Le cose cambiano

Le cose cambiano. La vita è un divenire. Quello che succede ha delle conseguenze. E’ naturale. I grossi cambiamenti della vita, quelli che segnano, che causano il maggiore stress e quindi richiedono un maggiore riadattamento delle vita di una persona arrivano prima o poi per tutti: lutti, cambi o perdita di lavoro, trasferimenti, matrimoni e separazioni, nascite di figli. Sono stress sia positivi che negativi. Non si è più gli stessi quando si diventa genitori, né quando si perde una persona cara. Per quello che riguarda la mia vita, lo stress positivo più bello e intenso è stata la nascita di mio figlio: ho scoperto che non si può descrivere come ci si sente, lo capisci solo quando succede ache a te; la sensazione che descrivo a chi me lo chiede è che mi sentivo “completo”. Per ora lo stress negativo peggiore che mi è accaduto è stata la perdita del lavoro.

Due cose hanno reso la cosa più pesante di quanto non fosse normalmente: la strada, le lotte e i sacrifici fatti per arrivare al lavoro che sognavo e l’età critica in cui poi l’ho perso, poco dopo i 50 anni. Come essere nella terra di nessuno, troppo giovane per la pensione, troppo anziano per essere assunto di nuovo.

Quando è arrivato lo stress positivo più grande, il bimbo, ero un geologo di una piccola compagnia di ricerca idrocarburi e praticavo Aikido, l’arte giapponese dell’armonia con l’energia vitale. Dopo la mia famiglia, Aikido era tutto per me. Ne parlavo spesso e ne scrivevo molto per dare sfogo alla mia passione. Ho cominciato ad insegnarla perché la passione mi spingeva a divulgarla ad altri. Viaggiavo per andare ad allenarmi con i miei insegnanti preferiti, spendevo soldi ma per una giusta causa: era evidente quanto Aikido mi facesse bene, fisicamente e psicologicamente.

Ho scoperto tardi l’Aikido, dopo i 36 anni, nel periodo della svolta professionale. Dopo anni e anni di insistenza avevo finalmente trovato il lavoro dei sogni ed ero ricercatore all’università. Il percorso travagliato verso questa realizzazione aveva cominciato a lasciare dei segni. Il mio fisico e la mia mente mostravano le prime reazioni a qualcosa che non funzionava, che non andava bene. Quando ci si trova in queste situazioni si cerca qualcosa che aiuti ad uscirne. Se la scienza che amavo consigliava farmaci, ho preferito tradirla e cercare alternative. Dopo una serie di sperimentazioni, l’Aikido, a mia sorpresa, sembrava essere la soluzione più ideale. Credevo di avere scoperto la mia vera essenza e che nonostante l’avessi scoperto avanti nell’età, l’Aikido fosse il mio ideale di pratica fisica e mentale: smisi altri sport come tennis e calcetto, lasciai la chitarra elettrica quasi sempre nella custodia e investii le mie energie sulla pratica e l’insegnamento dell’Aikido.

Furono anni felici perché dopo qualche tempo conobbi colei che sarebbe diventata mia moglie, accettai un breve lavoro negli Stati Uniti dove lei mi raggiunse e cominciammo la nostra storia a New York, come in un film. Ci sposammo lì qualche anno dopo. Condividevamo la passione per le arti marziali. Viaggiavamo per partecipare a stage di Aikido, poi lei perse l’interesse. Nel suo caso, il grande cambiamento del diventare madre ha influito pesantemente sulla pratica delle arti marziali. Ma poi la crisi economica investì anche noi e anche entrai a far parte delle legioni di persone che perdevano il lavoro. La compagnia di idrocarburi fallì. Non ci fu nulla da fare, le altre aziende tagliavano posti o chiudevano anch’esse. Non c’era speranza di rimanere nel giro, né in Italia, Nè all’estero.

E’ stato un duro colpo. Guadagnavo molto bene. L’assegno di disoccupazione era la metà dello stipendio e diminuiva col tempo. Ho accumulato debiti e le nostre famiglie ci aiutavano a sostenerci economicamente. Viaggiare per l’Aikido non era più possibile. In più apparivano i primi segni di cedimento fisico: prima l’ipertensione, poi delle aritmie. Niente di grave, ma non è stato facile rassegnarsi a prendere le pasticche per il cuore. Il periodo buio era forse alle spalle. Ma ha lasciato il segno.

Dopo una serie di vicende, pian piano il mio interesse e coinvolgimento per l’Aikido ed il suo mondo ha cominciato a scemare. Complice anche un ritorno prepotente della mia passione originale: la chitarra elettrica.

Ho scoperto la chitarra a 11 anni. Cantavo le canzoni che sentivo alla radio da prima di andare alle elementari. Ho imparato da autodidatta e la chitarra era tutto per me. Suonavo ogni giorno, immancabilmente, me la portavo in giro con gli amici, in spiaggia, nei parchi. Il regalo più bello mai ricevuto in vita mia era stato quello per i miei 16 anni: la prima chitarra elettrica. Non riuscivo a staccarmene e ricordo vivamente quel giorno d’estate.

