Un’analisi della dimostrazione di Aiki Budo di Morihei Ueshiba del 1930 dal punto di vista di Jigoro Kano
Molte biografie di Morihei Ueshiba contengono riferimenti alla visita del 1930 di Jigoro Kano, il fondatore del Kodokan Judo, presso il dojo temporaneo di Mejirodai per assistere ad una dimostrazione di Aiki-Budo. In tutti i casi si parla di come la dimostrazione di Ueshiba abbia notevolmente impressionato Kano, che alla fine commentò “Questo è il mio Budo ideale”. Dopo quella visita Kano inviò due dei suoi migliori allievi, Jiro Takeda, un esperto judoka, e Minoru Mochizuki, l’astro nascente del Kodokan e un prediletto di Kano, a studiare con O’Sensei.
Sebbene esistano molte testimonianze su questo avvenimento, non c’è alcuna documentazione sulle tecniche dimostrate e sulla conversazione tra Kano e Ueshiba. Cosa vide Kano tanto da portarlo a descrivere l’arte di Ueshiba come “Budo ideale” ed assegnargli due studenti del Kodokan?
Allo stesso modo, leggendo biografie e autobiografie di alcuni degli uchideshi (studenti interni) di O’Sensei come Minoru Mochizuki, Rinjiro Shirata, Gozo Shioda, Kenji Tomiki e Shoji Nishio, è chiaro che questi uomini, tutti eccellenti budoka che studiavano attivamente Judo, videro qualcosa nell’Aikido che li spinse a seguirlo, alcuni in modo esclusivo. La domanda è “cosa hanno visto?”
Per tentare una risposta bisogna tornare indietro di circa 50 anni prima dell’incontro dell’ottobre del 1930.
La visione di Kano del Kodokan Judo
Jigoro Kano fondò il Kodokan Judo nel 1882 unendo tecniche di una varietà di scuole di jujitsu, principalmente la Kito Ryu e la Tenshin Shin’yo Ryu. Il programma del Kodokan Judo contiene nage-waza (proiezioni), katame-waza (prese) e atemi-waza (colpi).
Tra le katame-waza sono incluse le shime-waza (strangolamenti o soffocamenti), kansetsuwaza (leve articolari) e osaekomi-waza (immobilizzazioni). Kano organizzò sistematicamente ed insegnò le tecniche secondo gli schemi educativi dell’epoca. Al Kodokan si impiegavano i kata (attacchi e difese prefissati), la base dell’allenamento di tutti i jujitsu ko-ryu (le scuole classiche pre restaurazione Meiji), combinati col randori (attacchi e difesa a sorpresa) della Kito Ryu per sviluppare le capacità di combattimento.
A distinguere il Kodokan Judo di Kano dalle precedenti scuole di jujitsu era l’inclusione di principi etici e l’uso dell’analisi scientifica. Kano vedeva il Kodokan Judo come un modo per preservare le arti di combattimento giapponesi tradizionali come forma di educazione fisica e come veicolo per un addestramento morale ed intellettuale. Il Kodokan Judo doveva essere un misto di educazione fisica, filosofia, autodifesa e sport, il cui fine ultimo fosse il miglioramento della società attraverso la formazione fisica e spirituale dell’individuo.
Kano era convinto che, per poter dare al Kodokan Judo una certa rilevanza nel mondo moderno, esso doveva conservare la sua integrità combattiva e servire da strumento di miglioramento della società e dell’individuo.
Egli progettò il Kodokan Judo in modo che si conformasse a due principi fondamentali: il benessere reciproco (Jita-Kyoei) e la massima efficienza attraverso l’uso ottimale dell’energia (Seiryoku Zen’yo).
Kano vedeva lo scopo dell’allenamento di Kodokan Judo come lo sviluppo dello shobu-ho (tecniche di combattimento esperte), del rentai-ho (un corpo forte e sano) e dello shushin-ho (coltivazione mentale degli standard morali) e definì come obbiettivi del Judo l’auto-miglioramento, sia fisico che mentale, ed il contributo al benessere della società.
Kazuzo Kudo, 9° dan di Kodokan Judo e deshi di Kano, ci fornisce la seguente descrizione dello scopo del Judo come inteso da Kano, ammonendo: “Chiunque voglia seguire la via del Judo deve soprattutto instillare questo insegnamento nel proprio cuore”.
