Bene, sappiamo tutti che l’Aikido non è uno sport (davvero lo sanno tutti?), quindi che c’entra il “fair play” qui? Come si fa a giocare sporco in Aikido se non c’è competizione, non ci sono gare né combattimenti? Beh, a volte può capitare che si incontri sul tatami qualcuno che non “sta al gioco” ed a volte può dare fastidio. Invece sarebbe bene incontrare di più di queste persone. Siamo così abituati a “gentili aikidoka” che, quando qualcuno non si muove manco a pagarlo mentre tentiamo di eseguire una tecnica che ci è sempre venuta bene, ce la prendiamo un po’. E’ giusto? No. Ma a volte anche sì – dipende…
Trovo che una delle maggiori difficoltà nel fare l’uke in Aikido (ossia colui che riceve la tecnica dopo aver attaccato) sia capire, sapere fino a dove deve davvero opporre una chiara resistenza alla tecnica. Infatti l’uke non è uno che sta lì a subire, la parola giapponese parla appunto di “ricevere”. In generale, si auspicherebbe che l’uke esperto “lasci” fare la tecnica al tori meno esperto qualora non riscontri errori nell’esecuzione del tori che non siano ammissibili al suo livello di grado. Ma se l’uke è inesperto, quando deve “cedere” e lasciar fare la tecnica al tori?
Immagino che praticanti di altre arti marziali si stiano chiedendo di cosa diavolo io stia parlando. A questi vorrei innanzi tutto ricordare che stiamo parlando di budo, non bujutsu, quindi lo scopo non è prevalere, sopraffare, dominare, insomma, buttare a terra un avversario. In alcuni attacchi, l’uke esegue una presa al polso del tori che se ne deve liberare per eseguire una tecnica di proiezione o immobilizzazione. E di solito non si chiede all’uke di fare del tutto per impedire la tecnica al tori.
Nella pratica dell’Aikido lo scopo è aiutare il partner a crescere. Se lo blocchiamo completamente o al contrario ci “buttiamo” a terra al primo movimento, non lo aiutiamo per nulla. Si usa dire che l’uke debba “frenare”, non bloccare il tori. Se fossi un uke fortissimo e bloccassi completamente con la mia presa un giovane tori inseperto impedendogli di eseguire qualunque tecnica, sarei certamente un uke stupido. Invece devo essere la sua macchina da lavoro, lo devo allenare. Altrimenti sono andato al dojo, ho speso soldi per il viaggio ed ho pagato la mia quota solo per stare fermo con i polsi del mio partner nelle mani. Che senso avrebbe? Assolutamente nessuno. Così come non avrebbe nessun senso se mi dimenassi platealmente al minimo movimento del tori. Il mio compito come uke è di far lavorare il tori al massimo delle sue capacità, non oltre (né troppo al di sotto). Se facessi body building e caricassi la macchina dei pesi a 300 kg, passerei l’allenamento senza muovere la macchina di un millimetro: non mi allenerei, non costruirei il mio corpo essendo impossibilitato a muovermi. E’ normale caricare la macchina con un peso che riusciamo a muovere, altrimenti non potremmo allenarci. In Aikido è la stessa cosa: bisogna essere forti, crescere, per far crescere il partner, dandogli la nostra forza non per tenerlo fermo tutto il tempo (sarebbe così realizzata una auto-immobilizzazione volontaria!) impedendogli di lavorare ed allenarsi. Dovremmo essere in grado, dopo qualche scambio, di capire il livello del partner ed adattare la nostra forza in modo tale che possa lavorare entro i propri limiti – e non troppo al di sotto, altrimenti che allenamento sarebbe?
