dischi Dunlop (Ate dal 1967). Se la meccanica era d’avanguardia (a parte alcune soluzioni della primissima serie, come impianto frenante e il comando del cambio al volante, con la cloche come optional), anche la scocca a deformazione differenziata con cellula abitativa rigida e la linea della carrozzeria erano molto moderne.
Grazie alla coda tronca, alle incavature laterali alla base della linea di cintura (che accompagnavano l’aria dal muso alla coda) e al muso basso e sfuggente la Giulia (che era una classica 3 volumi 4 porte) aveva un coefficiente di penetrazione aerodinamica (CX) di soli 0,34 punti (famoso lo slogan ” la Giulia l’auto disegnata dal vento”) . Quest’ultimo aspetto le dava anche un tocco notevole di aggressività (i fari grandi alle estremità e i piccoli all’interno ricordavano una persona con le ciglia aggrottate).Il risultato finale di tanta tecnologia furono prestazioni al top della categoria: una prova su strada condotta da una rivista specializzata nel 1965 la pose a confronto con altre 12 concorrenti di pari classe; ne risultò la più veloce con 177,154 km/h, mentre le altre oscillavano tra i 132 km/h e i 165 km/h.
Davide Cironi di DriveExperiemce.com prova la Giulia 1300 TI
La vettura, secondo le strategie dei vertici Alfa, inizialmente doveva essere lanciata in concomitanza con l’inaugurazione del nuovo stabilimento Alfa di Arese, ma a causa dei continui ritardi nella consegna dello stesso, per circa 2 anni si ebbe una curiosa fase di transizione in cui le prime parti di vettura ad essere prodotte nel nuovo impianto fuori Milano furono le scocche e sopra di esse si doveva montare tutta la componentistica meccanica ancora proveniente dall’impianto milanese del Portello. Il tutto fu possibile perché le due fabbriche distavano solo 15 chilometri. La prima vettura ad essere prodotta ad Arese fu poi la Giulia GT del 1963.
La Giulia venne presentata presso l’Autodromo Nazionale di Monza il 27 giugno 1962 nella versione TI (acronimo di Turismo Internazionale). Grazie alla cilindrata di 1570 cc e all’alimentazione con un carburatore doppio corpo verticale, il motore poteva erogare una potenza di 92 cv (67 Kw). Il cambio a 5 rapporti, una vera chicca all’epoca riservata a vetture di alta sportività e classe, aveva però il comando con la leva al volante, che ne rendeva scomoda e poco sportiva la manovrabilità. Il sedile anteriore aveva la seduta in pezzo unico che la omologava per sei posti, mentre la plancia (in plastica grigia) incorporava una strumentazione ad andamento orizzontale (con tachimetro a nastro e un piccolo contagiri circolare sulla sinistra).
Nel 1963 venne lanciata la versione Ti Super, pensata per l’omologazione alle gare turismo. Rispetto alla Ti, la Ti Super presentava una carrozzeria alleggerita (cofani e portiere in alluminio, lunotto e finestrini posteriori in plexiglas, alcuni lamierati assottigliati, allestimento interno semplificato, il motore a doppia accensione da 112 CV della Giulia SS coupé (con alimentazione a 2 carburatori Weber 45 DCOE14, valvole maggiorate, alberi distribuzione sportivi), freni a disco, cerchi in lega di magnesio Campagnolo con feritoie quadrangolari (gli stessi della Giulia TZ) e leva del cambio a cloche sul pavimento. A richiesta erano disponibili radiatore dell’olio, differenziale autobloccante e rapporti al ponte differenti.
Spot della Giulia Super
Esternamente la Ti Super si riconosceva per i quadrifogli adesivi sulla fiancata e la sostituzione della coppia di fari anteriori più interna con prese d’aria circolari. Opportunamente elaborata da noti preparatori come Virgilio Conrero, con il motore che arrivava a erogare circa 155 cv (114 kw), fu omologata nella categoria Turismo Gruppo 2 e in gara diede parecchie soddisfazioni all’Alfa Romeo che coniò lo slogan: “Giulia, la berlina che vince le corse”.
Nel 1964, dopo aver tolto di listino la Ti Super (costruita nei 501 esemplari necessari all’omologazione per le gare), l’Alfa Romeo aggiornò anche la Ti: 4 freni disco (dopo 22.000 esemplari con freni a tamburo), sedili anteriori separati e leva del cambio a cloche sul pavimento. Nel 1965 la 1600 TI venne affiancata dalla Giulia Super. Finiture più curate (plancia rivestita in legno, strumentazione circolare, sedili ridisegnati, profilo “sottoporta” cromato, diversi fregi posteriori, biscioni smaltati sui montanti posteriori) erano gli atout della Super, insieme con il motore che grazie all’adozione di due carburatori doppio corpo Weber 40 DCOE27 erogava 98 cv e con il nuovo rapporto al ponte 9/41 riusciva a superare i 175 km/h, valore analogo rispetto alla precedente TI, ma raggiunto a un minore regime di giri, migliorando comfort e consumi.