Il Judo è la via verso l’uso più efficace sia della forza fisica, sia di quella spirituale. Allenarsi in attacchi e difese raffina il corpo e l’anima ed aiuta a far diventare l’essenza spirituale del Judo parte del proprio essere. In questo modo ci si perfeziona e si contribuisce al mondo con qualcosa di valore. Questo è lo scopo ultimo del Judo.
Sebbene Kano e gli esponenti più anziani del Kodokan Judo siano accreditati della creazione delle sue tecniche, essi in realtà le derivarono dai curriculum delle prime scuole di jujitsu, principalmente la Kito Ryu e la Tenshin’yo Ryu. Quello che Kano ed i suoi studenti più anziani fecero, fu di analizzare scientificamente e modificare le tecniche esistenti per renderle più efficienti nell’applicazione e meno pericolose per l’uke (colui che riceve la tecnica).
Analizzando le tecniche, Kano scopri che per far riuscire una tecnica devono realizzarsi tre elementi: kuzushi, tsukuri e kake. Secondo Kano kuzuki significa che uke deve essere in disequilibrio rispetto al tori (colui che esegue la tecnica). Tsukuri era la capacità del tori di mettersi nella posizione giusta per poter applicare la tecnica, Kake era la vera e propria implementazioone della tecnica da parte di tori. Kano era convinto che le migliori esecuzioni tecniche contenessero tutti e tre questi elementi fusi tra loro e lavorò intensamente per ottenere questa unione in tutte le tecniche del Kodokan Judo.
Sembra che Kano ritenesse il kuzuki fondamentale per l’arte del Judo. Per lui il kuzushi era la manifestazione di Ju no Ri, il principio della flessibilità, anche spiegato con il prendere il sopravvento tramite la gentilezza o la cedevolezza (Ju yoku go o sei suru).
Il concetto di Ju no Ri di Kano si basava sul precetto taoista “invertire è il movimento del Tao”, anche descritto come “le cose più cedevoli al mondo hanno il sopravvento sulle cose meno cedevoli”. Kano combinò lo Ju no Ri con l’interscambio di forze definito dal principio di in-yo (yin e yang, durezza e morbidezza, negativo e positivo, ricettività e resistenza) e spiegò così il suo concetto di Kuzushi fondato sullo Ju no Ri:
Quando arriva l’avversario, dategli il benvenuto; quando se ne va, mandatelo verso la sua via, (Kureba mukae, sareba okuru).
Cinque più cinque fa dieci; due più otto fa dieci. (Go-go ju, ni-hachi ju). Se il nemico spinge con cinque unità di forza, tirate con cinque unità di forza; il risultato è dieci unità. Se il nemico tira con cinque unità di forza, spingete con cinque unità di forza; il risultato sarà dieci.
Cosa significa davvero “gentilezza” o “cedere”?
Diciamo che la forza di un uomo che mi sta difronte è rappresentata da dieci unità, mentre la mia forza, minore della sua, sarà di sette unità. Ora, se egli mi spingesse con tutta la sua forza io sarei sicuramente respinto o buttato a terra, anche se usassi tutta la mia forza per resistergli. Ma se invece di oppormi lasciassi passare la sua forza ritirando il mio corpo giusto di quanto lui ha spinto, facendo allo stesso tempo attenzione a mantenere il mio equilibrio, allora egli sarà naturalmente sbilanciato in avanti. In questa nuova posizione potrebbe diventare così debole, non nella sua forza naturale, ma per la sua strana posizione, da avere la sua forza rappresentata al momento da solo tre unità invece delle normali dieci. Nel mentre io, mantenendo il mio equilibrio, mantengo tutte le mie sette unità originali. Quindi ora sono momentaneamente in una posizione di vantaggio e posso sconfiggere il mio avversario usando solo la metà della mia forza, cioè tre punti e mezzo contro i suoi tre. Questo mi lascia mezza unità da utilizzare per qualunque altro scopo.
Se fossi stato più forte del mio avversario, avrei ovviamente potuto respingerlo, ma anche se avessi voluto, e se ne avessi avuto la forza, sarebbe stato comunque meglio (più efficiente) per me cedere, perché così facendo avrei conservato largamente le mie energie esaurendo quelle del mio avversario.