Era qualche mese che, prima della data del mio licenziamento, mi si invitava ad unirmi ad un gruppo che provava la sera in un maneggio vicino a dove ci eravamo da poco trasferiti, in campagna, per risparmiare sull’affitto. Rispondevo che non avevo tempo, col mio corso di Aikido e alcuni weekend impegnati per gli stage, per un padre era già troppo. Ma poi fu mia moglie a spingermi ad andare. Fu travolgente.

Lentamente ma inesorabilmente, riscoprivo delle sensazioni, man mano che la data delle mie prime prove si avvicinava. Rispolveravo la mia chitarra elettrica, ripassavo arrugginito alcuni riff, cercavo di imparare quelli nuovi che avrei dovuto affrontare e riscoprivo il piacere di studiarmi i brani, di capire come ricostruire certi suoni. Stava tutto tornando a me, come un uragano, una valanga di sensazioni irresistibili. Quando negli anni passati mi capitava di sentir parlare di qualcuno che suonava dal vivo o di vedere un gruppetto di dilettanti esibirsi su un palco, mi fermavo a guardarli e pensavo tra me e me che mi sarebbe piaciuto aver fatto quell’esperienza. Provavo ad immaginarmi a suonare al posto dei chitarristi che vedevo esibirsi e un po’ li invidiavo. Lì per lì passava subito e non ci pensavo più. Ma poi mi scoprivo ad immaginare di eseguire, che so, l’assolo di Comfortably Numb dei Pink Floyd davanti a un piccolo pubblico in un locale o all’aperto, composto magari di amici, parenti e colleghi. Ormai, mi dicevo, è andata, sono cose che si fanno da giovani. In particolare ricordo di un mio cugino batterista, con cui ho suonato delle jam session, che aveva un gruppo soul e faceva diverse serate. Aveva cominciato dopo di me, è più giovane. E mi aveva sorpassato: io non ero mai arrivato a fare serate. Ad una certa età ha mollato tutto, stanco delle prove, delle serate, ecc. Ripensando a lui ormai la musica mi sembrava roba di un’altra vita. Invece ora non stavo nella pelle. Quando finalmente sono andato a provare col gruppo che mi ospitava ci siamo chiesti con cosa iniziare: qualcuno a suggerito …Comfortably Numb! Incredibile…

Sono passati 4 anni e ancora suoniamo assieme. Il gruppo è cambiato un po’, c’è chi è andato e chi è venuto. Siamo rimasti in 4 e siamo affiatati. Abbiamo suonato in piazza e in locali. Ho suonato diverse volte Comfortably Numb, è il pezzo con cui concludiamo, in apoteosi, i nostri spettacoli. Mi dà ancora oggi i brividi.

Le cose cambiano, la forte “mazzata” della perdita del lavoro ha lasciato il segno. Non sono più quello di una volta. Quella parte di me che aveva scoperto l’Aikido non c’è più. Ci ho messo molto ad ammetterlo, dopo quasi 20 anni di pratica. Penso anche che di solito chi pratica ed insegna arti marziali lo fa da quando era piccolo o almeno giovane. Io ho iniziato a 36 anni e mezzo! La chitarra la suono da quando andavo alle medie! La musica è sempre stata con me da quando ho cominciato a parlare. E’ nella mia natura. In un periodo di crisi, diverso da quella recente, avevo avuto bisogno di qualcosa che mi smantellasse le fondamenta per poi ricostruirle. E’ successo. Ne è nato un uomo nuovo che è diventato un padre di famiglia di successo nel suo lavoro. Poi è crollato tutto di nuovo. Questa volta avevo bisogno di un porto sicuro, di certezze, di tornare alle origini. Suonare la chitarra, più seriamente di quando ero giovane, mi ha aiutato a non perdere la testa, a sentirmi ancora in grado di fare qualcosa di buono quando tutto sembrava perduto. Rimanere in contatto con il proprio essere più vero è essenziale in questi momenti. Ho avuto una grandissima fortuna ad incontrare gli amici con ci suono. Ho mantenuto la serenità mentale e sono andato avanti. Addirittura qualcosina ci pagano pure quando andiamo a suonare.

Ho ritrovato me stesso. Il grosso stress del licenziamento a 50 anni ha lasciato segni, prendo sempre quelle pasticche per il cuore e sono cambiato. Non sono più il geologo che praticava Aikido. Quel tempo è passato. Sono un informatico che suona la chitarra. E’ stato bello ma mi è crollato tutto addosso e non ho potuto farci nulla, se non cercare di non rimanere sotto le macerie. Altri hanno perso la famiglia così. Devo dare atto a mia moglie di essere rimasta con me nonostante il nostro tenore di vita sia stato azzerato tutto ad un tratto. Non è da tutte. Ma devo dire che ho anche lavorato in fabbrica per cercare di sbarcare il lunario. Come anni fa si innervosiva nel vedermi “distratto” dai doveri di padre per via degli allenamenti di Aikido, oggi lo fa per via delle prove col gruppo. Ma poi è sempre contenta di vedermi suonare. Vede quanto mi fa bene così come lo vedeva con l’Aikido. Meglio, perché non ho alcuna intenzione di smettere…