Ho cominciato a praticare Aikido con Valter Francia nel 2001 e glie ne sarò sempre grato. E’ stato lui a iniziarmi in questa arte e non lo dimenticherò mai. Ricordo benissimo la sensazione di euforia all’inizio di ogni giornata che avrebbe previsto un allenamento. La giornata cominciava meglio sapendo che in serata ci sarebbe stato l’Aikido. Chi mi conosce bene sa che è così e che quello che dico/scrivo non ha mai secondi fini, non c’è niente tra le righe. Mai.
Conosco Valter e famiglia da più di 20 anni e non sono cose che io dimentico, né permetto a futili eventi di cancellare tutto questo. Mi sono allenato per 9 anni presso il Sakitama Dojo di Roma con una costanza che nessuno nel mio gruppo ha potuto mantenere. Sono l’unico di quel gruppo originale che ha continuato. Quando ero arrivato eravamo tutti agli inizi, tranne uno. Io però avevo iniziato qualche mese dopo gli altri e chiunque poteva aiutarmi nelle tecniche, darmi spiegazioni e consigli. Forse però la mia passione era più sconfinata di quella degli altri. Pian piano hanno tutti rallentato o smesso. Io mai.
Non ho permesso a nessuna ragione di vita di interferire con la mia pratica, anzi, qualunque fosse il problema di vita che mi si poneva davanti, utilizzavo la pratica per aiutarmi ad affrontarlo. Fin da subito mi sono immerso anima e corpo nell’Aikido, vivevo l’Aikido, lo respiravo, lo assorbivo – ero Aikido, dentro e fuori dal dojo. Se per motivi di lavoro facevo tardi, non saltavo mica la lezione: apparivo nel dojo anche per allenarmi solo l’ultimo quarto d’ora. Mi è capitato di lavorare all’estero, negli USA, per pochi mesi. Ho visitato l’Aikikai di New York, fresco 2° kyu, due allenamenti una domenica mattina di novembre 2004 con Ruth Peyser e Seiichi Sugano (Yamada era fuori). Poi il lavoro mi ha tenuto lontano dalla City, ma individuai un vicino dojo della AAA e mi allenai con Glenn Matsuda, a Nanuet, nella contea di Rockland, NY.
Qualche mese dopo il rientro indossavo l’hakama ed ero il più anziano dei praticanti, cominciando così ad aiutare l’insegnante e tenendo io stesso in qualche occasione la lezione. Quando la vita mi ha portato a vivere lontano dal dojo (nel paese di mia moglie), la mia costanza non ha subito alterazioni: ero pendolare tra Montefiascone (VT) e Roma per il lavoro, la mattina mi alzavo alle 6 per prendere il treno; nei giorni in cui c’era Aikido prendevo la macchina, raggiungevo il posto di lavoro in un traffico enorme e dopo le mie otto ore mi rimettevo al volante per raggiungere il Sakitama, affrontando pure il traffico romano del pomeriggio. Poi di nuovo alla guida per rientrare a casa dopo l’allenamento; spesso era quasi mezzanotte e la mattina dopo suonava di nuovo la sveglia alle sei per andare a prendere il treno…
Nonostante questo non ho mai smesso, non ho mai pensato di allenarmi altrove, più vicino a casa (avrei potuto) e più vicino al lavoro (a Roma i dojo non mancano). Non l’ho mai fatto. All’epoca avevamo un allenamento di sabato pomeriggio. Mi rimettevo in macchina per quell’ora e 15 minuti necessari, mi allenavo, spesso solo in due (a volte ho preparato il mio shodan con giovani 5° kyu), e poi tornavo a casa coprendo altri 100 km. Quando potevo mi allenavo anche in dojo locali, sebbene di stili diversi quali quello Iwama o Shumeikai.
Durante i primi tempi del corso di Valter Francia pensammo che il dojo avesse bisogno di un nome. Mi misi a scartabellare i libri di Aikido in mio possesso (dopo la prima lezione avevo comprato il primo). Ebbi l’idea di utilizzare uno dei 4 nomi che descrivono le quattro anime che nello shinto compongono lo spirito unico. Uno di essi è Sakitama. L’idea ebbe successo ed il dojo ebbe un nome. Mi misi anche al lavoro per creare un logo e mettere su un sito web. Il nome Sakitama lo avevo trovato su un libro di William Gleason comprato a New York proprio nell’occasione di lavoro di cui sopra. Gleason, maestro americano vissuto per 10 anni in Giappone, è stato anche lui, come Tissier e Gouttard, molto vicino a Seigo Yamaguchi. Parecchi anni dopo, un suo allievo mi contattò per organizzare uno stage a Roma. William Gleason venne al Sakitama Dojo, il suo primo (e per ora unico) stage in Europa.
Praticare con Valter Francia mi ha permesso di conoscere diversi maestri a cui lui si riferiva: il suo insegnante originale Roberto Martucci e poi Nino Dellisanti, Nando Silvano, Franco Cozzupé, nonché i francesi Christian Tissier e Philippe Gouttard che tutti loro seguivano. Valter è sempre stato appassionato dell’Aikido di quest’ultimo. Dopo poco tempo, arrivato al giusto livello e stimolato dai racconti epici dell’amico Marco Carboni, anch’io ho cominciato ad apprezzare particolarmente Philippe Gouttard ed a viaggiare per praticare con lui.