Nel 1887 Kano completò il suo Itsutsu no Kata (Forma di Cinque) e lo incluse tra i kata ufficiali del Kotokan Judo. Kano era convinto che lo Itsutsu no Kata consistesse in cinque tecniche che fluivano l’una dall’altra. Il kata dimostra superficialmente le forze della natura, che Kano spesso descrive come i principi alla base del Kodokan Judo. Ma un esame più attento dei movimenti dello Itsutsu no Kata dimostra che in realtà si tratta dell’okuden (insegnamenti rivelati completamente solo ad alcuni iniziati più anziani) di Kano sul kuzushi. Le tecniche dimostrano l’uso del Ju (flessibilità applicata) e l’utilizzo efficiente della forza per creare il kuzushi. Il principio applicato del kuzushi dimostrato nel kata include il prendere il sopravvento tramite l’uso scientifico dell’applicazione della forza, distruggere un attacco con tecniche d’evasione combinate all’uso della propria energia, impiego di movimenti orizzontali e circolari verticali in congiunzione con la gravità per avere la meglio su un attacco di forza e l’effetto sorpresa sull’attacco.
Kano sapeva che il Ju no Ri non poteva essere applicato in qualunque occasione, per esempio per rompere la presa di un avversario o per lanciare un attacco preventivo, ed incluse anche l’uso della forza diretta nel Kodokan Judo, purché in linea col principio di massima efficienza attraverso l’uso ottimale dell’energia.
Kano ideò il Kodokan Judo come un mezzo per preservare un tesoro culturale giapponese come il jujitsu attraverso l’applicazione dell’analisi scientifica, delle teorie pedagogiche e con l’incorporazione di principi etici. Kano era convinto che il Kodokan Judo avrebbe trasformato il jujitsu da un’arte d’attacco e difesa puramente fisica, di cui non vedeva un valore nella società moderna, ad uno strumento di sviluppo personale, sia fisico che spirtuale, un veicolo per migliorare l’umanità. In ultima analisi, il Kodokan Judo era secondo Kano un dono culturale del Giappone al mondo.
Lo stato del Judo nel 1930
Nel 1930 Kano aveva ormai visto crescere il Kodokan Judo dal suo umile dojo di 12 tatami delle origini (circa 3,5 x 5,5 m) con nove studenti nel 1882, a tesoro culturale del Giappone praticato in tutto il mondo.
Nel 1886 il Kodokan Judo era diventato il jujitsu ufficiale della Polizia di Tokyo. Esistono molte testimonianze sul torneo che la Polizia di Tokyo organizzò per scegliere la scuola che avrebbe loro fornito gli istruttori di jujitsu. Si trattava effettivamente di una competizione in cui ogni tipo di presa era consentito ed ogni gara finiva solo quando uno dei concorrenti si dichiarava battuto, non poteva proseguire o veniva fermato dagli arbitri. Tutte le testimonianze concordano sul fatto che fu il Kodokan a prevalere, vincendo tutte le gare tranne due delle quindici della competizione, facendo del Judo la principale scuola di jujitsu.
Nel 1911 il Ministero dell’Istruzione incorporò il Kodokan Judo nei programmi di educazione fisica nazionali. Negli anni 20 Kano istituì il Kobudo Kenkyukai, l’Associazione per la Ricerca sulle Arti Marziali Classiche, presso il Kodokan, per fornire un’istruzione nelle arti marziali tradizionali giapponesi nel tentativo di preservarle per le generazioni future. Kano utilizzava il Kobudo Kenkyukai per ospitare i migliori maestri di altre arti marziali fornendo un’opportunità ai membri più anziani del Kodokan di valutare le proprie tecniche ed incorporare elementi di queste arti del Kodokan Judo.
Tra questi insegnanti vi furono il maestro di Karate di Okinawa Gichin Funakoshi, il padre del karate giapponese e fondatore dello Shotokan, e Takaji Shimizu, Soke (il capo ereditario della tradizione marziale) dello Jodo Shind Muso Ryu.
Tra l’altro Kano riteneva giusto incorporare lo studio delle armi come aspetto permanente del Kodokan Judo, convinto che i principi di massima efficienza e beneficio comune fossero anch’essi applicabili alle armi. Alla fine Kano cominciò a lavorare alla costruzione di un nuovo Kodokan dojo, alla fondazione di una organizzazione internazionale a capo del Kodokan Judo e al riconoscimento del Judo come sport presso il Comitato Olimpico Internazionale per poterlo includere tra i Giochi Olimpici.
Nonostante questa crescita e questi traguardi, Kano si diceva preoccupato che il Kodokan Judo si sarebbe trasformato in un mero esercizio fisico, perdendo la sua filosofia ed il suo valore per lo sviluppo dell’individuo e per la società. Kano si accorse che molti dei praticanti di Kodokan Judo si concentravano solo sull’aspetto competitivo e non ne mostravano interesse come strumento di sviluppo morale ed intellettuale. Quando discuteva di Kodokan Judo, Kano spiegava lo shihai (le competizioni) come un aspetto del Judo inteso a determinare la potenza tecnica di un individuo ad un certo punto nel tempo.
