Da bambino ero appassionato di automobili. Mi affascinavano nel loro modo di funzionare. Trovavo miracoloso che un motore che bruciava benzina potesse innescare una serie di meccanismi che contribuivano a far girare le ruote e far raggiungere alla “macchina” prestazioni anche da primato. Ma quello che mi affascinava delle auto era che fossero una cosa da adulti. Saper guidare era “da grandi” e non vedevo l’ora di imparare. Guardavo le auto che popolavano la mia città e sognavo di guidarne una. Ovviamente, come quasi tutti i bambini dell’epoca, giocavo con le macchinine ma a me piacevano le riproduzioni dei modelli “normali”, quelli che si incontravano tutti i giorni. Le Porsche e le Ferrari non mi interessavano. Ero attratto dalle auto delle persone vere, quelle con cui la gente andava a fare la spesa, al lavoro, portava i figli a scuola o a trovare i nonni e magari andava in vacanza. Erano i tempi in cui la Fiat 500 aveva motorizzato gli italiani. La 600 ne era l’evoluzione e l’850 ne era la versione ampliata. La regina indiscussa era la Citroen DS, l’auto più bella mai costruita. Ma la migliore davvero qual era?
Personale
Il Prat (1933-2021)
Se ne è andato qualche giorno fa un altro grande della Geologia italiana. Antonio Praturlon era “un mostro sacro” della materia. Assieme ai miei professori Renato Funiciello, scomparso nel 2009, e Maurizio Parotto costituivano il grande trio della Geologia dell’Appennino. Non era stato un “mio” professore, nel senso che non era tra i docenti del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Roma La Sapienza quando l’ho frequentato io. Ma era nel mito…
Poi ho avuto modo di conoscerlo, forse anche meglio dei miei prof, nel periodo più bello della mia carriera geologica, quando lavoravo all’Università di Roma Tre.
Riflessioni da una foto…
Una foto che mi ritrae attorno ai 20 anni, sorridente come raramente appaio nelle foto dell’epoca, felice nel mio elemento, soddisfatto di me stesso. Non lo ero davvero (ma lo sarò mai?), infatti venivo spesso ritratto col muso lungo, come se fossi arrabbiato o se avessi appena passato un guaio. Ma in questa foto sono in una pausa in una sala prove col gruppo in cui suonavo da studente universitario, con mia sorella al basso e altri due amici a batteria e tastiere. Stringo tra le braccia l’oggetto più prezioso della mia vita. Non perché fosse qualcosa di costoso, anzi. Era la mia prima chitarra elettrica, una copia del modello Fender Stratocaster che ho sempre sognato. Me la regalarono i genitori al mio 16 compleanno. Da allora fummo inseparabili. Ecco perché sto così bene in questa foto che per questo mi ha fatto riflettere.
Land of opportunities
Ammetto che essendo cresciuto a fumetti Marvel, musica rock e telefilm USA il mito americano mi ha accompagnato per quasi tutta la vita. Studiare una materia scientifica come la geologia me lo ha anche rafforzato visto che molte delle scoperte fondamentali sono targate Stati Uniti mentre in Italia ben poco si è fatto e ancor meno si sta facendo per argomenti che riguardano il mio campo di laurea. Infatti ho avuto non poche difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro come geologo. Mi veniva quindi naturale vedere gli USA come la terra delle opportunità anche in geologia. Solo che oltre ad essere immaturo, non avevo neanche idea di come funzionasse il “sistema” nostrano. Se ne avessi avuto consapevolezza forse non avrei perso delle opportunità che comunque mi si sono presentate ma che ho riconosciuto solo col senno del poi, quando il treno era ormai passato….
La mia evoluzione musicale
La Musica è sempre stata fondamentale per me. E’ l’unica forma d’arte che mi prende da dentro e che scuote il mio essere. O almeno è l’unica con cui sono davvero in contatto profondo. Non ho mai creato musica. Forse non mi ritengo all’altezza, forse perché ho sempre l’impressione che quello che verrebbe fuori da me mi piacerebbe comunque meno di quello che ascolto. Suono la chitarra in un gruppo che fa cover di brani rock di vari autori. Fin da bambino cantavo imparando i testi a memoria dalla radio. Il primo che ricordo è Tanto pe’ Canta’ di Nino Manfredi. Non andavo ancora a scuola. Del primo anno di scuola ricordo che mettevo in continuazione il disco Azzurro di Adriano Celentano su una fonovaligia di uno zio. Qualche anno dopo cantavo persino Rumore di Raffaella Carrà. Questo è quanto radio e TV propinavano all’epoca. I miei non erano molto musicali, non ascoltavano niente in particolare. Avevo solo la Hit Parade della radio ed era quasi tutta musica melodica italiana. Quello c’era e quello cantavo. Immediatamente mia sorella, più piccola di due anni, seguì le mie orme.
Se uno è “Bravo” a tenere il “Ritmo”…
Suono la chitarra da quando ero giovanissimo e un po’ di senso del ritmo ormai lo dovrei avere. Se estendiamo il concetto alla vita di tutti giorni, lo vedo un po’ come essere capaci di adattarsi alle situazioni in base quello che accade e a quali sono le nostre capacità. Insomma, essere “Bravo” a tenere il “Ritmo” della vita è sicuramente molto utile. A volte ci sono riuscito e mi sono adattato ai cambiamenti inaspettati, primo fra tutti la perdita del lavoro che tanto avevo sognato. Non è un segreto che i periodi della mia vita io li veda contrassegnati dalle automobili utilizzate in quel momento. Non sarà molto poetico legare i ricordi alle auto di famiglia ma io ho un’intera sezione di questo sito dedicata all’argomento. E l’ultima arrivata in famiglia porta il nome di un riconoscimento, come a dire che sono stato …Bravo.