La prima cosa che distingue questi due momenti dell’Aikido è l’aspetto psicologico. Una proiezione sarà percepita da un pubblico non preparato come una sconfitta, un qualcosa di doloroso, che debba fare “molto male”. Per quel che riguarda l’immobilizzazione, chi non ha mai praticato non la conosce, ma la sensazione di dolore è molto diffusa tra i giovani praticanti che non hanno una tecnica abbastanza sviluppata da poter accettare questo “dolore” causato da un amico, un partner più qualificato o un insegnante che rappresenti il loro ideale tecnico.
Questi due aspetti vengono percepiti in modo diverso da ciascuno di noi a seconda del proprio fisico o della propria età od esperienza di vita.
Credo sia importante riflettere su questi due momenti della nostra pratica. In primo luogo diamo un’occhiata all’aspetto meccanico che permette di completare una tecnica con una immobilizzazione o con una proiezione. Per me una proiezione ed una immobilizzazione non sono altro che la stessa tecnica. Una proiezione è una immobilizzazione in cui alla fine della tecnica apriamo le dita per lasciar andare l’Uke; una immobilizzazione è una proiezione in cui le mani si chiudono su una parte del corpo di Uke. In più ci sono alcuni punti chiave che non abbiamo ancora sottolineato. Una proiezione dovrà rispettare questo principio: Tori dovrà avere le mani unite sulla stessa zona del corpo di Uke. Già sento i puristi reclamare: “Ma esistono un sacco di proiezioni in cui le mani non sono vicine, kaitenage, iriminage, tenchinage”. Rispondo che nel corso di queste tecniche le mani si avvicinano alla fine della proiezione. Per realizzare una immobilizzazione è imperativo che le mani siano a contatto con l’Uke, una all’altezza del polso, l’altra al livello del gomito. Esiste un’eccezione, nikkyo ura, in cui il contatto avviene con entrambe le mani a livello del polso di uke, ma in caso di necessità la tecnica può essere eseguita con una mano a contatto del polso ed un’altra al gomito.
Una proiezione è una tecnica che permette ad entrambi i partner di integrare i seguenti principi: mette Tori in condizione di far eseguire ad Uke un gesto “acrobatico” di alto valore tecnico; mette Uke in condizione di lasciar andare il proprio corpo nelle mani di uno sconosciuto e, tramite una cosa che noi chiamiamo caduta, di rialzarsi senza alcun trauma. Dico spesso che quando un Tori proietta l’Uke lo fa al fine di dargli la libertà di non tornare, se non vuole. Ecco perché consiglio di non tenere mai le mani chiuse su Uke dopo una proiezione. Una proiezione è una immobilizzazione a mani aperte; ciò implica che una immobilizzazione è una proiezione a mani chiuse sull’Uke.
Quando proiettiamo Uke il nostro desiderio principale è di farlo il più forte possibile e senza che lui senta né ansia, né aggressività. Usando un gioco di parole un po’ semplicistico: proiettare è un po’ come proteggere (in francese projeter / proteger – n.d.t.). Questo gioco di parole è nel mio subconscio ad ogni proiezione, come ad essere il più “efficace” e il più avvolgente possibile per l’Uke. Sono convinto che proiettare molto forte, anche brutalmente, non sia poi molto grave se eliminiamo dalla mente sensazioni negative come l’odio, intenzione di nuocere, di provare la nostra superiorità. Il corpo troverà sempre una spiegazione per la forza e la violenza, ma al contrario la memoria, il cervello, faranno una gran fatica a cancellare quella sensazione negativa. A forza di provare diverse immobilizzaizoni alla fine si capisce che è impossibile immobilizzare fisicamente il partner. In effetti, avendo due punti di contatto, le mani, non possiamo fermare tre articolazioni o tre segmenti del corpo. Altrimenti gli esseri umani, avendo combattuto dalla notte dei tempi, avrebbero certamente trovato un modo per togliere la libertà di movimento all’altro senza altri mezzi oltre il proprio fisico. Quindi, quando pratichiamo una immobilizzazione, non impediamo all’Uke di muoversi, ma noi, come Tori, non lo lasciamo muovere come vorrebbe: gli abbiamo tolto la libertà di movimento.
Una proiezione significa dare la libertà all’Uke di non tornare e una immobilizzazione significa lasciar muovere l’Uke ma in una libertà che non è più la sua. Mi ci è voluto molto tempo per riuscire a percepire queste sottili differenze tra questi due mezzi di espressione. Ma è questo che mi permette oggi di continuare ad andare avanti e non rimanere al primo livello di pratica, ad apprendere l’aspetto di difesa personale e l’aspetto “più efficace”. Come distruggere non lo so, non ho mai avuto occasione di sperimentarlo. Al contrario, per costruire il corpo, rallentare l’invecchiamento, sono certo che la pratica quotidiana in uno spirito di scambio e condivisione sia estremamente efficace.
Eseguire una proiezione o una immobilizzazione sul nostro partner non è meccanicamente molto diverso, ma dal punto di vista intellettuale la differenza è immensa. Un altro punto importante è che Tori non “torturi” Uke, ma che sia veloce quel tanto che basta da far capire ad Uke, sulla fiducia, quanto il Tori possa andare avanti per permettree ad Uke di progredire.
Che si sia Uke o Tori, la pratica dovrebbe consentire a entrambi i protagonisti allo stesso tempo di abbandonare le loro paure e le loro frustrazioni, e di esprimersi liberamente senza venire corretti di continuo.
Originale in francese di Philippe Gouttard
Traduzione a cura di Pasquale Robustini