Egli temeva che l’enfasi sulla vittoria avrebbe cambiato le tecniche, cosa che sarebbe stata svantaggiosa in caso di un combattimento a sorpresa. Osservò come l’enfasi sulla competizione provocasse uno spostamento da una postura naturale, che facilita il rilassamento e la libertà di movimento, ad una che porta tensione nel corpo, abbassa le anche, allarga le gambe ed inclina la testa in avanti. Vide che queste modifiche alla postura promuovevano l’uso di forza contro forza, alle spese dell’abilità. Sebbene vantaggiose nella lotta, queste modificazioni scoprono aree vitali del corpo esponendole ai colpi e sono in conflitto con l’uso efficiente dell’energia.
Cosa vide Kano nell’Aiki Budo di Ueshiba?
Non esiste nessuna descrizione dettagliata della dimostrazione che Ueshiba fece per Kano e i suoi nell’ottobre del 1930. Ma la documentazione esistente sull’Aiki Budo di Ueshiba è sufficente a valutarla secondo la visione di Kano del Kodokan Judo. La documentazione sull’Aiki Budo di O’Sensei consiste in due libri, Budo Renshu, 1933 (in inglese), e Budo, 1938, (Ed. Mediterranee), in un cortometraggio dal titolo Budo, del 1935, e autobiografie, biografie ed interviste di studenti di O’Sensei di prima del secondo conflitto mondiale.
Basandosi sul cortometraggio Budo (di seguito), Ueshiba avrebbe presentato una dimostrazione vigorosa e ben organizzata di tecniche di Aiki Budo in una progressione logica. Esse sarebbero andate dal suwari waza (tori ed uke seduti) allo hanmi handachi (tori seduto ed uke in piedi), al tachi waza (entrambi in piedi), con attacchi dalle varie prese, ai colpi e alla fine le armi. Le risposte agli attacchi avrebbero compreso nage waza, kansetsu waza, osaekomi waza e atemi waza.
Kano avrebbe analizzato le tecniche dimostrate da Ueshiba usando il suo concetto dei tre elementi di una tecnica: kuzushi, tsukuri e kake, valutando la presenza e l’efficienza dell’applicazione di ogni elemento, così come la loro fusione. Avrebbe poi considerato come l’Aiki Budo si conformasse ai principi del benessere comune e della massima efficienza attraverso l’uso ottimale dell’energia. Kano avrebbe considerato tutti questi fattori per arrivare a concludere se tutto avesse o meno valore nella società moderna – L’Aiki Budo possedeva integrità combattiva e la capacità di servire come strumento per migliorare la società e l’individuo? Kano avrebbe osservat oUeshiba controllare ogni incontro, utilizzando appropriatamente le tre iniziative marziali tradizionali, sen, go-no-sen e sen-sen-no-sen. Sen consiste nell’anticipare l’avversario cominciando una tecnica mentre si prepara all’attacco. Nel go-no-sen, si attacca mentre l’avversario è in corso di portare l’attacco, sorprendendolo impreparato. Nel sen-sen-nosen, vista come l’iniziativa superiore, difronte a un avversario che sta per attaccare lo si sopraffà anticipando il suo stato mentale e la sua intenzione, non lasciando alcuna apertura, frustrando quindi la sua aggressione ed ottenendo il controllo. Un esempio di sen-sen-no-sen è il tori che si muove dalla linea di attacco dell’uke lasciando che l’attacco passi prima di iniziare la tecnica di risposta. Il tori che si fonde col colpo dell’avversario eseguendo un irimi nage simultaneamente all’uke che lancia l’attacco è un esempio di go-no-sen. Mentre il tori che inizia un’entrata al volto dell’uke per dirigere una risposta, prevenendo un attacco, è un esempio di sen.
L’uso di anche e gambe da parte di Ueshiba per creare il kuzushi e generare potenza nella tecnica avrebbe impressionato Kano che considerava l’uso coordinato di anche e piedi a questo scopo un aspetto innovativo del Kodokan Judo.