Giulia Super della Polizia insegue una Giulia 1300 TI nel film “Con la Rabbia agli Occhi” (1976)
Nel 1967 la 1600 Ti uscì di listino, rimpiazzata come versione di accesso dalla 1600 S, con motore (sempre monocarburatore) potenziato a 95cv, strumentazione simile alla Super ed eliminazione di quasi tutti i profili cromati. Nel 1969 la Super venne potenziata a 102cv grazie a nuovi alberi a camme e un aumento del diametro dei venturi dei carburatori.
Le 1300
Nel 1964 venne lanciato il modello d’accesso Giulia 1300, con motore di 1290cc monocarburatore doppio corpo (78cv) -evoluzione di quello montato sulla Giulietta TI-, cambio a 4 marce, frontale con due soli fari (anziché 4 come sulla 1600), interni molto semplificati e dotazione di accessori ridotta all’osso (mancava anche la luce di retromarcia e il servofreno)). Nonostante le economie si affermò immediatamente come la 1300 più veloce del mondo, con una punta dichiarata di 155 km/h, che nella prova di Quattroruote superò i 160 effettivi. Nel 1965 venne presentata la 1300 TI, con motore di 1290 cc alimentato sempre da un carburatore doppio corpo verticale Solex 32 PAIA/7, ma potenziato a 82 cv grazie al superiore rapporto di compressione (9:1 invece di 8.5:1) e ai collettori di aspirazione e scarico maggiorati, simili a quelli della 1600 TI. Dalla 1600 ricevette anche il cambio (“L’unica 1300 a cinque marce”, reclamizzava la casa), servofreno, finiture più curate. Sempre invariato il frontale con due soli fari. Nel 1969 anche la 1300 base ottenne il servofreno, mentre accomunò tutta la gamma la frizione a comando idraulico con molla a diaframma, il ritardatore di frenata al retrotreno, l’alternatore al posto della dinamo e il passaggio a cerchi da 14″ con pneumatici 165/80. Nel 1970 nacque la Giulia 1300 Super, che riprendeva le finiture dell’omonima versione 1600 (ma il frontale rimaneva a fari singoli), e raggiungeva prestazioni ancora più elevate grazie al motore 1300 bicarburatore da 89 CV già utilizzato sulla GT Junior fin dal 1966. Nel 1971 la 1300 base venne tolta di listino.
La Giulia Super “unificata”
Nel 1971, in occasione di un leggero restyling, la gamma venne semplificata e l’offerta ridotta a due soli modelli. Le modifiche estetiche riguardarono una nuova mascherina (nera con barre cromate), l’eliminazione delle cornici cromate attorno alle luci posteriori e i cerchi ruota. All’interno venne mantenuto l’allestimento Super, con alcune variazioni (consolle centrale rivestita in legno) e semplificazioni (pavimento in gomma anziché in moquette). La Giulia Super (questa la nuova denominazione) era disponibile nelle versioni, assolutamente identiche (anche la 1300 adottò il frontale a 4 fari): 1.3 (1290cc, 89cv) e 1.6 (1570cc, 102cv).
La Giulia Nuova Super
Nel 1974 un restyling più consistente diede vita alla Nuova Super. A cambiare furono il frontale (nuova mascherina in plastica nera, diverso scudetto Alfa, cofano motore liscio), i paraurti (più avvolgenti), la coda (cofano liscio, diverso layout delle luci) e gli interni (plancia rivista, consolle centrale con bocchette di ventilazione frontali, pavimento in moquette, sedili con poggiatesta). Nessuna novità tecnica. La gamma rimaneva composta delle versioni 1300 da 89 CV e 1600 da 102.
Nonostante gli anni trascorsi, la “Giulia” continuava a meravigliare anche in quest’ultima versione per le doti motoristiche e dinamiche in generale: una nota rivista specializzata annotò “…la berlina 1300 più veloce del mercato…”, e ancora nell’accelerazione da fermo “…il tempo ottenuto sul chilometro da fermo (…) è ancora oggi il migliore ottenuto da berline 1300…”. Nel 1976 venne lanciata la Nuova Super Diesel, mossa da un 4 cilindri diesel di 1760cc prodotto dalla Perkins Engines (era lo stesso dei furgoni Alfa Romeo F12). Progetto figlio della fretta indotta dalla crisi potrolifera, adottava un motore lento (55 cv secondo le permissive specifiche SAE, 135 km/h), rumoroso e ruvido, molto pesante poiché interamente in ghisa e anche all’epoca considerato poco adatto ad una berlina di impostazione sportiva. La Nuova Super Diesel fu un sonoro fiasco tecnico e commerciale (meno di 6.500 esemplari prodotti). Inoltre avendo mantenuto lo stesso telaio del benzina le vibrazioni tipiche del diesel ne causavano cedimenti strutturali.
Confrontiamola con le concorrenti
Sostituire la Giulietta non era facile. Alfa Romeo ci riuscì molto bene con la Giulia, un successo strepitoso, linee meno tondeggianti ma originali e moderne rispetto alla concorrenza che, fatta eccezione per l’ottima Lancia Fulvia, non aveva ancora armi per combattere contro il “Biscione”. La prima Audi del gruppo VW derivava da una DKW, niente di speciale. La BMW serie 02 non era male ma non c’era ancora paragone: la Giulia era al top della gamma in quanto a prestazioni. Creò un mito…
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Il mio amore si chiama Giulia