Ricordo che per uno stage di Philippe Gouttard a Roma dovetti fare avanti e dietro per 100 km a tratta il venerdì, il sabato e la domenica per stare vicino a mia moglie incinta che doveva rimanere a casa. Potevo stancarmi nei trasbordi quanto volete, ma ero certo che la pratica mi avrebbe rimesso in sesto e poi sarei stato bene, sicuramente meglio di starmene a casa a riposare con la scusa della moglie incinta. E così è stato.
E’ nato il bimbo ma non ho smesso. Mia moglie mi “odia” per questo, ma allo stesso tempo capisce che per me è necessario praticare per stare bene, per combattere l’età che avanza – ho 45 anni più di mio figlio e mi sento in dovere di star bene, di conservare la salute e rimanere giovane più a lungo per lui. E niente è più efficace in questo dell’Aikido.
Una settimana prima che mio figlio nascesse ero a Praga per praticare con Philippe Gouttard, pronto a scappare in caso di “anticipi” improvvisi. Mio figlio aveva meno di due mesi quando potei affrontare un passaggio dan: andata e ritorno a Napoli lo stesso giorno, anche se stavolta da vicino Roma, dove ero nel frattempo rientrato a vivere. Seigo Yanaguchi, padre di tre figli quando all’Hombu Dojo di Tokyo tutti gli insegnanti si limitavano ad uno per essere più liberi nella loro attività, sosteneva che si praticasse davvero l’aikido solo dopo essere diventati genitori. Ho visto molti smettere per la stessa ragione. Non è facile coniugare vita privata ed Aikido, ma va fatto, proprio perché Aikido è come la vita ed è molto più difficile praticare da padri di famiglia: se non riesci a gestire la pratica nelle difficoltà, perché dovresti essere in grado di gestire la tua vita al meglio?
Quell’anno, di concerto con Valter, aprii il mio corso di Aikido trovando una struttura ospitante in un’area a nord di Roma (vivevo e vivo ancora da quelle parti) piuttosto libera da dojo di Aikido.
Avevo scelto di seguire assiduamente Philippe Gouttard, condividendo con Valter l’idea che il suo Aikido fosse il migliore per come la vedevamo noi. La mia avversione all’idea delle federazioni nel Budo mi portava a sentire la mancanza di un rapporto a due con un maestro e, sebbene sia Valter che Philippe fossero troppo giovani per poter essere miei maestri in senso stretto, volevo che il mio prossimo passaggio di grado fosse sancito da colui che meglio poteva certificare il mio reale avanzamento. Questa persona era ormai Philippe Gouttard da qualche anno. Desideravo fortemente che si potessero fare esami dan con lui anche in Italia, altrimenti sarei andato volentieri a farlo all’estero, ma la cosa si avverò con l’ingresso di Philippe Gouttard nel Progetto Aiki, che gli chiese di entrarne a far parte per poter tenere sessioni dan. La scelta naturale fu iscrivere Philippe al Sakitama Dojo che da diversi anni ormai lo ospitava regolarmente per il suo stage annuale di Roma.
Dissi a Valter che avrei voluto dare il prossimo esame dan con Philippe, quando sarebbe arrivato il tempo, perché lo ritenevo più giusto. Entrambi erano d’accordo ed io continuai a prepararmi. Poi si tenne la prima sessione dan del Progetto Aiki che vedeva coinvolto Philippe Gouttard, proprio a Roma al Sakitama Dojo, cosa fortemente voluta da Valter. Io ero a casa ammalato, non fui presente a quello che accadde e tutto ciò che so mi è stato raccontato.
Non sto qui a descrivere i particolari, sta di fatto che dopo quello che è successo in quello stage ed in quella sessione dan, il Sakitama Dojo ha interrotto ogni rapporto con Philippe Gouttard. Io no. Anzi, l’ho aiutato (preciso: su sua richiesta, non per idea mia) a tornare a Roma per il suo stage e questo mi ha procurato e mi procurerà delle difficoltà nell’ambito aikidoistico romano, ma come avrei potuto rifiutarmi?
Un vero maestro di Budo ti mette continuamente in difficoltà, continuamente alla prova, e lo fa non perché gli sei antipatico, ma per farti crescere. Se fallisci perdi l’occasione di crescere, cedi all’ego, il tuo peggior nemico, che è lì a dirti che sei tu che hai ragione, che ormai sei preparato; la tipica reazione è: “ma come si permette questo a trattarmi così?”. Ed io mi chiedo a cosa serva un maestro sempre gentile che vi ricopre di complimenti ogni giorno? La dura realtà è che il maestro che “ti tratta male” perde l’allievo, che crederà che ce l’avesse con lui, che lo riterrà un maleducato e se ne allontanerà; ma il maestro non ha scelta, deve porre ostacoli davanti all’allievo, deve farlo: è l’unico modo per far proseguire gli allievi nella via, che nessuno ha mai detto che debba essere una comoda passeggiata ricca di premi, riconoscimenti e soddisfazioni personali. O no?