Kano avrebbe notato che la maggior parte delle tecniche usate da Ueshiba applicavano la forza spingendo o impiegavano la gravità per sbilanciare l’uke, mentre la maggior parte delle tecniche di Kodokan Judo applicano la forza tirando uke verso tori. Il metodo di applicazione della forza nell’Aiki Budo di Ueshiba sarebbe più efficiente dal punto di vista meccanico di quello usato nel Kodokan Judo.
Kano avrebbe osservato anche che Ueshiba ruota quando uke spinge ed entra quand ouke tira. L’entrata, o l’entrata ruotando, gli permette di connettersi ad uke utilizzando la fusione e la potenza del suo corpo che si muove come un tutt’uno per sbilanciare ed atterrare uke. L’effetto è una fusione totale di kuzushi, tsukuri e kake. Quindi i movimenti di Ueshiba erano in linea con i principi di kuzushi definiti da Kano.
Kano avrebbe visto Ueshiba muoversi sempre in una postura naturale e rilassata e la maggior parte delle tecniche eseguite dall’angolo morto dell’attacco di uke (shikaku). Questo è totalmente in linea con lo tsukuri di Kano nel contesto di un’arte marziale. Nella sua autobiografia, Kano afferma quel che segue riguardo il Kodokan Judo praticato come arte marziale:
Quando si studia il Kodokan Judo come un’arte marziale bisognerebbe muoversi liberamente, con leggerezza e velocità, usando una postura naturale e rilassata nell’avvicinarsi all’avversario per evitare un atemi, un colpo, un calcio, e dovrebbe spostarsi alla destra dell’avversario mentre gli afferra il braccio destro. Facend ocosì, i lbraccio sinistro di uke sarà libero ma non in una buona posizione per colpire.
Similmente, la gamba sinistra di uke sarà troppo lontana per calciare in modo efficace.
Kano avrebbe certamente notato l’enfasi che Ueshiba poneva nel fondersi all’attacco di uke e l’uso della non resistenza per portare uke ad uno stato di disequilibrio. Il livello di abilità rappresentato nella fusione di kuzushi e tsukuri nelle tecniche di Ueshiba era in forte contrasto con l’uso della forza che sempre di più Kano vedeva utilizzata nelle gare di Kodokan Judo.
Le azioni di Ueshiba si sarebbero conformate al concetto di kobo-itchi (unicità di attacco e difesa), cioà che l’attacco e la difesa sono facce della stessa medaglia ed è la situazione a determinare qual è in realtà l’attacco e quale la difesa. Kano riteneva il concetto del kobo-itchi fondamentale per la pratica del Kodokan Judo. Kano avrebbe anche notato come Ueshiba usasse la forza d igravità per influenzare il kake, mentre nel Kodokan Judo si usava la forza muscolare, con l’eccezione dei sutemi waza (proiezioni sacrificio) che invece la utilizzano. L’uso dell’energia in Ueshiba diminuisce mentre le tecniche progrediscono, mentre quelle di Kodokan Judo di solito richiedono un dispendio sempre maggiore.
Sebbene non si sappia quanto Kano avesse familiarità con le tecniche di Daito Ryu Aikijujuts, l’arte da cui Ueshiba derivò la maggior parte delle tecniche alla base del suo Aikido, egli aveva dimestichezza con lo Yoshin Ryu Jujutsu. Lo Yoshin Ryu, che ha diverse tecniche simili a quelle del Daito Ryu Aikijujutsu, era una delle due ko-ryu alla base del Tenshin Shin’yo Ryu, il primo jujitsu studiato da Kano. Inoltre, l oYoshin Ryu era il principale rivale del Kodokan Judo. Kano si sarebbe accorto che Ueshiba aveva modificato le forme del ko-ryu originale per ridurre i rischi di infortunio per l’uke ed aumentare l’efficienza meccanica delle tecniche. Un esempio potrebbe essere il modo in cui Ueshiba piegava all’indietro il braccio di uke nello shiho nage, riducendo sostanzialmente il potenziale di infortunio dell’arto, al contrario di Daito Ryu e Yoshin Ryu che lo mantengono esteso affidando al tori il compito di rilassare la presa per evitare l’infortunio di uke.
Kano si sarebbe anche reso conto di come l’Aiki Budo impiegasse gli stessi movimenti del corpo, sia eseguendo tecniche a mani nude che con le armi. Anche questo sarebbe stato in linea con l’idea di Kano circa l’universalità del principio di massima efficienza nella sua intenzione di incorporare le armi nell’allenamento del Kodokan Judo.