E’ difficile. Lo so per esperienza. Ed è anche difficile accettare che un partner ti blocchi davvero usando la propria forza per cercare di impedirti al tecnica. Idealmente, se avessi la tecnica al giusto livello la potrei eseguire ugualmente. ma non siamo tutti Morihei Ueshiba. Diciamo che in generale, se un tori esegue una presa forte, irrigidendosi molto, dovrebbe essere semplice uscire dalla presa proprio a causa della sua rigidità. Poi le nostre mani sarebbero libere di – ad esempio – afferrare il collo con una e impartire con l’altra un severo iriminage “diretto”, così, tanto per far capire che la rigidità, la prova di forza, non serve a nulla. Insomma, un tipo che ti incontra sul tatami e sorridente ti prende i polsi in ryote dori e poi si irrigidisce completamente impendendoti qualunque movimento, non pratica con “fair play”. Magari ha fatto chilometri per venire a quello stage al solo scopo di stare fermo lì con te, respirando male per tenerti bloccato e non farti allenare – fa perdere tempo e denaro anche a te. Questo non è fair play. Specialmente se poi, quella volta che ti entra la tecnica la esegui a tutta potenza e il tipo se la prende pure! Non ho mica iniziato io il gioco! E’ lo stesso concetto del tipico gentil-aikidoka che con il sorriso gioviale e tranquillizzante inizia la sua tecnica morbidamente, tu rilassi il corpo per riceverla da buon uke e alla fine lui ti stacca il braccio con un kotegaeshi (sempre col sorriso tipo: “visto come sono forte?”).
Un altro esempio (ma di solito le due cose si ritrovano nella stessa persona), è l’uke che indietreggia mentre il tori “entra” nell’eseguire la tecnica. Sempre col sorriso marpione che sottintende che con lui “non ti riesce la tecnica”. Nessuno però gli ha insegnato che nel budo giapponese non si va mai indietro (altrimenti cosa ti insegnerebbe nella vita?). Anche questa è mancanza di fair play. Cosa direbbe un uke, se al momento di eseguire la presa katatedori io nascondessi le mie mani dietro la schiena? Che lo sto prendendo in giro? Ed avrebbe ragione! Allo stesso modo ci prende in giro un partner che indietreggia mentre entriamo o cerca di bloccarci con tutta la forza, magari approfittando della maggiore stazza.
So che per alcuni l’Aikido è riuscire a liberarsi da qualunque presa. Ripeto: liberarsi da una presa forte e rigida è estremamente semplice, più semplice del liberarsi da una presa corretta (tanta forza nella mano, palmo completamente a contatto e braccia e spalle completamente rilassate – molto difficile). Un significato delle prese nell’Aikido è che se l’altro esce dalla presa le sue mani diventano pericolose. E la presa rigida non è la migliore per impedirlo. Il lavoro corretto di tori sarebbe quello di rimanere nella presa per “sentire” bene il contatto, il corpo di uke e le sue tensioni, per capire il suo livello, cosa possa “sopportare” e cosa no. Ma se un uke stupidamente rigido ci impedisce qualunque movimento, non resta che uscire dalla presa con le dovute conseguenze per uke (che se l’è cercata). Purché non si ricorra a colpi (calci, pugni) per punire uke, ma solo a tecniche di Aikido – ce ne sono alcune che si possono eseguire anche senza la presa di uke.
Di solito è bene non parlare durante la pratica. La regola migliore da seguire è: se voglio che l’altro non sia rigido io devo essere estremamente rilassato. Ebbene: vi ritrovate bloccati da un uke stupido in ryote dori shihonage e non riuscite a muovere le vostre braccia per eseguirlo? Liberatevi, uscite dalla presa, basta poco, un braccio vince sempre contro 5 dita. Ma mi raccomando, voi almeno, mantenete il fair play. Non usate le vostre mani finalmente libere per colpirlo con un atemi. Il mio consiglio è una mano al collo per sbilanciarlo proteggendolo totalmente ed un bell’iriminage senza strattoni, senza urti – contatto e via, giù in verticale, nel rispetto delle sue articolazioni! Dimenticando totalmente la rabbia per la persona che stupidamente ha cercato di impedirvi la tecnica. Sicuramente è stato un uke stupido, ma potrebbe tranquillamente essere una persona gentile, stupenda e piacevolissima. E magari sarebbe stato anche peggio se si fosse tuffata al vostro battere di ciglio…