All’Aikido ci si arriva per caso. In effetti, il fatto stesso che ci si iscriva ad un dojo piuttosto che ad un altro è spesso frutto del caso e dipende principalmente dal luogo in cui esso si trova. E’ così anche per gli orari e le tariffe più convenienti. Siamo quindi ben consci di quali siano i fattori che ci portano a calcare un tatami per la prima volta. Più avanti, ogni volta che torniamo sul tappeto, le motivazioni possono essere differenti, ovvero: l’ambiente, la volontà di progredire, l’amicizia, il vedere l’affetto di un partner.
Author: Philippe Gouttard
Ukemi
Ukemi. Un gesto che in italiano potrebbe essere tradotto come rotolata. Un gesto non facile per un adulto: deve andare a terra dopo che ha passato una vita a raddrizzarsi e ad evolversi in una posizione verticale. Per un bambino, cadere fa parte dell’apprendimento, non si sente in colpa quando cade. All’inizio della sua vita sta più a terra che in piedi. Poi crescendo guadagna altezza e abilità, non cade più tanto, ma quando lo fa, il dolore aumenta con l’età e con la maggiore attività. La coscienza del dolore gli mostra che non bisogna più cadere, fa male, e dopo una caduta potrebbe perdere la sua libertà di movimento.
Capire i Grandi Maestri
Negli ultimi trent’anni ho continuato a tornare a Tokyo ogni anno per allenarmi con i maestri dell’Hombu Dojo ed ogni volta provo la stessa gioia, anche se non sempre le mie aspettative vengono soddisfatte una volta che salgo sul tatami. Ma va bene così. Vista la situazione, ci sono tante domande che spesso mi vengono rivolte, in particolare durante i momenti di socializzazione trascorsi nei locali intorno all’Hombu Dojo, dove spesso i praticanti stranieri si incontrano tra una lezione e l’altra. Il più delle volte mi si chiede “Perché torni a Tokyo ogni anno? Cosa ci trovi? Perché vai sempre a Saku ad allenarti con Endo quando la tua pratica non corrisponde affatto ai principi che lui dimostra?”
Proiezioni ed immobilizzazioni
La prima cosa che distingue questi due momenti dell’Aikido è l’aspetto psicologico. Una proiezione sarà percepita da un pubblico non preparato come una sconfitta, un qualcosa di doloroso, che debba fare “molto male”. Per quel che riguarda l’immobilizzazione, chi non ha mai praticato non la conosce, ma la sensazione di dolore è molto diffusa tra i giovani praticanti che non hanno una tecnica abbastanza sviluppata da poter accettare questo “dolore” causato da un amico, un partner più qualificato o un insegnante che rappresenti il loro ideale tecnico.
L'Aikido e l'ascolto dei tessuti
Durante i nostri studi di osteopatia, ci è stato insegnato che i tessuti hanno una loro vita. Tutti i tessuti, indipendentemente dalla loro composizione, vivono, muoiono e si riformano al ritmo della vita delle cellule che li compongono, ma hanno un movimento proprio, che ci dà la mobilità e la libertà senza le quali non potremmo vivere.
Un praticante, molte arti marziali
E’ chiaro che tutte le arti marziali rispondono a qualunque requisito dei praticanti: efficacia, difesa personale, benessere, abilità manuale. Ma, per fortuna o purtroppo, noi che siamo il loro insegnanti non possiamo essere esperti di ogni situazione e rispondere ad ogni domanda dei nostri allievi.
Credo che le arti marziali dovrebbero seguire la crescita fisica e mentale dei praticanti. Mi è sempre stato evidente come ogni arte marziale corrisponda ad un’età della vita e quindi ad una percezione diversa. Queste differenze si attenuano con l’età e nel corso della pratica.