Se ne è andato qualche giorno fa un altro grande della Geologia italiana. Antonio Praturlon era “un mostro sacro” della materia. Assieme ai miei professori Renato Funiciello, scomparso nel 2009, e Maurizio Parotto costituivano il grande trio della Geologia dell’Appennino. Non era stato un “mio” professore, nel senso che non era tra i docenti del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Roma La Sapienza quando l’ho frequentato io. Ma era nel mito…
Poi ho avuto modo di conoscerlo, forse anche meglio dei miei prof, nel periodo più bello della mia carriera geologica, quando lavoravo all’Università di Roma Tre.
Praturlon, così come Parotto, lavoravano sullo stesso piano dove ero io a Roma Tre. Collaboravo con Sveva Corrado e quindi ero nel suo ufficio, difronte a quello di Parotto; quello di Praturlon era una porta più avanti. Ci vedevamo tutti i giorni. Ma con Praturlon il mio rapporto era più informale che con Parotto e Funiciello, in virtù del fatto che non era stato uno dei miei professori. Insomma, lo vedevo in modo un po’ diverso, con meno timore reverenziale. Ma ho poi scoperto che il vero “mostro sacro” della geologia era proprio lui!
Sveva mi coinvolgeva anche in alcune escursioni geologiche in cui portavamo gli studenti suoi e di Praturlon sul terreno per insegnar loro come si lavora con martello, bussola, lente d’ingrandimento per raccogliere i dati geologici. Alla sera, dopo cena, era quasi un rito: “Pasquale, ci facciamo una birra?” Accettavo con piacere e mi godevo delle splendide chiacchierate col Prat. In più la conformazione fisica e del volto mi ricordavano un po’ mio padre, nato nel 1933 come lui. Ma il prof era nato un paio di mesi prima ad Arona (NO), dove mio padre lavorò da giovane. Chissà…
Durante i miei anni di assegno di ricerca a Roma Tre, entrai in contatto con l’Università di Rutgers, in New Jersey, negli USA. I geologi strutturali si occupavano di tematiche simili alle mie e fui esortato da Sveva ad andarli a trovare. Il problema erano i costi di permanenza in un’area vicina a New York. Una sera feci tardi in dipartimento proprio per scambiare email a riguardo con il professore americano che mi aveva invitato. Alla fine lui stesso mi consigliò un corso estivo tenuto alla Michigan Tech dalla sua collega e una escursione con loro e gli studenti nel Canada Atlantico. Una favola. Ma costava ancora troppo e non sapevo come fare. Uscendo dal dipartimento vidi il professor Praturlon che con la sua vecchia Punto rosso sbiadito si avviava anche lui ad uscire: “Ti serve un passaggio”? A quel tempo non ero ancora in confidenza con lui e farmi portare alla metro da Praturlon equivaleva quasi a una esperienza in più da mettere sul mio curriculum! Superando il mio stupido imbarazzo accettai. Non sapendo bene di cosa chiacchierare con un professore di quel calibro, al suo invito “…come va?” mi venne naturale esporre le mie perplessità sulla bella proposta che avevo appena ricevuto dagli USA e le mie difficoltà economiche nell’accettarla. Con mia totale sorpresa il professore rispose “Beh ma abbiamo diversi fondi a cui attingere, è un investimento per il nostro dipartimento se vai lì ad approfondire. Domani passa da me che ne parliamo!”. Non ero nella pelle!
Fu così che ebbi i fondi per il viaggio ed il corso, io pagai solo il vitto e alloggio oltre le spese per l’escursione in Canada. Fu un’esperienza esaltante sotto tutti i punti di vista. Non sono mai stato così bene in vita mia in un ambiente di lavoro. Feci anche una gran bella impressione sul terreno e mi invitarono a tornare lì per il dottorato l’anno dopo! Grazie al Prat la mia carriera avrebbe avuto una svolta gigantesca e gli sarei stato grato a vita! Ma a una settimana dal mio ritorno, mentre ero davanti al mio computer nell’ufficio di Sveva a Roma Tre, arrivò la notizia dell’attacco alle Torri Gemelle! Per me fu un colpo particolare, ero partito da New York per Roma 7 giorni prima e l’esperienza degli USA era ancora vivissima nella mia testa. Il mio shock era forse più pesante di quello di chiunque altro. Purtroppo la cosa mi fece rallentare i preparativi per la mia domanda alla Rutgers e alla fine non se ne fece più nulla.
Ma negli anni successivi ebbi modo di conoscere meglio il professor Praturlon, in particolare durante i campi di fine anno del suo corso di Geologia I e di quello di Cartografia Geologica di Sveva, a cui ero invitato come istruttore sul terreno. Poi grazie ad una segnalazione di Sveva, ci fu la mia svolta professionale ed entrai in una piccola compagnia petrolifera canadese a Roma. Misi su famiglia, diventai padre…. un periodo bellissimo. Partecipai qualche anno dopo ad un evento che Sveva ed altri avevano organizzato a Roma Tre in onore dei due grandi professori, ormai in pensione, Parotto e Praturlon. Fui colpito dalle parole di Parotto che raccontò le “gesta” del suo grande collega sottolineando di essere in imbarazzo ad essere accostato in uno stesso evento ad una personalità dello spessore di Antonio Praturlon! Se Parotto lo definisce così immaginate cosa possa aver fatto il grande Prat! L’elenco di progetti e ricerche fondamentali di cui Praturlon è stato responsabile e ideatore è impressionante. Ha praticamente fatto la Geologia italiana. E io ci andavo a prendere una birra alla fine di una giornata sul terreno. Che onore! E che bella persona: lo spessore di un grande in qualunque campo si vede da come si relazioni semplicemente con chiunque, senza far pesare minimamente la propria importanza. Fare due chiacchiere con il Prat era piacevolissimo, che si parlasse di geologia o di vita di tutti i giorni. Il mio rimpianto è di non averlo più visto o sentito dopo quel convegno in suo onore, dove si dichiarò davvero felice di rivedermi, lui, il mostro sacro della Geologia italiana. La dice tutta su che uomo fosse…
Mi rammarico che ho sempre dimenticato di farmi dare un suo contatto dopo che la mail di lavoro non era più accessibile una volta in pensione. Pochi giorni fa, magari proprio il giorno della sua morte, ci pensavo, avrei voluto contattarlo, raccontargli cosa mi è successo, sentire come aveva passato la pandemia… A volte abbiamo un senso senso…