Sapendo che Ueshiba non era mai reticente nello spiegare la sua visione dell’Aikido ed il suo scopo, c’è una grande probabilità che i due avessero discusso i principi e gli obbiettivi delle loro arti. Se fosse andatacosì, Kano avrebbe potuto constatare come anche Ueshiba vedesse la sua arte come strumento di sviluppo personale e spirituale, un mezzo per forgiare corpo e spirito, per migliorare la società e portare armonia nel mondo – una via di pace. Sia Kano che Ueshiba credevano nella necessità di incorporare un sistema etico nelle loro arti che comprendesse l’interesse verso il benessere altrui. Kano e Ueshiba vedevano nell’allenamento regolare e rigoroso il mezzo per raggiungere la completa padronanza e nel kuzushi la chiave. Entrambi credevano nella necessità di conservare l’integrità combattiva delle loro arti e che queste fossero di valore nel mondo, che i principi guida dell’arte debbano essere applicabili dentro e fuori dal dojo.
L’unico punto di divergenza nelle loro idee era la competizione. Kado incluse le competizioni nel Kodokan Judo allo scopo di fornire una misura delle abilità individuali e le intendeva come un momento dell’allenamento. Ueshiba rifiutava chiaramente ogni competizione, convinto che l’elemento competitivo portasse alla divisione e fosse contrario alla sua visione della sua arte come percorso di armonia. Ueshiba era convinto che tori ed uke dovessero lavorare insieme per perfezionare le loro abilità tecniche e che no nci dovevano essere né perdenti né vincitori. Ueshiba credeva che ognuno, sia nel ruolo di tori che di uke, doveva avere un ruolo attivo nell’allenamento e che entrambi dovevano beneficiare dei reciproci sforzi.
Sfortunatamente nessuno saprà mai con certezza cosa impressionò Kano nella dimostrazione di Ueshiba, mancando documentazioni scritte. Comunque, sulla base di una lettera che Kano scrisse a Ueshiba in data 28 ottobre 1930, è noto che Kano apprezzò molto l’opportunità di osservare l’arte di Ueshiba e che inviò due persone, di cui personalmente nutriva una grande stima come marzialisti, a studiare con Ueshiba.
Quindi cosa vide Kano? Kano, l’uomo di scienza del diciannovesimo secolo nella tradizione di Thomas Huxley, vide nell’Aiki Budo di Ueshiba i lavori in corso di un uomo dall’istruzione limitata che operava su intuizione e spiritualità, un riflesso dei principi, della metodologia di allenamento, delle applicazioni e degli obbiettivi che lui stesso aveva pensato per il Kodokan Judo. Intriga particolarmente la descrizione di Kano dell’Aiki Budo di Ueshiba come “il mio Budo ideale”, dato che il nome ufficiale della sua arte, che appare su tutti i diplomi yudansha (cinture nere) emessi dal Kodokan, è Nippon Den Kodokan Judo, che sta per “il miglior Budo del Giappone”.
Nota finale
Nel 1956, il Kodokan Judo aggiunse un ottavo, e forse ultimo, kata, il Kodokan Goshin Jutsu, al suo programma ufficiale. Un comitato formato da venticinque yudansha anziani del Kodokan Judo, presieduto da Sumiyuki Kotani (decimo dan di Kodokan Judo e allievo di O’Sensei), ha sviluppato il Kodokan Goshin Jutsu in nu periodo di tre anni. Kenji Tomiki (ottavo dan di Kodokan Judo ed Aikido, nonché allievo di O’Sensei) ebbe la funzione di consigliere tecnico speciale e fu l’autore di un libro sul kata, Goshin Jutsu, pubblicato nel 1958. Come ci si aspetterebbe, un esame del Kodokan Goshin Jutsu rivela la forte influenza dell’Aikido nella formulazione del kata.
Nella prefazione del libro di Tomiki, Risei Kano, allora presidente del Kodokan, commenta così:
“Kano Shihan fece ogni sforzo possibile per completare il Judo come moderna educazione fisica, ma non poté ancora organizzare sistematicamente l’aspetto di autodifesa del Judo contenuto nel Jujitsu classico, anche avendolo profondamente studiato. Che egli fosse fortemente interessato all’autodifesa nel Judo è chiaro dal fatto che inviò alcuni dei suoi studenti dal Maestro Ueshiba per studiare l’Aiki Jujutsu…”
Il commento di Risei Kano conferma l’impatto di O’Sensei e della sua arte, l’Aikido, su Jigoro Kano.
Tratto da Aikido Journal, 6 luglio 2006.
Traduzione dall’inglese a cura di Pasquale Robustini