Natale. Siamo tutti più buoni (pare vero). Ci facciamo i regali. Io ogni tanto me lo faccio da solo. In barba al consumismo tecnologico (pare che meno si riesce ad arrivare a fine mese, più sono i gadget tecnologici che acquistiamo) mi sono regalato una macchina fotografica con moltissimi megapixel! Ha 7 anni più di me però…
Si chiama Vito B ed era prodotta dalla tedesca Voigtlander. Mi è costata una fortuna! 30 euro + 20 di spedizione, dalla Germania, appunto. La qualità è simile alle Leica di quel tempo, anche se in versione economica…
Che ci faccio? Le foto, no!? Quando l’ho detto a qualcuno sono rimasto a bocca aperta a sentirmi chiedere se esistono ancora i rollini. Ma dico io!
Eppure tra i giovanissimi ce ne sarà di gente che non ne ha mai visti…
Sarà, ma a me piace pensare: ok, farò delle foto, che rollino scelgo?
Si, ho anch’io macchine digitali, persino un iPhone e lo uso molto per fare foto. Però non ha niente a che vedere con le foto che faccio con una macchina come questa. La Vito B è completamente manuale: significa che per imprimere la pellicola in modo corretto devo saper valutare la luce del momento sul soggetto e scegliere di conseguenza il tempo di scatto e l’apertura giusta, a seconda dell’effetto che voglio ottenere. Anche la distanza di messa a fuoco è da impostare a mano. Il massimo del controllo sull’immagine. L’automatismo completo è comodissimo quando serve, ma saper fare a mano apre un ventaglio ben più ampio di possibilità, se questo ci serve e ci interessa.
Con una macchina automatica è facile: scatto finché sono soddisfatto del risultato sul display. Ma il rapporto con l’immagine rischia di venire meno (e così certe cose non si possono proprio ottenere). Qualcuno ha scritto che con l’avvento del digitale la fotografia artistica ha subito un calo della qualità media. Se è vero che un grande artista creerà splendide immagini qualunque sia il suo mezzo, è pur vero che il rapporto meno intimo con l’immagine digitale, che tutti i fotografi odierni sono costretti ad avere, non aiuta a formare la sensibilità artistica come accadeva ai fotografi di un tempo. Un tempo in cui non si andava di fretta, si poteva riflettere prima di uno scatto, attendere lo sviluppo, operare in camera oscura. Per il reportage giornalistico è oggi impensabile ed è giusto che sia il digitale a farla da padrone. Ma per la fotografia artistica c’è il rischio che qualcosa si perda. Non è detto, se il fotografo è attento, ma il rischio c’è…
Quello che mi piace meno delle tecnologie digitali è la fretta che ci mettono addosso. Già mi vedo, con questa vecchia macchinetta del ’57, a passeggio con calma, a cercare inquadrature, soggetti, ispirazioni. Con calma, riflettendo sulla luce che voglio intrappolare e come lo voglio fare. Imparando tantissimo usando errori, piedi, mani, cervello e quel po’ di sensibilità fotografica che ho e sto cercando di sviluppare…